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Attualità

L’agente diplomatico tra immunità e privilegi…tributari

La qualifica viene utilizzata per indicare i capi missione secondo quanto previsto dal protocollo di Aquisgrana del 1818
 

La Convenzione di Vienna del 1961 prevede una doppia disciplina: la prima statica riferita alla sede diplomatica, l’altra dinamica, destinata alla persona fisica privata. L’immunità fiscale è un privilegio di cui gode questa categoria di funzionari dello Stato. La realtà dei rapporti internazionali dimostra che gli Stati non possono vivere estranei l’uno nei riguardi dell’altro. Nell’ambito dei rapporti diplomatici, pertanto, gli Stati intrattengono relazioni sovranazionali con altri Stati, la Santa Sede e/o le Organizzazioni internazionali. Tali attività vengono svolte dagli agenti diplomatici, funzionari dello Stato che agiscono come organi individuali in nome e per conto dei rispettivi Stati. Tale qualifica, generalmente, è adoperata per indicare i capi-missione (che secondo il protocollo di Aquisgrana del 21 novembre 1818 si dividono in quattro classi: ambasciatori e nunzi pontifici; inviati straordinari e ministri plenipotenziari e internunzi pontifici; ministri residenti; incaricati d’affari), ma anche gli agenti membri delle missioni (e quindi i ministri consiglieri, i consiglieri, i segretari e gli addetti).

La missione
Funzione principale di una missione diplomatica è rappresentare politicamente lo Stato accreditante che invia l’organo "governativo" presso lo Stato accreditatario che lo riceve. Con riferimento agli agenti diplomatici il diritto internazionale prevede (ogni qualvolta le questioni diplomatiche non trovano una loro regolamentazione espressa) particolari limiti alla potestà di governo nell’ambito del territorio che si concretano nel rispetto delle cd. immunità diplomatiche. La materia, a ben vedere, è (anche) regolata da una Convenzione di codificazione promossa dalle nazioni Unite: la Convenzione internazionale di Vienna del 18 aprile 1961. Quest’ultima, entrata in vigore nel 1965 e ratificata da un numero rilevante di Stati, tra cui l’Italia, con legge n. 804 del 9 agosto 1967, corrisponde largamente al diritto consuetudinario, come ha ribadito anche la Corte internazionale di Giustizia nella sentenza 24 maggio 1980 nel caso dei diplomatici americani tenuti in ostaggio a Teheran (la Convenzione di Vienna del 1963 disciplina, invece, le missioni consolari).

Nomina e accreditamento
L’istituzione di relazioni diplomatiche interstatali e l’invio di missioni diplomatiche avvengono per consenso vicendevole. Le procedure che regolano l’inizio delle missioni assumono una forma prestabilita e rituale; prima che l’agente arrivi (fisicamente) sullo Stato accreditatario occorre, la nomina dallo Stato di appartenenza nonché l’esplicita manifestazione di gradimento e quindi il suo accreditamento. Dopo questo iter l’agente inviato ottiene formalmente ed ufficialmente un riconoscimento da parte dello Stato (per suo verso, lo Stato accreditante deve accertarsi che la persona che intende accreditare abbia ricevuto il gradimento dello Stato accreditatario; quest’ultimo, da parte sua, non è tenuto a comunicare allo Stato accreditante le ragioni del diniego di un gradimento). Conseguita l’ammissione lo Stato accreditante nomina, a sua scelta, i membri del personale della missione .

Le immunità diplomatiche personali e reali
Le immunità diplomatiche consistono nell’insieme di quei particolari trattamenti concessi agli agenti diplomatici stranieri che risultano accreditati presso uno Stato. Tali "diritti" spettano ai diplomatici stabiliti presso lo Stato territoriale e accompagnano il rappresentante nel momento in cui esso entra nel territorio dello Stato per esercitarvi le sue funzioni fino al momento in cui ne esce. In particolare, i diplomatici godono del privilegio dell’inviolabilità personale, domiciliare, dell’immunità dalla giurisdizione penale, dalla giurisdizione civile e fiscale (dalle imposte dirette sui redditi e dai dazi doganali) nonché il diritto di cappella e ad avere un ministro di culto. Le immunità, ovviamente, comprendono tanto la tutela dei "missionari" quanto la protezione della sede diplomatica dello Stato straniero e della residenza personale dell’agente diplomatico (per qualsiasi altro organo statale il diritto internazionale non prevede particolari immunità; neanche i consoli o la sede consolare godono delle immunità piene spettanti agli agenti diplomatici anche se si ritiene inviolabile l’archivio consolare).

Le immunità fiscali
Sotto il profilo fiscale la Convenzione di Vienna del 1961 prevede una doppia disciplina: l’una statica, riferita cioè alla sede diplomatica intesa come"soggetto persona giuridica pubblica", l’altra dinamica, destinata all’agente diplomatico inteso come "soggetto persona fisica privata". Per la prima, al fine di tutelare la funzione che la struttura ricopre durante l’attività negoziatrice, è prevista un’esenzione tributaria assoluta; per la seconda, invece, è prevista una esenzione fiscale relativa, sostanzialmente determinata in ordine alle imposte dirette e personali derivanti dallo svolgimento della propria funzione.

L’immunità della sede e dell’agente
In particolare, lo Stato accreditante e il capo missione sono esenti da ogni imposta o tassa nazionale, regionale o comunale per le stanze della missione di cui sono proprietari o conduttori, salvo che essa non sia riscossa come remunerazione di particolari servizi resi. L’esenzione fiscale non concerne le imposte e tasse che secondo la legislazione dello Stato accreditatario sono a carico della persona che negozia con lo Stato accreditatario o col capomissione. Le tasse e gli emolumenti riscossi dalla missione per gli atti ufficiali sono esenti da ogni imposta e tassa. L’agente diplomatico, nell’ambito delle imposte dirette, è esente da ogni imposta e tassa personale o reale, nazionale, regionale o comunale fatta eccezione per le imposte indirette che ordinariamente sono incorporate nel prezzo delle merci e dei servizi; per le imposte e tasse sui beni immobili privati ubicati sul territorio dello Stato accreditatario, salvo che l’agente diplomatico non li possieda per conto dello Stato accreditante, ai fini della missione; per le imposte di successione riscosse dallo Stato accreditatario (sono, tuttavia, riservate le disposizioni secondo cui non sarà riscossa alcuna imposta di successione sui beni mobili la cui presenza nello Stato accreditatario sia dovuta esclusivamente alla presenza del defunto in quanto membro della missione o della famiglia di un membro della stessa). Il diplomatico, altresì, è soggetto sia alle imposte e tasse sui redditi privati che hanno la loro fonte nello Stato accreditatario e dalle imposte sul capitale riscosse per investimenti in imprese commerciali situate nel predetto Stato, sia alle imposte e tasse riscosse in rimunerazione di particolari servizi resi nonché alle tasse di registro, cancelleria, ipoteca e bollo per i beni immobili.

Rapporti di cortesia e convenienza
A buona ragione, queste previsioni convenzionalmente disciplinate possono considerarsi deroghe al principio generale consuetudinario che, diversamente, prevede una esenzione fiscale con esclusivo riferimento alle imposte dirette e personali. Nella pratica, invece, spesso si verifica, nei rapporti diplomatici interstatali, un ulteriore ampliamento di diritti, privilegi e immunità (non codificati). Queste eccezioni, pertanto, sono (dubbiamente) concesse non in virtù di una norma positivizzata ma per ragioni di cortesia o di buona convenienza tra Stati nonché in base al principio di reciprocità.

Estensione delle immunità
Le immunità valgono tanto per l’agente diplomatico quanto per il personale ufficiale della missione diplomatica oltre che per i membri della famiglia dell’agente diplomatico. Questi ultimi, qualora vivano con il diplomatico, beneficiano dei citati privilegi e delle immunità purché non siano cittadini appartenenti allo Stato accreditatario (diversamente si esalterebbe un concreto privilegio di un cittadino nei confronti di un altro pari cittadino rendendo lesivo quel principio assoluto di eguaglianza che generalmente è riconosciuto da parte di tutti gli Stati democratici).

Il personale amministrativo
Le immunità (fiscali) sono, altresì, estese (con una norma della Convenzione di Vienna di cui è incerta la corrispondenza al diritto consuetudinario) anche al cd. personale tecnico-amministrativo della sede della missione diplomatica (accanto al personale ufficiale, cioè a quello che coadiuva strettamente il capo della missione diplomatica nell’esercizio della funzione tipica, viene riconosciuto un privilegio al personale ausiliario della ambasciata). I membri del personale amministrativo e tecnico della missione e i membri delle loro famiglie, infatti, che convivono con loro, godono, sempre che non siano cittadini dello Stato accreditatario o non abbiano in esso la residenza permanente, dei predetti privilegi e delle immunità, salvo che l’immunità giurisdizionale civile e amministrativa dello Stato accreditatario, sancita nella stessa Convenzione del 1961, non si applichi agli atti compiuti fuori dell’esercizio delle loro funzioni. Essi godono, altresì, dei privilegi fiscali e doganali per gli oggetti importati in occasione del loro primo stabilimento (sul punto giova osservare che lo Stato accreditatario concede, secondo le disposizioni legislative e regolamentari che può prendere, l’entrata e l’esenzione da dazi doganali, tasse e altri diritti annessi, diversi dalle spese di deposito, trasporto o di altro servizio analogo degli oggetti destinati all’uso ufficiale della missione e degli oggetti destinati all’uso personale dell’agente diplomatico dei membri della sua famiglia che convivono con lui, compresi quelli per il loro stabilimento).

I domestici privati dei membri della missione
Una ulteriore (e perplessa) estensione delle citate immunità è prevista per i domestici privati dei componenti dell’ambasciata. Fiscalmente sono esenti dalle imposte sugli stipendi che ricevono in relazione ai servizi che prestano alla sede diplomatica a condizione che gli stessi siano cittadini stranieri (diversamente, se hanno la cittadinanza dello Stato accreditatario o se hanno la residenza permanente sono soggetti al pagamento delle tasse). Lo Stato accreditatario, in aggiunta, deve porre in essere la giurisdizione su tali persone per non ostacolare, in modo eccessivo, l’adempimento delle mansioni della sede diplomatica. Capi di Stato, premier e ministro degli Esteri Si ritiene, inoltre, che le descritte immunità spettino anche ai Capi di Stato nonché, quando si recano all’estero in forma ufficiale, ai capi di Governo e ai ministri degli Esteri.

Altri introiti
Risultano, poi, esenti dall’imposizione fiscale dello Stato della sede gli eventuali introiti dell’ambasciata e/o del consolato per le attività che interessano l’ordinamento dello Stato di provenienza.

La regolamentazione dei contrasti
Come è stato detto, i rapporti che si instaurano tra gli Stati sono regolati dal diritto internazionale le cui norme vincolano obbligatoriamente la condotta degli Stati ma non quella degli individui che sono soggetti a quest’ultimo. Conseguentemente lo Stato, per assicurare ottemperanza alle norme internazionali, deve provvedere a emanare norme interne che impongono ai cittadini un comportamento conforme ai suoi obblighi internazionali (così per esempio supposto che l’Italia abbia assunto l’obbligo internazionale di esentare dall’imposta doganale talune merci, perché la norma internazionale che impone questo dovere al nostro Stato sia effettivamente rispettata, è necessario che siano emanate le apposite norme interne che esentino dalla dogana le merci in questione, giacché altrimenti gli agenti doganali, non vincolati dal trattato, faranno rispettare la legge comune interna). Nella prassi, tuttavia, non si può escludere l’ipotesi che possano profilarsi interferenze e in taluni casi contrasti tra diritto spontaneo consuetudinario internazionale e diritto convenzionale internazionale da una parte e diritto interno dall’altra. Nella specie, la materia su cui (anche) la Corte costituzionale ha avuto più volte modo di pronunciarsi è quella delle immunità giurisdizionali, con particolare riferimento a quelle degli agenti diplomatici, degli Stati e delle organizzazioni internazionali dalla giurisdizione civile (autorevole dottrina sostiene che il riconoscimento di simili immunità, e la conseguente impossibilità di convenire in giudizio gli individui o gli enti che ne beneficiano, ha come conseguenza diretta la paralisi della tutela giudiziaria dei diritti garantiti dalla Costituzione dall’articolo 24). Con riguardo, poi, alla disciplina dell’immunità fiscale, si ritiene, come ci sembra giusto, che se quello degli articoli 3 e 53 della Costituzione siano considerati dei princìpi fondamentali della nostra Carta, le norme sulle esenzioni tributarie potrebbero (cioè dovrebbero) essere disapplicate. D’altra parte, il dettato costituzionale di questi articoli indica, chiaramente, in "tutti" i cittadini (nessuno escluso!) l’eguaglianza davanti alla legge (tributaria) nonché il dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva.

Il richiamo all’articolo 10 della Costituzione
D’altra parte l’articolo 10, comma 1, della Costituzione, prescrive la copertura e l’adattamento dell’ordinamento giuridico italiano, e quindi del diritto domestico nella sua totalità al diritto internazionale generale, intendendo escludere, in linea di massima, che il diritto consuetudinario sia subordinato al diritto costituzionale (con la conseguenza che il primo prevarrà normalmente sul secondo a titolo di diritto speciale). Tuttavia, si ritiene che lo stesso articolo, se interpretato sistematicamente, contenga una implicita clausola di salvaguardia dei valori fondamentali (e soltanto di essi) che ispirano la nostra Costituzione. In altri termini pare che l’articolo 10 non possa né comporti una esecuzione del diritto consuetudinario all’interno dello Stato spinta fino al limite di rottura con quei valori. Una norma internazionale generale che superi siffatto limite non può considerarsi richiamata dall’articolo 10 e rimarrà inoperante all’interno dello Stato. Ciò significa che chi è sollecitato ad applicarla (funzionari del fisco in primo luogo) potrebbero "rifiutarsi" di farlo senza che sul punto sia necessaria una pronuncia della Corte costituzionale. A ogni modo, pare ovvio che alla disapplicazione dei citati privilegi dovrà giungersi con molta cautela, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto.



Fonti:

- B. Conforti, Diritto internazionale, Editoriale Scientifica, Napoli.
- diritto.net/content/view/2073/6/ L’immunità dalla giurisdizione degli agenti diplomatici e degli  agenti consolari  
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