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Attualità

Il frontaliere al confine tra convenzioni e diritto tributario

Anche per gli anni d’imposta 2008, 2009 e 2010 il Parlamento ha prorogato la disciplina fiscale sulla materia

I redditi derivanti dal lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in aree di frontiera e in altri Stati vicini a quello italiano, concorrono a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente la quota di 8mila euro. Le questioni relative il frontalierato (probabilmente anche per ragioni specificatamente geografiche inerenti la conformazione del territorio italiano) hanno, nel tempo, suscitato la sensibilità del legislatore finanziario. Anche per gli anni d’imposta 2008, 2009 e 2010, pertanto, il Parlamento ha ritenuto opportuno prorogare (con l’articolo 1, comma 204 della legge n. 244/2007) la disciplina fiscale speciale per le decine di migliaia di lavoratori italiani che svolgono la propria attività in un Paese straniero limitrofo (come ad esempio il Principato di Monaco) o nelle zone di frontiera (come ad esempio quelle della Francia, dell’Austria, della Slovenia, o nelle enclavi di San Marino e di Città del Vaticano). Per la Svizzera, in base alla Convenzione internazionale, i redditi sono imponili alla fonte nel Cantone del Ticino (zona frontaliera di 20 chilometri) mentre per l’exclave di Campione d’Italia il Tuir prevede una autonoma normativa negli articoli 188 e 188-bis.

La norma in dettaglio
I redditi derivanti dal lavoro dipendente prestato, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, all’estero in aree di frontiera e in altri Stati vicini a quello domestico, da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano concorrono a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente la quota di 8mila euro. In altri termini, fino a tale somma il reddito viene tassato nel Paese straniero, mentre la somma che supera tale quota viene tassata in Italia o in entrambi i Paesi (fatta salva la previsione di ulteriori esenzioni contenute nelle Convenzioni internazionali). In Italia, tenuto conto che sull’eccedenza va applicata la deduzione che origina la no tax area (e le eventuali deduzioni di carattere familiare), in definitiva, il reddito del lavoratore frontaliere potrebbe non concorrere all’imposizione fiscale fino all’importo di 15mila euro e oltre.

Credito d’imposta per i redditi prodotti all’estero
Con particolare riferimento all’ipotesi in cui la retribuzione riconosciuta dal lavoratore frontaliere italiano venga sottoposta a tassazione in Italia ma anche nel territorio straniero occorre osservare che l’articolo 165 del Tuir prevede al comma 10 una specifica disciplina. In particolare, nel caso in cui il reddito prodotto all’estero concorra parzialmente alla formazione del reddito complessivo (come ad esempio per gli utili di partecipazioni qualificate, che contribuiscono per il 40 per cento), anche l’imposta straniera va ridimensionata in misura corrispondente.

La definizione di frontaliere
Si definisce frontaliere il lavoratore che ingloba una duplice cittadinanza nazionale: una derivante dal territorio di rispettiva residenza e l’altra relativa al luogo di lavoro. Tale soggetto si differenzia nettamente dalla tradizionale figura del migrante che in quanto tale abbandona definitivamente lo Stato di nascita per risiedere e lavorare presso un Paese di destinazione diverso da quello originario. Risulta poco agevole, tuttavia, definire una immagine univoca, comprensiva di un criterio oggettivo idoneo a delineare la fattispecie del frontalierato. D’altro canto, tale fenomeno riguarda differenti realtà a seconda che si prenda in considerazione la normativa comunitaria (e, a tal proposito, ci si riferisce alla materia della sicurezza sociale) ovvero quella fiscale (e, in tal caso, si prendono in considerazione le convenzioni bilaterali).    

I tre criteri a confronto
Il concetto di frontaliere, come visto, definisce la figura del lavoratore occupato su un dato territorio di uno Stato ma residente presso un diverso Paese (cd. criterio politico) dove, teoricamente e praticamente, si reca quotidianamente o settimanalmente (cd. criterio temporale). Sotto un profilo fiscale, invece, le convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, valide per la determinazione del regime fiscale applicabile ai lavoratori frontalieri, delineano una nozione più rigida che impone un principio aggiuntivo (cd. criterio spaziale). Secondo quest’ultimo criterio la condizione di residenza e di lavoro all’estero presso una zona di frontiera (strictu sensu) e/o in Paesi limitrofi, definita secondo regole simili ma non univoche in ciascuna convenzione fiscale, sono ritenute come elementi costitutivi della nozione di lavoro frontaliero.

I frontalieri europei
Come emerge da uno studio effettuano dal Parlamento Europeo il fenomeno dei lavoratori frontalieri coinvolge l’intera area dell’Unione europea. Nella (nuova) Europa a 27, in effetti, un’alta percentuale della popolazione comunitaria, che occupa una rilevante quantità della superficie dell’UE allargata, vive in territori di confine. Sotto il profilo fiscale, tuttavia, le norme contenute nel Trattato istitutivo delle Comunità europee non prevedono una specifica competenza comunitaria sull’argomento incoraggiando (genericamente) gli Stati membri a concludere accordi volti ad evitare la doppia imposizione all’interno del mercato comunitario (articolo 220). Le problematiche fiscali attinenti i soggetti lavoratori frontalieri, pertanto, sono rinviate agli accordi bilaterali contro la duplice tassazione sui redditi transnazionali. In particolare, le convenzioni possono prevedere la tassazione nel Paese del luogo di residenza (come ad esempio nell’accordo fra la Francia e il Belgio), nel luogo di lavoro (come nell’accordo tra i Paesi Bassi e la Germania) o, infine, possono prevedere entrambe le fattispecie (come nell’ipotesi del trattato tra Confederazione Elvetica e Germania).

Modello Ocse e criterio del luogo di lavoro
L’articolo 15 della Convenzione Modello dell’Ocse riguardante la doppia imposizione sul reddito e sul capitale stabilisce che le retribuzioni percepite da un lavoratore residente in un Paese per l’attività svolta in un altro Paese sono sottoposte alla tassazione di quest’ultimo a condizione che il datore di lavoro sia ivi residente e che l’interessato vi sia presente per più di 183 giorni durante il corso dell’anno fiscale in esame (si rappresenta inoltre che l’articolo 18 del medesimo Modello, invece, sancisce che le pensioni sono imponibili esclusivamente nel luogo di residenza del titolare). Il lavoro frontaliero (specificato dai trattati internazionali volti ad evitare che lo stesso reddito prodotto venga tassato due volte), generalmente, viene regolato, ai fini della imposizione fiscale, col criterio del luogo di residenza quando il contribuente vive nella zona frontaliera di uno Stato e lavora in quella di un altro Stato, e a patto che l’interessato ritorni regolarmente presso il suo domicilio. Se il luogo di residenza e/o quello di lavoro sono situati fuori dal confine frontaliero tale reddito è tassato nel luogo in cui il lavoratore è occupato (tassazione alla fonte).

La compensazione transnazionale
Con riferimento al lavoro frontaliero vige, altresì, il principio della compensazione fiscale tenuto conto che, in linea di principio, gli oneri pubblici gravano in capo ai due Paesi (di residenza e di lavoro) mentre le risorse che scaturiscono dal gettito dell’imposizione favoriscono uno solo dei due Paesi. In tale circostanza il bilanciamento fiscale transfrontaliero impone una redistribuzione delle risorse fiscali per annullare lo squilibrio nei confronti della collettività locale che ha "subito" (da una parte e dall’altra) il problema del frontalierato. Può così aversi il pagamento (di uno Stato all’altro) di una percentuale del salario del reddito del frontaliere (come nell’accordo franco-svizzero) o delle imposte percepite (accordo italo-svizzero) ovvero la duplice riscossione sulla retribuzione secondo limiti ben definiti (accordo austro-svizzero).    

Le convenzioni stipulate dall’Italia
Le norme contenute nelle Convenzioni, in quanto speciali, prevalgono su quelle (generali) interne. In caso di contrasto, pertanto, si deve applicare la norma contenuta nel trattato internazionale.

Austria
Convenzione firmata a Vienna il 29 giugno 1981 e ratificata con legge n. 762 del 18 ottobre 1984 (in vigore dal 6 aprile 1985).

Francia
Convenzione firmata a Venezia il 5 ottobre 1989 e ratificata con legge n. 20 del 7 gennaio 1992 (in vigore dal 1° maggio 1992).

Slovenia
Convenzione (Jugoslava) firmata a Belgrado il 24 febbraio 1982 e ratificata con legge n. 974 del 18 dicembre 1984 (in vigore dal 3 luglio 1985).

Svizzera
Convenzione firmata a Roma il 9 marzo 1976 e ratificata con legge n. 943 del 23 dicembre 1978 (in vigore dal 27 marzo 1979).

San Marino
Convenzione firmata a Roma il 21 marzo 2002 e non ancora ratificata.

Monaco
Non esistono Convenzioni contro la doppia imposizione sottoscritte con l’Italia.

Vaticano
Non esistono Convenzioni contro la doppia imposizione sottoscritte con l’Italia.
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