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Attualità

Il lavoro degli stranieri in Italia (2)

Dalle tipologie di rapporto d’impiego alla normativa che disciplina il trattamento tributario delle erogazioni collaterali alla retribuzione
Uno dei fenomeni che si è maggiormente diffuso negli ultimi anni, favorito anche dalla globalizzazione dei mercati, è rappresentato dalla presenza di cittadini che svolgono la propria attività in Paesi diversi da quelli origine. In questo contesto FISCOnelmondo, per aiutare chi si trasferisce in Italia per motivi di lavoro a comprendere alcuni aspetti giuridici e fiscali di rilievo che disciplinano la materia, pubblica un nuovo articolo di approfondimento. Oggi l’attenzione si focalizza sul trattamento fiscale dei fringe benefit.
Le società distaccatarie italiane, ai fini retributivi e prescindendo dal tipo di rapporto instaurato con il lavoratore, di solito provvedono a erogare al personale straniero, distaccato o in trasferta in Italia, una serie di fringe benefits. In questa categoria vi rientrano gli affitti di appartamenti con relative spese condominiali e utenze (luce, gas, acqua e telefono), meglio conosciuto anche come "housing allowance", l’autovettura aziendale, le scuole per i figli e familiari (schooling), i biglietti di viaggio (biglietti aerei), le spese di trasloco.
I fringe benefit e il reddito imponibile
La concessione di questi fringe benefit, messi a disposizione tanto del singolo expatriate quanto dei suoi familiari, può costituire reddito imponibile per il lavoratore. In particolare sia ai dipendenti in distacco che ai dipendenti in trasferta si applica l’articolo 51 del Tuir, fermo restando che nel momento in cui gli interessati assumono la residenza fiscale in Italia (i.e. permanenza per più di 183 giorni in Italia), sono obbligati alla presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia che deve contenere i redditi ovunque conseguiti. Pertanto, nel caso in cui producano esclusivamente redditi da lavoro dipendente, i lavoratori esteri in distacco o in trasferta in Italia, in sede di dichiarazione dei redditi, dovranno indicare:
-  lo stipendio corrisposto dalla società estera distaccante;
- gli eventuali fringe benefit erogati direttamente dalla società distaccataria italiana nei limiti e con l’osservanza delle disposizioni contenute nell’articolo 51 del Tuir.
Gli elementi retributivi imponibili
In base all’articolo 51, comma 1, del Dpr n. 917/86, infatti, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori (di beni e servizi) in genere, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, percepiti nel periodo d’imposta, in relazione al rapporto di lavoro. Rientrano pertanto tra gli elementi retributivi imponibili in capo al dipendente anche i compensi e i benefits erogati da terzi. Di conseguenza nel caso di soggetti in distacco in Italia, non assunti localmente, rientrano in tale fattispecie gli elementi erogati dalla società distaccataria. In qualità di reddito di lavoro dipendente, i compensi in natura sono generalmente sottoposti a tassazione la cui base imponibile deve essere determinata secondo i differenti criteri dettati dal testo normativo.

Imponibilità dei fringe benefit
Il comma 3 dell’articolo 51 del Dpr n. 917/86 prevede che, ai fini della determinazione del reddito imponibile dei compensi in natura, debba essere generalmente adottato il criterio del valore normale. L’articolo 9 del Dpr 917/86 stabilisce, in particolare, che per valore normale (salvo quanto stabilito per le azioni, obbligazioni e altri titoli) si intende il prezzo o il corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza o al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui beni e servizi sono stati acquisiti o prestati e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Ai fini della determinazione del valore normale si deve fare riferimento ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi o, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di Commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. In caso di generi prodotti direttamente dall’azienda e ceduti al dipendente, invece, il valore normale è costituito dal prezzo medio praticato dall’azienda al grossista. In deroga a tale criterio, il successivo comma 4 dell’articolo 51 del Tuir individua differenti criteri convenzionali che devono essere adottati, per la determinazione del reddito imponibile, in caso di erogazione di determinate categorie di fringe benefits. Esaminando nel dettaglio i compensi in natura che, di solito, le società distaccatarie italiane erogano agli expatriates operanti in Italia, la relativa determinazione della base imponibile avviene secondo le modalità che passiamo a esaminare.

L’housing allowance
Qualora l’immobile messo a disposizione dell’expatriate e della sua famiglia fosse preso in locazione, e non fosse dunque di proprietà della società distaccataria italiana, si dovrebbe distinguere il caso del contratto di locazione dell’appartamento intestato direttamente alla società italiana da quello in cui il contratto di locazione risulta intestato direttamente all’expatriate con la società che provvede poi a rimborsare il canone di locazione. Nel primo caso, infatti, sulla base del criterio convenzionale, individuato dalla lettera c), comma 4, articolo 51 (Dpr n. 917/86), il reddito imponibile è pari alla differenza tra la rendita catastale, aumentata di tutte le spese inerenti al fabbricato, e quanto eventualmente pagato dal dipendente. Tra le spese inerenti il fabbricato, non sostenute dall’utilizzatore, bensì pagate dal datore di lavoro, figurano le spese condominiali e le relative utenze come, ad esempio, luce, gas, acqua e telefono. Pertanto i suddetti valori dovranno essere sommati alla rendita catastale. Nel secondo caso, invece, sarà l’intero valore del canone di locazione che costituirà per l’expatriate reddito imponibile ai fini della tassazione.
L’autovettura aziendale
Spesso la società distaccataria italiana mette a disposizione dell’expatriate un autoveicolo per espletare l’attività lavorativa e consentendone anche l’uso personale da parte dello stesso (cosiddetto uso promiscuo). In tal caso, la lettera a) del comma 4 dell’articolo 51 del Dpr 917/86 individua un ulteriore criterio convenzionale. In questo caso il reddito imponibile è dato da un ammontare pari al 30 per cento dell’importo corrispondente a un percorso convenzionale di 15mila chilometri (meno quanto eventualmente pagato dal dipendente), calcolato sulla base del costo chilometrico secondo le tabelle elaborate annualmente dall’Aci. Va precisato che nel costo chilometrico dell’Aci sono comprese tutte le spese ordinarie relative all’utilizzo dell’autovettura quali il carburante, l’assicurazione, l’usura degli pneumatici. Questa valutazione forfetaria dovrà essere presa a riferimento, a prescindere dal fatto che l’autoveicolo sia di proprietà della società o presa a noleggio o acquisito mediante locazione finanziaria e dagli effettivi costi d’utilizzo del mezzo. Qualora invece il veicolo sia messo a disposizione del dipendente per uso esclusivamente personale, allora dovrà essere adottato il criterio del valore normale, così come se al dipendente, anziché essere messa a disposizione l’autovettura, venisse erogata un’indennità che sarà assoggettata a tassazione sulla base del criterio del valore normale.
Lo schooling
L’azienda italiana, sempre per indurre il dipendente straniero a svolgere per un periodo di tempo, la propria attività nel nostro Paese, può anche provvedere a sostenere tutte le spese scolastiche relativamente ai familiari dell’expatrate. A questo proposito il dettato normativo non prevede disposizioni particolari per quanto riguarda le spese scolastiche sostenute per i familiari e, pertanto, è applicabile il criterio generale di valutazione in base al valore normale.
Le spese di viaggio
Infine la società distaccataria può spesso sostenere il costo di tutti i biglietti aerei che l’expatriate e i suoi familiari utilizzano durante tutto il periodo di permanenza in Italia. Ai fini della determinazione del reddito imponibile occorre distinguere diverse ipotesi operative:
1a ipotesi: trasferimento
In base al comma 7 dell’articolo 51 del Tuir, le spese di viaggio, comprese quelle dei familiari fiscalmente a carico, non concorrono a formare reddito imponibile, se rimborsate dal datore di lavoro e se analiticamente documentate. Pertanto non sono da considerarsi imponibili le spese sostenute per il viaggio di arrivo in Italia all’inizio dell’assignment e per il rientro nel Paese di origine alla fine del periodo di assegnazione.
2a ipotesi: trasferta
In base al comma 5 del citato articolo 51, le spese di trasporto, relativamente in questo caso soltanto al dipendente, sono sempre totalmente esenti se analiticamente documentate. In altre parole, le spese sostenute per i biglietti aerei per il lavoratore saranno da considerarsi esenti se riconducibili a spostamenti per motivi di lavoro.
3a ipotesi: spostamenti per motivi personali
Quanto sostenuto eventualmente dalla società per i biglietti aerei destinati all’expatriate e ai suoi familiari per viaggi che esulano dall’interesse professionale (trasferimento o trasferta), costituiscono reddito per il dipendente e sono valutati sulla base del loro valore normale.
Le spese di trasloco
Infine se al momento dell’inizio o della fine dell’assignment in Italia la società distaccataria italiana provvede a sostenere tutte le spese di trasloco per l’expatriate e per la sua famiglia, in caso di trasferimento, le spese di trasporto delle cose (articolo 51 del Tuir comma 7) non concorrono a a formare il reddito imponibile per il dipendente, a condizione che siano rimborsate dalla società o direttamente sostenute da essa e che siano analiticamente documentate.
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