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Attualità

L’inerenza dei costi relativi del bilancio consolidato (2)

Gli ultimi interventi del legislatore contribuiscono a far considerare la capogruppo unica legittimata alla loro deducibilità

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L’interpretazione per cui i costi per la redazione del bilancio consolidato sarebbero, per le società intermedie, inerenti risulterebbe in contrasto anche con l’indirizzo del legislatore, espresso sia con l’introduzione, anche in Italia, del consolidato fiscale nazionale, sia con la riforma del diritto societario.
La circolare dell'Agenzia delle entrate 29 gennaio 2004, n. 3/E, indicava, tra i vari indirizzi operativi relativi alla prevenzione e al contrasto all'evasione, l'adozione di strumenti idonei all'individuazione e al monitoraggio di gruppi di imprese che avrebbero esercitato, ai sensi degli articoli 117 e seguenti del Tuir, l'opzione per la tassazione su base consolidata.

Tale opzione (esercitabile solo se la società o l'ente controllante e ciascuna società controllata rientrano tra i soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), del Dpr n. 917/1986, e in presenza di un rapporto di controllo ex articolo 2359, comma 1, n. 1), del codice civile), che vincola le consociate per tre esercizi, rende possibile la determinazione dell'imponibile a livello di gruppo, secondo le regole che sono state individuate dal decreto ministeriale attuativo (Dm 9 giugno 2004).

A norma dell'articolo 127, comma 2, del Tuir, la società o l'ente consolidante è responsabile:

  • per le maggiori imposte accertate, sanzioni e interessi, riferite al proprio reddito complessivo
  • per le somme che risultano dovute, con riferimento alla propria dichiarazione, a seguito dell'attività di controllo formale prevista dall'articolo 36-ter del Dpr n. 600/1973
  • per l'adempimento degli obblighi connessi alla determinazione del reddito complessivo globale.

In particolare, la responsabilità “da consolidamento” del soggetto consolidante riguarda la corretta esecuzione degli adempimenti volti alla determinazione dell'unica base imponibile e degli obblighi derivanti dalla presentazione della dichiarazione dei redditi del consolidato.

Il parziale riconoscimento del “gruppo” societario ha inciso, inoltre, sulla normativa antielusiva di cui all'articolo 37-bis, Dpr 29 settembre 1973, n. 600.
Tale norma è stata, infatti, integrata attraverso l'inserimento di nuove ipotesi potenzialmente elusive.
L'adozione del consolidato fiscale porta oggi l’Amministrazione finanziaria a poter (rectius: dover) valutare, in sede di accertamento, le “inerenze incrociate” tra consolidante e singole consolidate. La nozione di “valide ragioni economiche” è, ancora una volta, quella che meglio consente di valutare l’inerenza di un costo (nel caso di specie quello della revisione di gruppo) che, da un punto di vista “ontologico”, non è specificatamente proprio della controllante (riferendosi anche attività amministrative proprie delle controllate).

Tornando alla valutazione di inerenza dei costi di redazione del bilancio consolidato, è chiaro, allora, che una tale “eccezione” può valere per una sola società (la controllante), non potendo certo essere estesa alle “controllanti intermedie”. In caso contrario, in questi gruppi multinazionali, caratterizzati da lunghe catene di controllo, ci potrebbero essere decine di società legittimate a fare consolidati parziali e a dedursi (e duplicare) i relativi costi. Ma così non è.
Un'operazione del genere, effettuata da una società del gruppo (non controllante), sarebbe, infatti, motivata da ragioni economiche non proprie.

Ai fini del riconoscimento della deducibilità dei costi da parte della società consociata, occorrerà individuare la riferibilità e l'utilità che tali servizi e i relativi costi hanno in relazione all'attività esercitata dalla singola consociata. Tale ripartizione di costi infragruppo rientra di solito nei cosiddetti cost sharing agreement, che consistono in accordi stipulati dalle varie società del gruppo per la distribuzione di determinate attività e servizi.
Ma, ai fini fiscali, affinché tali costi siano deducibili è comunque necessario non solo formalizzare contrattualmente gli accordi di ripartizione dei costi con ciascuna società, ma anche rispettare i principi di inerenza, determinabilità oggettiva e competenza, richiesti dall'articolo 109 del Dpr n. 917 del 1986.

In mancanza di accordi scritti e contrattualmente formalizzati, del resto, non si potrà certo pretendere una deduzione dei sopradetti costi (anche laddove fossero inerenti), per mancanza del requisito di certezza. Solo tali accordi, inoltre, potrebbero impedire la responsabilità degli amministratori della controllante per la eventuale falsità dei dati dichiarati.

Anche il nuovo articolo 2403-bis, comma 2, del Codice civile, secondo il quale “il collegio sindacale può chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari” e “può altresì scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale”, conferma che la ratio del controllo consolidato è questa.

La controllante, quindi, non si limita a ricevere informazioni da parte delle imprese incluse nel consolidamento, ma può e deve richiedere notizie sull'andamento delle operazioni delle società controllate.

E’ da qui che, sul piano penalistico, può farsi derivare l'imputabilità degli amministratori della controllante (anche sulla base dell'articolo 40 del Codice penale), nel caso in cui, per esempio, i fatti o le omissioni non impediti a causa del mancato esercizio dei sopra detti poteri-doveri sindacali, costituiscano reato.
Detto questo, non si vede come sia possibile scindere responsabilità penale e responsabilità fiscale.
Dire che la redazione del consolidato è un onere della controllata (che quindi potrebbe dedursi il relativo costo) impedirebbe, infatti, una responsabilità penale degli amministratori della controllante (che di tale attività in sostanza sarebbero legittimati a non occuparsi).

A conferma di tali conclusioni, si inserisce, del resto, anche la riforma del diritto societario, attuata dal Dlgs 17 gennaio 2003, n. 6, che ha inserito gli articoli da 2497 a 2497-septies del Codice civile, in materia di società soggette alla direzione e coordinamento altrui.
La ratio della disciplina è, ancora una volta, quella di esplicitare la sussistenza di un regime di responsabilità diretta delle società che esercitano attività di direzione e coordinamento nei confronti dei soci e dei creditori sociali delle società (fra cui, naturalmente, anche il Fisco).

Sposare la tesi di più controllanti (la capogruppo e le intermedie) impedirebbe le reciproche responsabilità (penali, fiscali e civilistiche).

Conclusioni
La tesi che mira ad affermare che, ai fini fiscali, nei rapporti infragruppo occorre aver riguardo alla complessiva situazione del gruppo di società e all'eventuale sussistenza di un vantaggio “compensativo”, ricavabile dal “gruppo”, porta all'annullamento dell'eventuale pregiudizio cagionato alla singola società (in termini di maggior costo), sulla base della (semplicistica) considerazione secondo cui l'eventuale pregiudizio sopportato da una società controllata trova comunque giustificazione nel complessivo interesse del “gruppo”.

Tale soluzione, per tutte le considerazioni sopra viste, non è però ammissibile.
Si pensi, appunto, al caso delle operazioni di transfer pricing, in cui, a fronte dell'evidente vantaggio di una società, vi è l'altrettanto evidente pregiudizio subito dai soci delle società che si accollano costi non propri.
Si pensi, inoltre, al già visto articolo 2497 del Codice civile, che, al comma 1, stabilisce che “le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società...”.

Anche il legislatore ha, quindi, sostanzialmente (e, finalmente, in maniera espressa) aderito a quelle soluzioni dottrinali che prevedevano una responsabilità diretta della controllante per le operazioni infragruppo che danneggiano le società controllate.
La responsabilità che ne deriva in capo agli amministratori della società controllante è una responsabilità di tipo contrattuale, per violazione dell'obbligo di diligenza professionale, che, sicuramente, gli amministratori della società cui fa capo la direzione unitaria del gruppo sono tenuti sempre e comunque a osservare.

2 – fine. La prima puntata è stata pubblicata mercoledì 4

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