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Attualità

Maglie strette sulla correlazione

Nessun rilievo fiscale a un riparto dei costi basato essenzialmente su un giudizio di merito in ordine alla convenienza economica all'attuazione di un progetto nel suo complesso

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La redditività di un investimento nel suo complesso non può rilevare, dal punto di vista fiscale, per un corretto riparto dei costi sostenuti per la realizzazione di un'opera. Nell'ambito di una concessione di lavori pubblici, diretta alla progettazione e costruzione di un complesso immobiliare in parte destinato ad accogliere i nuovi uffici comunali, in parte alla vendita a privati, nell'esercizio in cui questa è effettuata saranno fiscalmente deducibili solo i costi relativi alla costruzione di tale struttura e non anche quelli sostenuti in relazione agli immobili comunali.
Il principio è stato espresso con la risoluzione n. 232/E del 22 agosto 2007.

Nell'ambito della descritta operazione, avvenuta con il ricorso allo strumento di project financing, tutta la questione nasce in considerazione della diversa manifestazione temporale dei ricavi che complessivamente conseguono dal progetto d'investimento. Infatti, mentre i proventi di gestione della commessa pubblica matureranno pro rata temporis nell'arco dei 10 anni di durata della concessione, i corrispettivi relativi alla parte di edificio venduto risultano interamente conseguiti nell'esercizio 2006.

Tenuto conto della unitarietà del progetto e della valutazione complessivamente operata in ordine ai profili di redditività dello stesso, il contribuente ha proceduto sul piano contabile a imputare una parte dei costi sostenuti per l'attività di progettazione e costruzione degli uffici comunali ai corrispettivi conseguiti nel 2006 in relazione alla parte di edificio venduto. E' stato chiesto se tale scelta effettuata in sede civilistica potesse considerarsi valida anche in ambito fiscale.

L'agenzia delle Entrate ha chiarito che l'articolo 109, comma 1, del Tuir individua nella competenza la regola generale di determinazione del reddito imponibile, definendo al successivo comma 2, lettere a) e b), le regole per l'imputazione al periodo d'imposta dei componenti positivi e negativi di reddito relativi, rispettivamente, ai beni e alle prestazioni di servizio.
In deroga al principio ora richiamato, la norma in parola dispone, tuttavia, che i ricavi e le spese, di cui nell'esercizio di competenza non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare, concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui tali condizioni si verificano.

Il meccanismo di imputazione, strumentale alla misurazione del reddito imponibile, postula la necessità di individuare dapprima l'esercizio di competenza dei ricavi, per poi procedere all'individuazione dei costi a essi relativi ammessi in deduzione nel medesimo periodo, secondo un "effetto trascinamento" per cui sono i costi a seguire i ricavi.
Secondo un indirizzo ormai consolidato in sede di prassi amministrativa (si veda, da ultimo, la risoluzione n. 91/E del 12 luglio 2006), la corretta applicazione del principio di competenza fiscale non può prescindere dal concetto di correlazione civilistico-contabile tra produzione del reddito e costi correlati. Tale criterio costituisce, infatti, un importante corollario del principio di competenza ed esprime la necessità che ai ricavi dell'esercizio siano contrapposti i relativi costi.

Si tratta, a ben vedere, di un criterio che la norma fiscale mutua dai corretti principi civilistici, seppure da una lettura attenta e sistematica delle disposizioni fiscali dettate in materia di reddito d'impresa sono rinvenibili delle norme che dispongono concretamente la correlazione tra costi e ricavi. Un esempio, in tal senso, è rappresentato dall'articolo 109, comma 4, ultimo periodo, del Tuir, in base al quale sono ammesse in deduzione le spese e gli oneri - risultanti da elementi certi e precisi - specificamente afferenti i ricavi che, pur non risultando imputati a conto economico, concorrono alla formazione del reddito imponibile.
Si tratta, invero, di una disposizione che sebbene pensata ab origine per rispondere a esigenze proprie dell'attività di accertamento, volendo il legislatore comunque consentire, anche in ossequio al principio di simmetria fiscale tra componenti positivi e negativi di reddito, la deducibilità dei costi specificamente e strettamente inerenti ai ricavi emersi in sede di verifica, ha finito tuttavia per assumere una valenza generalizzata e di più ampio respiro, anche per la scelta operata dal legislatore di collocarla tra le norme che disciplinano il reddito d'impresa.

Può dunque affermarsi, in ragione di quanto sino a ora esposto, che il legislatore fiscale si allinea a quello civilistico, nella misura in cui da un lato regola il principio di competenza, dall'altro considera la correlazione come "coelemento" della stessa competenza, sempreché ciò non pregiudichi il rispetto delle regole di certezza e di obiettiva determinabilità dei costi, dettate dall'articolo 109, comma 1, del Tuir.

Tale ricostruzione logica, se per un verso induce a dare rilievo fiscale a una correlazione basata su un rapporto di causa a effetto tra costi e ricavi ovvero su criteri sistematico-razionali, per altro verso porta a escludere una correlazione dettata da mere esigenze civilistiche di una "rappresentazione più utile", dal momento che "tale esigenza postula l'impiego di criteri valutativi che mal si conciliano con i requisiti di certezza e di obiettiva determinabilità dei componenti negativi di reddito richiesti dalla norma fiscale". Si tratta, a ben vedere, di una lettura critica che la norma fiscale fa dei principi di competenza e correlazione rinvenuti nella disciplina civilistico-aziendale.

Conseguentemente, nel caso in concreto esaminato, il riparto temporale dei costi dovrà avvenire previa imputazione ai ricavi di vendita conseguiti nel 2006 delle spese sostenute per la costruzione della parte dell'immobile venduto; i costi di realizzazione dell'opera pubblica andranno, invece, imputati ai relativi ricavi costituiti dai canoni di locazione e dai contributi maturati nel corso di durata della concessione.
E' solo in questo modo che si realizza la naturale correlazione tra costi e ricavi, nel rispetto delle prescrizioni dettate dal legislatore fiscale in ordine all'identificazione certa e determinabile dei costi, e non avvalorando scelte contabili che determinano di fatto una pianificazione fiscale dell'utile di periodo.

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