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Attualità

L’Iva nel commercio elettronico (3)

Se l’intera transazione, compresa la consegna del bene, avviene telematicamente (download) l’operazione rappresenta, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, una prestazione di servizi

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Nel commercio elettronico diretto, tutta la transazione commerciale, sia la cessione che la consegna del bene, avviene esclusivamente per via telematica, attraverso la fornitura di prodotti virtuali che non si materializzano mai in qualcosa di tangibile. I servizi e i beni (software, siti web, immagini, testi, basi di dati, musica, film, eccetera) vengono, infatti, dematerializzati alla partenza dal prestatore e materializzati all’arrivo dal destinatario (download).

Come stabilito dalla direttiva n. 2002/38/Ce del 7 maggio 2002, la tassazione delle operazioni on-line, espressamente individuate dall’allegato L del documento comunitario (fornitura di siti web e web-hosting, gestione a distanza di programmi e attrezzature; la fornitura di software e relativo aggiornamento; la fornitura di immagini, testi e informazione e messa a disposizione di basi di dati; l’accesso a banche dati; la fornitura di musica, film, giochi, compresi i giochi di sorte e d’azzardo, programmi o manifestazioni politiche, culturali, artistiche, sportive, scientifiche o di intrattenimento nonché la fornitura di prestazioni di insegnamento a distanza), deve avvenire tenendo presente che tali operazioni, siano esse prestazioni di servizi in senso stretto, ovvero fornitura di beni virtuali, rappresentano sempre, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, delle prestazioni di servizi, e che occorre fare riferimento al consumo, vale a dire al luogo in cui è localizzato il destinatario dell’operazione, per stabilire il luogo in cui le stesse devono essere tassate.

Da tali principi consegue, con particolare riferimento alle operazioni poste in essere da operatori residenti in Paesi non appartenenti all’Unione europea, che la fornitura di beni informatici da questi effettuata a favore di clienti, soggetti passivi o privati, residenti in Paesi aderenti all’Unione europea, è da assoggettare a Iva nel territorio dell’Unione europea stessa. Invece, per le analoghe operazioni effettuate da operatori comunitari nei confronti di clienti non localizzati nell’Unione europea, viene meno il presupposto territoriale di imposizione.
Di fatto, al fine di attrarre a tassazione le operazioni in esame, viene applicato il principio sancito per importazioni ed esportazioni di beni, che comporta la detassazione dei servizi informatici in uscita dal territorio comunitario e la tassazione degli stessi servizi in entrata.

Per adempiere gli obblighi imposti dalla normativa comunitaria, ogni operatore extracomunitario, che non operi per il tramite di una stabile organizzazione situata nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea, è chiamato a identificarsi fiscalmente in uno Paese comunitario. In tale Stato devono essere assolti gli adempimenti previsti dalla disciplina Iva (dichiarazione e liquidazione dell’imposta), usufruendo di specifiche semplificazioni e con riferimento a tutte le operazioni di commercio elettronico effettuate nell’intero ambito comunitario.

La scelta del Paese di registrazione è lasciata all’operatore extra Ue e, in ogni caso, tale scelta non influenza l’aliquota applicabile alle operazioni poste in essere dallo stesso dopo la registrazione. Indipendentemente dallo Stato membro di registrazione, infatti, l’operatore extracomunitario è tenuto ad assoggettare ogni singola operazione all’aliquota Iva prevista dalla normativa dello Stato in cui è localizzato il committente.
L’obbligo di registrazione grava su qualunque impresa extracomunitaria, che pone in essere operazioni di commercio elettronico nei confronti di committenti privati comunitari, indipendentemente dall’ammontare delle operazioni effettuate nel corso dell’anno.

La direttiva n. 2002/38/Ce, stabilisce, inoltre, che per le operazioni di commercio elettronico diretto trova sempre applicazione l’imposta secondo le aliquote ordinarie previste dai singoli Stati membri. E’ esclusa, infatti, per tali operazioni, l’applicazione delle aliquote agevolate di cui all’articolo 12, paragrafo 3, lettera a), della VI direttiva.

Nell’ordinamento italiano, la direttiva n. 2002/38/Ce è stata recepita con l’emanazione del Dlgs 1° agosto 2003, n. 273, in vigore dal 4 ottobre 2003, il quale, tra l’altro, ha introdotto, nell’ambito del Dpr n. 633 del 1972, la disciplina Iva applicabile agli operatori che intendono identificarsi in Italia, contenuta nell’articolo 74-quinquies.

L’identificazione diretta, nel commercio elettronico, è riservata agli operatori stabiliti fuori dal territorio dell’Unione europea, che effettuano le operazioni, qualificabili come di “commercio elettronico diretto”, in ambito Ue e nei confronti di consumatori privati.
Per operatore stabilito fuori del territorio dell’Unione europea si intende un soggetto passivo estero (extra Ue) che:

  1. non ha stabilito la sede della propria attività, ovvero una stabile organizzazione, nel territorio di uno Stato membro dell’Unione europea
  2. non è tenuto a nominare un rappresentante fiscale, per il ricorrere di altri presupposti, quali l’effettuazione di operazioni diverse da quelle di commercio elettronico, espressamente individuate dall’allegato L della direttiva n. 2002/38/CE.

L’ufficio fiscale competente per i soggetti extra Ue, che esercitano attività di commercio elettronico nel territorio dell’Unione europea e si identificano in Italia, è il Centro operativo di Pescara, come stabilito dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 ottobre 2003.
Al fine di poter procedere all’identificazione, l’operatore extracomunitario deve presentare un’apposita dichiarazione di inizio attività che prevede l’indicazione:

  • del nome o denominazione e dell’indirizzo postale
  • degli indirizzi elettronici (inclusi i siti web)
  • del numero di codice fiscale attribuitogli dallo Stato di appartenenza (se esistente).

Alla dichiarazione deve essere allegata un’autocertificazione, con la quale l’operatore che richiede l’identificazione in Italia attesta di non essere già identificato ai fini Iva in un altro Stato membro dell’Unione europea.

Per quanto riguarda gli adempimenti contabili richiesti all’operatore extra UE identificatosi ai sensi dell’articolo 74-quinquies, è prevista:

  • la conservazione per dieci anni dei documenti e dei dati informatici relativi alle operazioni effettuate nell’ambito comunitario e l’impegno a rendere possibile il controllo sugli stessi da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria di tutti gli Stati membri
  • la certificazione mediante fattura con addebito dell’Iva secondo l’aliquota ordinaria prevista nello Stato di residenza del consumatore privato. Ad esempio, un operatore giapponese fatturerà dall’Italia (Paese dell’identificazione) con Iva italiana (20 per cento) se il consumatore privato è residente in Italia, con Iva belga (21 per cento) se il consumatore privato è residente in Belgio, con Iva tedesca (16 per cento) se il consumatore privato è residente in Germania
  • la presentazione di una dichiarazione trimestrale, entro il 20 del mese successivo a ciascun trimestre solare, che richiede l’indicazione dell’ammontare imponibile delle operazioni effettuate nel trimestre, l’aliquota applicata e l’imposta riscossa dai consumatori finali residenti nell’Unione europea, con riferimento a ciascuno Stato membro
  • il versamento allo Stato di identificazione dell’Iva complessivamente riscossa nel trimestre. Sarà cura dello Stato che riscuote il totale dell’imposta riaccreditare, successivamente, ai singoli Stati membri la parte di Iva di loro spettanza, nonché comunicare i dati della dichiarazione di interesse del singolo Stato destinatario di transazioni on-line.

3 – fine. Le prime due puntate sono state pubblicate lunedì 15 e martedì 16

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