9. Gestione di parcheggi
La gestione di parcheggi per autoveicoli è stata dapprima considerata soggetta a Iva in quanto configurante svolgimento di attività commerciale, considerata facoltativa per l'ente locale, e, quindi, espressione dell'esercizio del potere discrezionale dell'ente stesso.
Con la risoluzione n. 210 del 14 dicembre 2001, l'Agenzia delle Entrate ha mutato orientamento, recependo le conclusioni cui era pervenuta la Corte di giustizia europea (n. 446/1998 del 14/12/2000), che ha escluso la soggettività passiva Iva del Comune in relazione ai proventi derivanti dalla gestione dei parchimetri, posto che tale attività è esercitata dall'ente in quanto pubblica autorità, come peraltro previsto dall'articolo 4, n. 5, della VI direttiva Cee del 17 maggio 1977.
L'importante pronunciamento, reso nell'ambito di un contenzioso istauratosi in Portogallo, chiarisce che lo svolgimento dell'attività di gestione di parcheggi, svolta da un ente pubblico anche mediante affidamento a terzi "...implica l'uso di poteri propri della pubblica autorità, come quelli consistenti nell'autorizzare o limitare il parcheggio su una strada aperta al traffico o sanzionare con un'ammenda la sosta oltre il tempo autorizzato di parcheggio..." e ciò permette di stabilire in modo univoco che tale attività è sottoposta a un regime di diritto pubblico che fa venir meno il presupposto per l'applicazione dell'Iva.
Per comprendere appieno l'importanza dell'intervento dell'Agenzia, rammentiamo che la problematica dell'applicazione dell'Iva alle attività svolte dagli enti pubblici - territoriali e non - è fra quelle che maggiormente attendono un chiaro e univoco intervento normativo, volto a conciliare il contenuto della VI direttiva Cee con il decreto istitutivo dell'Iva.
Un'ulteriore conferma verso tale orientamento è contenuto nella risoluzione n. 173/2002, nella quale viene anche affrontata la delicata problematica della detraibilità dell'Iva assolta sugli acquisti di beni e servizi per lo svolgimento dell'attività di costruzione e gestione di un fabbricato da destinare ad autoparcheggio, esercitata da un Comune.
Nella risposta fornita in occasione di un interpello, l'Agenzia si riporta, preliminarmente, alle conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza comunitaria nella sentenza n. 446/1998 per quanto concerne il concetto di "pubblica autorità", trattandosi di attività "svolte dagli enti pubblici nell'ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in base allo stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati". Pertanto, per definire il regime tributario dell'Iva occorre distinguere se i comportamenti posti in essere dagli enti pubblici sono svolti secondo una logica pubblicistica autoritativa, ovvero privatistica commerciale.
10. Smaltimento dei rifiuti
Le prestazioni di smaltimento (gestione, stoccaggio e deposito temporaneo) di rifiuti urbani di cui all'articolo 7, comma 2, del Dlgs 5/2/1997, n. 22, e dei soli rifiuti speciali di cui all'articolo 7, comma 3, lettera g), del medesimo Dlgs, sono soggette all'aliquota Iva del 10 per cento, ai sensi del n. 127-sexiesdecies della tabella A, parte III, allegata al Dpr n. 633/1972.
Giova precisare subito che la disposizione in argomento non ha inteso assoggettare al tributo il servizio pubblico di smaltimento dei rifiuti: infatti, l'assoggettamento a Iva concerne unicamente l'eventuale rapporto tra il Comune e il soggetto incaricato dell'esecuzione del servizio di smaltimento, in caso di affidamento a terzi del servizio, con l'effetto, peraltro, che l'ente locale resta inciso dell'onere derivante dall'applicazione dell'imposta.
Nella diversa ipotesi di gestione diretta del servizio di raccolta e smaltimento da parte del Comune, esula da ogni previsione impositiva il rapporto, di natura pubblicistico-tributaria, che si instaura tra l'ente locale e i cittadini-utenti, tenuti al pagamento di una tassa, così venendo a mancare il requisito della commercialità, che costituisce il presupposto richiesto dall'articolo 4 del Dpr 633/72 per l'applicazione dell'Iva.
In tal senso si è espresso, altresì, il ministero delle Finanze in più interventi (risoluzione 11/3/1994 n. III-7-269, confermata con la successiva risoluzione 18/4/1994 n. III-7-372 e con la circolare 9/8/1994 n. 142/E) e, da ultimo, con la risoluzione n. 278/2002, con la quale si è negata al Comune la possibilità di detrarre l'Iva addebitata in fattura da una società appaltatrice del servizio di gestione dei rifiuti, in quanto l'ente locale non effettua operazioni imponibili "a valle", trattandosi di servizio reso ai cittadini e remunerato attraverso un'entrata tributaria.
Per quanto concerne la concreta tipologia delle prestazioni soggette all'aliquota ridotta del 10 per cento, il citato n. 127-sexiesdecies fa riferimento alle prestazioni - rispettivamente individuate dalle lettere d), l) ed m) del comma 1 dell'articolo 6 del Dlgs n. 22/1997 - che consistono in:
- gestione dei rifiuti, cioè la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, compreso il controllo di queste operazioni nonché il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la chiusura
- raccolta differenziata, cioè l'attività di raccolta differenziata di materiali quali la plastica, l'acciaio, l'alluminio, la carta, il legno, il vetro, come confermato dalla risoluzione n. 107/2002 dell'Agenzia delle Entrate
- stoccaggio, ovvero le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti prima dell'attività di trattamento degli stessi, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali per sottoporli a una operazione di recupero
- deposito temporaneo, cioè il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, alle condizioni elencate in dettaglio nei punti da 1 a 5 della lettera m) del citato comma 1 dell'articolo 6 del Dlgs 5/2/1997, n. 22.
Con il passaggio dal regime di Tarsu (Dlgs n. 507/1993) all'applicazione della Tariffa rifiuti (Dlgs n. 22/1997), sulle somme dovute per la gestione dei rifiuti urbani si renderà applicabile l'Iva (una conferma, seppure implicita, può rinvenirsi nell'articolo 6, comma 13, della legge n. 133/1999), in quanto le predette somme non saranno più dovute dai cittadini a titolo di entrata tributaria, bensì a titolo di corrispettivo per il servizio reso dall'ente locale e, in quanto tale, rientrante nel campo di applicazione dell'imposta.
Sul punto, tuttavia, si osserva che una rigida applicazione delle disposizioni contenute nella VI direttiva Cee potrebbe portare a diverse conclusioni, ove si considerino le seguenti circostanze:
- l'attività di igiene pubblica viene esercitata dall'ente in veste di pubblica autorità. Orbene, vale la pena di rammentare che gli enti pubblici - territoriali e non - non sono considerati soggetti passivi d'imposta quando svolgono un'attività economica di puro ed esclusivo diritto amministrativo, cioè nell'esercizio di una pubblica autorità. Divengono, invece, soggetti Iva allorquando pongono in essere, anche nella loro veste pubblicistica, rapporti di natura privatistica, assimilabili all'esercizio di attività di natura commerciale
- l'attività di raccolta e smaltimento dei rifiuti non è imponibile per presunzione assoluta, non rientrando fra quelle indicate tassativamente nell'allegato D alla direttiva
- l'eventuale non assoggettamento all'imposta Iva non provocherebbe distorsioni nel sistema economico, trattandosi di attività che comunque viene svolta non in regime di concorrenza con privati operatori, bensì in regime monopolistico.
Merita un cenno, infine, il trattamento fiscale del "tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi", introdotto dall'articolo 3, commi da 24 a 40, della legge n. 546/1995, in vigore dal 1° gennaio 1996 e dovuto dal gestore dell'impresa di stoccaggio definitivo, con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento.
L'articolo 3, comma 26, della citata legge, nell'individuare il soggetto passivo del tributo nel gestore dell'impresa di stoccaggio definitivo dei rifiuti, prevede l'obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento, intendendosi per tale il committente del servizio e non anche altri soggetti quali vettori, trasportatori o intermediari che agiscono in nome e per conto del conferitore.
L'interpretazione ministeriale contenuta nella circ. n. 190/E/1996 (confermata nella successiva risoluzione n. 59 del 27/02/2002) chiarisce che l'obbligo della rivalsa consiste nell'addebitare in fattura l'ammontare del tributo speciale separatamente dal corrispettivo del servizio di smaltimento dei rifiuti e che tale tributo, in quanto dovuto dal gestore a titolo proprio e non per conto del committente del servizio, concorre a formare, agli effetti dell'Iva, la base imponibile dell'operazione di smaltimento dei rifiuti, ai sensi dell'articolo 13, primo comma, del Dpr 633/72. Il ministero delle Finanze precisa, ancora, che il successivo versamento del tributo stesso alle regioni da parte dei gestori della discarica non evidenzia, invece, i presupposti impositivi dell'Iva, attesa la sua esclusiva natura tributaria.
In altre parole, l'esercizio dell'obbligo di rivalsa da parte del gestore, con addebito del tributo al committente, ha natura extratributaria, trattandosi di ulteriore onere verso terzi che si aggiunge al corrispettivo per la prestazione resa e concorre a formare la base imponibile sulla quale si rende dovuta l'Iva nella misura del 10 per cento, se trattasi di rifiuti urbani e assimilati, altrimenti del 20 per cento, come previsto dal n. 127-sexiesdecies della tabella A, parte III, allegata al Dpr 633/72.
Del tutto irrilevante, nella fattispecie, si rivela la circostanza che il gestore della discarica sia un ente locale e non un privato: in quanto soggetto passivo del "tributo speciale in discarica", il Comune è egualmente tenuto - ai sensi del menzionato articolo 3, comma 26 - a corrispondere alla regione il tributo stesso, senza addebito di Iva in ragione della natura tributaria del predetto versamento.
5 - continua. La sesta puntata sarà pubblicata venerdì 8