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Attualità

L’effective management si cerca anche all’estero

I compiti di accertamento dell’Agenzia delle Entrate si facilitano con la nuova nozione di residenza fiscale per le società

L’articolo 35 n. 13 del decreto legge n. 223 del 4 luglio 2006, ha introdotto, dopo il comma 5 dell’articolo 73 del Dpr n. 917 (Tuir) del 22 dicembre 1986, i commi 5-bis e 5-ter che allargano il concetto di sede di amministrazione.  A tal fine l’Amministrazione fiscale ha emanato la circolare n. 28 del 4 agosto 2006.

Precisazione normativa sulla sede di amministrazione
Il comma 5-bis consente all’Amministrazione finanziaria di presumere (salvo prova contraria) l’esistenza della sede dell’amministrazione di società ed enti nel territorio dello Stato qualora esse detengano partecipazioni di controllo, anche indirette (articolo 2359, comma 1, codice civile), in società ed enti commerciali residenti (di cui all’articolo 73, comma 1, lettere a) e b) del Tuir), quando, alternativamente: a) sono controllate da soggetti residenti nel territorio dello Stato; b) sono amministrate da un consiglio di amministrazione, od organo di gestione equivalente, formato in prevalenza da consiglieri residenti nel territorio dello Stato. Ad esempio, si presume (presunzione relativa) residente in Italia la società Z, quando:



oppure quando:


Il metodo di verifica

Il comma 5-ter individua la data (chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero controllato) per la verifica della sussistenza del controllo e precisa che, per le persone fisiche, nel riscontro della situazione di controllo devono essere computati i voti spettanti al coniuge, ai familiari entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo.

L’obiettivo della norma
Attraverso l’introduzione dei nuovi commi il governo intende migliorare l’efficacia dell’azione di contrasto nei confronti di eventuali pratiche elusive poste in essere da alcuni soggetti d’imposta. L’obiettivo del nuovo concetto di residenza fiscale non è di colpire tutte le società residenti all’estero, ma soltanto quelle interposte tra due soggetti residenti in Italia. La disposizione, infatti, trova applicazione nei casi in cui la società "estera" controlla società o enti italiani ed è, al tempo stesso, controllata o amministrata dall’Italia e potrebbe trovare maggiore utilità soprattutto per contrastare le holding estere formate allo scopo di evitare il pagamento delle plusvalenze sulle azioni. In particolare, si intende porre un freno al fenomeno delle cosiddette esterovestizioni ossia nella localizzazione fittizia della residenza fiscale in Stati esteri allo scopo di sottrarsi agli obblighi fiscali previsti dall’ordinamento reale di appartenenza.

La residenza fiscale delle società

Ai sensi dell’articolo 73, comma 3 del Tuir, la residenza fiscale delle società viene individuata attraverso tre criteri alternativi: la sede legale; la sede dell’amministrazione ed il luogo in cui si svolge l’oggetto principale. La sede legale può essere definita la sede "formale" della società ossia la sede sociale indicata nell’atto costitutivo o nello statuto. Il presupposto dell’oggetto principale prevede che l’oggetto principale della società debba essere localizzato in Italia. Particolarmente difficoltosa è risultata, finora, l’applicazione del secondo criterio. Il raggiungimento della prova del luogo in cui si realizza l’effettiva direzione di una società, infatti, è stato per gli organismi di controllo assolutamente non agevole. Si tratta di individuare  "il luogo in cui la società svolge la sua prevalente attività direttiva ed amministrativa per l’esercizio dell’impresa, cioè il centro effettivo dei suoi interessi, dove la società vive ed opera, dove si trattano gli affari e dove i diversi fattori dell’impresa vengono organizzati e coordinati per l’esplicazione ed il raggiungimento dei fini sociali" (Cassazione, sentenza n. 136 del 22 gennaio 1958). L’inversione dell’onere della prova (per vincere la presunzione) che è stato introdotto con le nuove disposizioni facilita, senza dubbio, l’azione di contrasto alle pratiche elusive. In proposito, è opportuno rammentare anche le divergenze che il nostro Paese ha manifestato nei confronti dell’orientamento Ocse per individuare la sede di direzione effettiva della società. In pratica l’Italia considera, quale definizione della direzione effettiva di una società, non soltanto il luogo dove la persona o il gruppo di persone che esercitano le funzioni di rango più elevato prendono le decisioni di carattere commerciale necessarie per la conduzione degli affari (definizione flessibile di effective management dell’Ocse) e tiene conto anche del luogo ove l’attività principale e sostanziale è esercitata. La normativa nazionale prevede, infatti, l’esame dei diversi fattori che caratterizzano la singola situazione e che, per superare la presunzione di residenza, dovranno risultare adeguati e convincenti (la norma valorizza gli aspetti certi, concreti e sostanziali della fattispecie, in luogo di quelli formali, in conformità al principio della "substance over form" utilizzato in campo internazionale - circolare n. 28 del 4 agosto 2006).

L’ambito di applicazione
Infine si ritiene che le nuove disposizioni potranno trovare applicazione con gli Stati con cui l’Italia ha stipulato accordi contro le doppie imposizioni (a meno che la Convenzione non stabilisca diversamente), con i Paesi senza accordi internazionali e con i cosiddetti paradisi fiscali.
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