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Attualità

Lavoro occasionale, parasubordinato e autonomo con partita Iva - 8

La documentazione delle operazioni attive; la ritenuta d'acconto

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La documentazione delle operazione attive
Generalmente, per ogni operazione soggetta a Iva, si deve emettere la fattura.
Solo per alcune attività è prevista l'emissione dello scontrino o della ricevuta fiscale, a meno che la fattura non sia richiesta dal cliente. Si tratta, in buona sostanza, delle cessioni di beni effettuate da commercianti al minuto autorizzati in locali aperti al pubblico, a domicilio o in forma ambulante; delle somministrazioni di alimenti e bevande effettuate nei pubblici esercizi e delle prestazioni di servizi rese nell'esercizio di imprese in locali aperti al pubblico o nell'abitazione dei clienti.
Da notare, quindi, come per le prestazioni di servizi rese da lavoratori autonomi sia sempre obbligatoria la fattura, mentre per le prestazioni di servizi rese da imprenditori vige l'esonero solo se rese nell'abitazione del cliente, concetto più ristretto, che esclude quindi i locali commerciali e professionali. Ciò significa che per le prestazioni rese da imprenditori in quest'ultimi locali, la fattura è sempre obbligatoria, a prescindere dalla richiesta del cliente.

La fattura va emessa lo stesso giorno in cui l'operazione è effettuata. Vale a dire al momento della consegna o spedizione, per le cessioni di beni mobili, e al pagamento del corrispettivo, per le prestazioni di servizi sia di impresa che di lavoro autonomo.
Solo con riferimento alle cessioni di beni mobili, la cui consegna o spedizione risulti da un documento di trasporto, si può emettere una fattura differita entro il 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione. Tale fattura dovrà riepilogare le cessioni effettuate nel mese precedente e risultanti dai citati documenti di trasporto.

La fattura è generalmente emessa in due esemplari, uno dei quali è consegnato al cliente e deve contenere:

  • la data di emissione e il numero progressivo della fattura per anno solare
  • dati identificativi di chi emette la fattura e del cliente, e, relativamente a chi emette la fattura, anche il numero di partita Iva
  • la natura, la quantità e la qualità dei beni e dei servizi erogati
  • l'aliquota Iva applicata, l'ammontare dell'imposta distinta per aliquota e dell'imponibile, con arrotondamento al centesimo di euro
  • data e numero dei documenti di trasporto in caso di fatture differite
  • norma e titolo di inapplicabilità dell'Iva per le operazioni non imponibili o esenti.

Le operazioni rilevanti ai fini Iva, dunque, non sono solo le cessioni di beni e le prestazioni di servizi imponibili cui appunto l'imposta si applica, ma comprende anche le operazioni non imponibili ed esenti, che, pur non dando luogo all'addebito del tributo, devono comunque essere formalizzate. Le sole operazioni estranee dall'Iva sono, quindi, quelle escluse che non devono essere fatturate.

Le operazioni esenti sono tassativamente elencate nell'articolo 10 del decreto Iva, che, costituendo una deroga al principio generale di applicazione dell'imposta, è da interpretare in maniera restrittiva.
Fra le operazioni esenti, quelle senz'altro più significative sono le prestazioni sanitarie di cui al punto 18), che, per esser tali non solo devono essere rese da soggetti che rispondono a ben individuati requisiti professionali, ma devono anche essere finalizzate a tutelare la salute delle persone. Dovrebbe pertanto essere assoggettata all'Iva in regime di imponibilità e con aliquota ordinaria, ogni prestazione resa dai medici e paramedici in un contesto che permetta di stabilire che il suo scopo principale non è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute della persona. Così, ad esempio, alcune attività di medicina profilattica, la chirurgia plastica (se l'intervento viene fatto per ragioni puramente estetiche), le attività tipiche della medicina legale richieste per l'adozione di provvedimenti (come la liquidazione di un danno da parte di un'impresa assicuratrice in seguito a un incidente automobilistico o le perizie mediche in caso di errori professionali commessi da medici). Queste attività, benché presuppongano conoscenze mediche, non corrispondono alla nozione di prestazione sanitaria e cioè di prestazione rivolta alla persona a titolo di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e della guarigione da malattie o di problemi di salute, compresa la psicoterapia. Si precisa, infine, che l'esenzione prevista dal citato articolo 10, comma 1, n. 18), ha carattere oggettivo, ed è irrilevante la circostanza che sia fatturata a una clinica nel quadro di un rapporto di lavoro autonomo instaurato o al paziente degente destinatario della prestazione.

La categoria delle operazioni escluse da Iva è molto eterogenea, in quanto l'esclusione può derivare dalla mancanza del presupposto soggettivo, quando si agisce cioè da privato e non nell'esercizio di impresa o lavoro autonomo. L'esclusione può derivare anche dalla mancanza di territorialità , cioè dall'effettuazione dell'operazione fuori dal territorio dello Stato.
Abbiamo poi le numerose esclusioni specifiche, come l'autoconsumo di beni per i quali, all'atto dell'acquisto o importazione, non era stata operata la detrazione dell'imposta di cui all'articolo 19. La cessione di beni acquistati o importati senza il diritto alla detrazione dell'imposta costituiscono invece operazioni esenti.
Da notare invece come la stessa cessione di beni mobili acquistati da un soggetto privato è, al contrario, imponibile, sia pure attraverso il regime del margine dei beni usati, in quanto qui non si può parlare di mancanza del diritto alla detrazione dal momento che i privati non applicano Iva per assenza del presupposto soggettivo. In pratica, in questo ultimo caso, è solo l'autoconsumo del bene acquistato senza Iva a rendere l'operazione esclusa.
Delle operazioni specificatamente escluse, si pensi ancora alle cessioni, concessioni, licenze e simili relative al diritto d'autore (programmi per elaboratori, opere fotografiche, opere dell'arte del disegno o altre illustrazioni non pubblicitarie, della incisione e delle arti figurative similari, eccetera).

Da quanto precede, è anche facile rilevare come la cessione o l'autoconsumo del lavoratore autonomo può riguardare anche beni strumentali, per i quali, all'atto dell'acquisto o importazione, l'Iva era stata totalmente o parzialmente detratta.
E' evidente poi come sia possibile anche affittare tali beni.
Ciò significa che tali operazioni, pur non rilevando ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, comunque rilevano ai fini Iva: ai fini Iva, insomma, diversamente dall'Irpef, dove la nozione di compenso ha un contenuto molto delimitato, il presupposto soggettivo e oggettivo delle operazioni attive svolte ha contenuto più estensivo e comprende anche tutte le operazioni che comunque utilizzano i beni o le strutture impiegate per l'attività. Le operazioni che non rilevano, oltre quelle svolte nell'ambito dell'attività, ma oggettivamente escluse dal relativo campo di applicazione, sono, in buona sostanza, solo quelle poste in essere nell'ambito della sfera privata.

La fattura deve contenere altresì il contributo integrativo che i professionisti iscritti alla propria cassa di previdenza sono obbligati per legge a ripetere sui clienti. Trattatasi di una maggiorazione dei compensi che costituisce materia imponibile Iva, ma che non concorre a formare il reddito professionale e che, pertanto, non è soggetta a ritenuta di acconto.
Il contributo integrativo, recuperato a titolo di rivalsa dai clienti e poi versato direttamente dal professionista alla propria Cassa con cartella esattoriale, oltre a non rappresentare un compenso, non rappresenta neanche un onere deducibile e, quindi, non deve essere indicato nel quadro RP della dichiarazione dei redditi, come gli altri contributi previdenziali e assistenziali a carico del professionista.

Il lavoratore autonomo iscritto alla Gestione separata Inps può, infine, addebitare al cliente un contributo del 4% dell'importo fatturato. Qui, però, non si tratta di una vera e propria rivalsa, in quanto non c'è coincidenza fra quanto versato dall'autonomo all'Inps a conguaglio e quanto eventualmente percepito a titolo di contributo sull'imponibile. Per questo motivo, l'importo del 4 per cento è fiscalmente equiparato ai compensi e soggetto sia a Iva che a ritenuta d'acconto.

Anche il contributo Enpals dei lavoratori dello spettacolo costituisce parte integrante del compenso, in quanto totalmente a carico degli artisti, anche se trattenuto e versato dai committenti. L'articolo 54 del Tuir, infatti, esclude dal computo dei compensi solo i contributi previdenziali e assistenziali posti dalla legge a carico del soggetto che corrisponde i compensi medesimi, mentre tale contributo non è a carico dei committenti, i quali svolgono semplicemente un'attività funzionale all'effettiva riscossione delle somme, senza però spostare l'onere effettivo del contributo dal lavoratore dello spettacolo a cui si riferisce il presupposto.

Fattispecie particolare è anche quella della fatturazione degli onorari e delle spese gravanti sulla parte soccombente dinanzi alle competenti autorità giurisdizionali. Al riguardo, la condanna al rimborso delle spese può essere senza o con distrazione a favore del difensore della parte vittoriosa.

  1. Nel primo caso, il difensore emetterà fattura nei confronti del proprio cliente, che poi riaddebita tale importo al soccombente. In particolare, per quanto afferisce l'Iva, addebitata dal difensore al cliente-vincitore, detta imposta non deve essere compresa nelle somme da rimborsare soltanto se la parte vittoriosa è un soggetto passivo ai fini dell'Iva. Rimane a carico della parte vincitrice l'obbligo di effettuare la ritenuta di acconto sul pagamento della parcella.
  2. Invece, con riferimento all'ipotesi di condanna al rimborso delle spese con distrazione, la parte soccombente è tenuta a pagare direttamente al legale vittorioso gli onorari e le spese di competenza di quest'ultimo, che deve emettere la fattura al proprio cliente e, qualora la parte vincente è un soggetto Iva, il tributo indicato in fattura non è da ricomprendersi tra gli oneri che il soccombente deve corrispondere al difensore. Sulla fattura emessa dal difensore, quest'ultimo deve indicare che il pagamento è effettuato dal soccombente in giudizio, al quale la parte vittoriosa deve rilasciare copia. Infine, in capo al soccombente è anche l'obbligo di effettuare la ritenuta di acconto sui compensi corrisposti al legale della parte risultata vittoriosa.

Fattispecie ancora più particolare è quella della fatturazione degli onorari e delle spese gravanti sull'assicuratore nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale. In tal caso, infatti, la risarcibilità delle spese sia derivanti dall'esercizio dell'azione giudiziaria che quelle extraprocessuali sostenute per la composizione bonaria della vertenza, è automatica. La fatturazione avverrà dunque sempre con le modalità di cui al punto 2.

A onor del vero, il principio della risarcibilità automatica delle spese stragiudiziali ex articolo 22 della legge 990/69, così come modificato dall'articolo 5 della legge 57/01, è spesso contestato dall'assicuratore, in quanto l'intervento di un legale sarebbe necessario per legge solo nella fase processuale e non anche nell'ambito di una composizione bonaria, che avrebbe appunto lo scopo di evitare all'assicuratore gli ulteriori costi derivanti dall'esercizio dell'azione giudiziaria. Di contrario avviso è invece la Cassazione, che con sentenza n. 11606 depositata il 31 maggio 2005, ha ritenuto invece che "l'intervento di un professionista, sia esso un legale o consulente d'infortunistica stradale, è necessario non solo per dirimere eventuali divergenze su punti della controversia, quanto per garantire già nella fase pregiudiziale la regolarità del contraddittorio, ove si osservi che l'istituto assicuratore non solo è economicamente più forte, ma anche professionalmente attrezzato per affrontare tutte le problematiche in materia". In buona sostanza, nelle liti per danni automobilistici, il legale, per rendere effettivo il diritto di difesa, serve anche fuori dall'aula giudiziaria. Devono essere quindi automaticamente rimborsate alla parte vittoriosa anche le spese extraprocessuali sostenute per la composizione bonaria della vertenza.
Da notare che il nuovo Testo unico in materia di assicurazioni, approvato nel 2005 con entrata in vigore dal 1° gennaio 2006, introducendo l'indennizzo diretto da parte della compagnia con la quale l'automobilista è assicurato e non più da quella del responsabile del sinistro, non prevede più la risarcibilità automatica delle spese di assistenza legale, limitandola solo ai casi complessi per i quali non si applica la procedura diretta di liquidazione del danno, bensì quella ordinaria. Il nuovo decreto, in buona sostanza, non preclude al danneggiato la possibilità di ricorrere all'assistenza anche in sede di procedura diretta di liquidazione, ma solo il diritto ad aver rimborsate tali spese di assistenza.

Si precisa infine che se la fattura contiene somme soggette a Iva, non si applica mai l'imposta di bollo; se invece contiene somme esenti, non imponibili o escluse - quali, ad esempio, il rimborso di spese in nome e per conto - allora si applica l'imposta di bollo di 1,81 euro, qualora l'importo complessivo fosse superiore a 77,47 euro. L'Iva e il bollo sono infatti tributi alternativi, per cui se in fattura c'è l'Iva non si applica il bollo, mentre se non c'è Iva, allora si applica il bollo.

La ricevuta fiscale è staccata da bollettari "a madre e figlia" e va emessa al momento di ultimazione della prestazione di servizi.

Ciò posto, si fa notare che ai fini della determinazione del reddito d'impresa, la competenza dei ricavi delle prestazioni di servizi si perfeziona all'ultimazione del lavoro.
Ai fini Iva, invece, il momento impositivo delle prestazioni di servizi si perfeziona all'atto del pagamento.
Ciò significa che la ricevuta fiscale per le prestazioni di servizi rese nell'esercizio di imprese in locali aperti al pubblico o nell'abitazione dei clienti, va rilasciata, in aggiunta al momento del pagamento, anche all'atto dell'ultimazione del servizio. Quest'ultimo momento, però, pur realizzando la competenza del ricavo ai fini della determinazione del reddito di impresa, non realizza ancora momento di effettuazione dell'operazione ai fini Iva. Tali ricevute, pertanto, dovranno riportare la dicitura "corrispettivo non pagato" e dovranno essere tenute in sospeso e registrate come operazioni imponibili quando il corrispettivo sarà pagato.

La ritenuta d'acconto
La regola della ritenuta d'acconto si applica sempre ai compensi di lavoro autonomo, mentre nel campo delle imprese si applica solo alle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari. Alle regole della ritenuta di acconto non sono soggetti solo i contribuenti che applicano i regimi sostitutivi delle nuove iniziative e delle attività marginali.
La rivalsa del sostituto segue il criterio di cassa, dovendo essere effettuata al momento del pagamento dei compensi o delle provvigioni, ed è obbligatoria. Non è ammesso, cioè, che il sostituto corrisponda, ad esempio, il compenso per intero, facendosi carico della ritenuta. Qualora si volesse pattuire un compenso "netto da imposta", si dovrà pertanto effettuarne una "lordizzazione", pattuendo cioè un compenso lordo tale che, dedotta la ritenuta, rimanga il compenso netto prestabilito. Ad esempio, volendo incassare un compenso di 1.000 al netto della ritenuta del 20 per cento, bisogna calcolarsi il compenso lordo come segue: 1000 / 0,80 = 1.250. Le ritenute subite e certificate con apposita attestazione, che il sostituto è tenuto a fornire al sostituito, si scomputano nella dichiarazione dei redditi dell'anno in cui il provento soggetto a ritenuta concorre a formare il reddito.
Abbiamo già visto che i compensi di lavoro autonomo rilevano per cassa, mentre per gli imprenditori rilevano per competenza. Ecco perché, limitatamente ai ricavi d'impresa soggetti a ritenuta, l'articolo 22 del Tuir accorda anche la possibilità di scomputo di tutte le ritenute di acconto operate anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi. In tal caso, cioè, fermo restando l'obbligo del sostituto di rilasciare la prevista certificazione delle provvigioni corrisposte secondo il criterio di cassa, l'agente potrà sempre chiedere allo stesso un'altra certificazione per le provvigioni che dovrà dichiarare per competenza e incassate l'anno dopo, anteriormente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, onde consentirgli appunto lo scomputo delle ritenute dall'imposta dovuta per l'anno di competenza. Diversamente, la ritenuta non potrà che scomputarsi nella dichiarazione dell'anno di effettivo incasso (si veda la circolare 24/8/845/ del 10 giugno 1983).
Ai fini dello scomputo della ritenuta non rileva il relativo versamento all'erario da parte del sostituto. Il percettore viene infatti depauperato dalla rivalsa e non può essergli addebitato il successivo comportamento del sostituto che trattiene presso di sé il relativo importo. Pertanto, è del tutto superfluo nei moduli di certificazione l'indicazione di come e di quando è stata versata la ritenuta d'acconto.

8 - continua. La nona puntata sarà pubblicata mercoledì 5; le prime sette sono consultabili nella sezione "Riflettori su..."

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