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Attualità

Indagini a tutto campo per accertare il "beneficiario effettivo" di redditi transnazionali

La natura del soggetto va appurata sulla base di un puntuale riscontro di ogni fatto e circostanza

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La risoluzione n. 86/E del 12 luglio contiene rilevanti precisazioni in merito a un fondamentale principio anti-abuso contenuto nel modello Ocse ed esplicitato nel relativo commentario.
Trattasi del concetto di beneficial owner, in italiano traducibile con l'atecnica espressione di "beneficiario effettivo".
Il beneficial owner è un principio anti-abuso, normalmente recepito nelle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni, che mira a evitare le cosiddette tecniche di treaty shopping, cioè di arbitraggi tra le varie convenzioni internazionali posti in essere dai contribuenti e finalizzate al conseguimento della doppia non imposizione o, in generale, ad applicare convenzioni internazionali che non sarebbero state altrimenti applicabili, in tal modo tradendo lo spirito che anima le convenzioni internazionali, che è quello di attenuare o eliminare la sola doppia imposizione e non anche quello di consentire la doppia non imposizione sui flussi reddituali transnazionali.

Il predetto principio è di origine anglo-sassone, non trovando alcuna disciplina giuridica nell'ambito dei sistemi di civil law, tra cui quello italiano. In particolare, nei sistemi anglosassoni, il beneficial owner si contrappone al legal owner, il primo titolare effettivo dei poteri di godimento e di disposizione della cosa, il secondo mero titolare formale.
In ambito internazionale, tale principio è espressione del più generale principio della prevalenza della sostanza sulla forma (substance over the form principle), sempre di matrice anglosassone, il quale impone che, al fine di appurare quale debba essere il trattamento tributario da applicare a determinati flussi reddituali, occorre fare riferimento ai concreti risultati economici perseguiti più che alle vesti giuridiche utilizzate.

Ciò premesso, in sede Ocse, nonostante dibattiti avviati sin dagli anni '80 su quali debbano essere i criteri in base ai quali stabilire se il soggetto formale percettore di un flusso reddituale ne sia anche l'effettivo beneficiario, non si è giunti ad alcuna univoca conclusione.
Il principio che può dirsi emerso è che - ferma restando la circostanza che il beneficial owner debba essere quel soggetto che abbia il maggior numero di poteri di disposizione e di godimento sulla cosa - la ricorrenza del beneficial owner va appurata caso per caso, sulla base di ogni fatto e circostanza (facts and circumstances).

Ebbene, a tale conclusione ha aderito anche l'Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 86/E del 12 luglio scorso.
Nel caso analizzato, alcuni soggetti esteri titolari di brevetti su un particolare modello (licensors) hanno sottoscritto un accordo plurilaterale finalizzato a consentire, a chiunque lo volesse, di acquisire un'unica licenza comprensiva della possibilità di utilizzare tutti i brevetti relativi a un particolare modello (beta-standard).

Al fine di semplificare l'accesso al predetto modello, i licensors hanno convenuto di attribuire tutte le licenze a livello mondiale a un unico soggetto, in modo che esso fosse l'unica controparte contrattuale nei confronti dei terzi.
Tale società - residente negli Stati Uniti - qualora avesse, a sua volta, concesso in licenza a livello mondiale l'utilizzo dei vari brevetti concernenti il modello e la vendita dei prodotti derivanti dall'impiego del citato modello, avrebbe dovuto pagare a ogni licensor una royalty di importo variabile; viceversa, qualora avesse concesso in sub-licenza a terzi i menzionati brevetti essenziali, non avrebbe dovuto corrispondere alcun canone ai licensors, limitandosi a trasferire agli stessi le royalties pagate dai sub-licenziatari.

La società istante americana riferisce di essersi limitata a operare quale intermediaria nella concessione delle sub-licenze a terzi, ricevendo un compenso pari a una percentuale delle royalties pagate dai sub-licenziatari, e che le royalties sono tassate in capo ai singoli licensors.
Ebbene, secondo la società americana istante, alle royalties corrisposte da terzi residenti in Italia non è possibile applicare l'articolo 12 della convenzione contro le doppie imposizioni Italia-Stati Uniti, ma dovrà applicarsi la convenzione stipulata tra l'Italia e lo Stato di residenza del licensor e ciò in quanto la società americana non può essere considerata come beneficial owner delle suddette royalties, essendo un mero intermediario nella percezione di redditi di spettanza dei licensors.

L'Agenzia delle entrate, dopo aver previamente ricordato la modalità di suddivisione della potestà impositiva in applicazione dell'articolo 12 della convenzione Italia-Stati Uniti e che condizione necessaria per la limitazione entro determinati tetti della tassazione alla fonte in Italia è che il beneficial owner sia un soggetto residente dell'altro Stato contraente, ha precisato che "nel caso in cui un elemento di reddito è percepito da un soggetto che opera in qualità di agente, fiduciario o comunque intermediario, sarebbe contrario alle finalità delle Convenzioni che lo Stato della fonte concedesse tale sgravio o esenzione soltanto perché l'immediato percettore del reddito è residente dell'altro Stato contraente. In questa ipotesi, infatti, l'immediato percettore del reddito non ne è considerato possessore ai fini dell'imposizione nel suo Stato di residenza e dunque non potenzialmente soggetto a doppia tassazione".

Ciò premesso, l'Agenzia delle entrate precisa che tali considerazioni "rendono necessaria un'indagine del ruolo svolto dalla società istante - non compatibile con le prerogative esercitabili in sede di interpello - al fine di stabilire se la stessa possa essere considerata "beneficiaria effettiva" delle royalties pagate dai sub-licenziatari residenti in Italia o se tale qualifica spetti ai singoli licensors".
Insomma, l'indagine sulla natura del soggetto, al fine di verificare se lo stesso possa considerarsi beneficial owner di un flusso reddituale transnazionale non può essere condotta in sede di interpello, in quanto in questa sede non è consentito procedere a un puntuale riscontro, ma dovrà essere condotta sulla base di un puntuale riscontro di ogni fatto e circostanza, la cui naturale sede è quella dell'indagine tributaria.

Ferma restando tale fondamentale premessa, l'Agenzia delle entrate - pur riconoscendo alla luce di una serie di clausole contrattuali che la società americana non sia beneficial owner delle royalties corrisposte da soggetti residenti in Italia, ma che i beneficial owners sono i licensors - ha precisato che tale conclusione rimane valida alle seguenti condizioni:

  1. nel presupposto della veridicità delle affermazioni rese nell'istanza
  2. nel presupposto che la società americana non sia sottoposta a tassazione negli Stati Uniti sulle royalties a essa corrisposte dai sub-licenziatari, tra cui quelli italiani.

Ciò premesso, l'Agenzia delle entrate compie un ulteriore passaggio logico-interpretativo, allorché afferma che il compenso percepito dalla società americana, proprio perché derivante da mera attività di intermediazione nello sfruttamento dei brevetti, "per quanto commisurato alle royalties dovute dai sub-licenziatari, non è qualificabile come royalty, bensì come corrispettivo delle prestazioni di intermediazioni rese ai titolari dei brevetti".
Il che comporta che - con riferimento alle royalties corrisposte alla società americana da soggetti residenti in Italia - non potrà trovare applicazione la convenzione Italia-Stati Uniti, ma dovrà applicarsi la ritenuta interna nella misura del 30 per cento prevista dall'articolo 25, quarto comma, del Dpr n. 600 del 1973, in materia di altri redditi.

Tuttavia, rimane salva la facoltà del sostituto d'imposta di applicare direttamente l'esenzione o le minori aliquote convenzionali, previa presentazione da parte dei beneficiari del reddito della documentazione idonea a dimostrare l'effettivo possesso di tutti i requisiti previsti dalla convenzione per fruire dell'agevolazione.
Il che può comportare che, se i licensors, quali beneficial owners dei redditi, non sono assoggettati a imposizione sulle royalties negli Stati in cui risiedono e se la convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dal loro Stato di residenza con l'Italia prevede un tetto massimo alla tassazione alla fonte o, addirittura, l'esenzione, potrà verificarsi un'ipotesi di doppia non imposizione, in contrasto con lo spirito che anima le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.

Tuttavia, qualora dalle indagini sugli specifici facts and circumstances dovesse emergere che i licensors, a loro volta, non siano i beneficial owners delle royalties (in quanto, ad esempio, tenuti a loro volta a corrispondere royalties a soggetti ubicati in Stati o territori a fiscalità privilegiata), allora non solo rimarrà applicabile la predetta ritenuta alla fonte interna, ma scatterà altresì la presunzione relativa di indeducibilità prevista dall'articolo 110, commi 10 e 11, del Tuir sulle royalties corrisposte dai soggetti residenti in Italia.

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