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Attualità

Nel 2007, 9,3 miliardi di euro dalla British Petroleum al Fisco globale

Soltanto nelle casse del fisco di Sua Maestà britannica sono finiti 1,5 miliardi di euro

Una cifra che assicura alla multinazionale il podio di primo contribuente. Intanto i risultati contabili relativi al trimestre aprile-giugno 2008 messi a segno parlano chiaro. Un bottino da 4,4 miliardi di euro che, considerando l’intero semestre dell’anno, sale a 8,6. Nel Regno Unito non si attenua la polemica sui guadagni e sui tesori assicurati ai giganti del petrolio dalla rincorsa del prezzo del barile, che nei tre mesi passati è aumentato del 35 per cento. A riaccendere la disputa, accusando direttamente i vertici delle multinazionali che dominano il mercato del greggio, sono stati i sindacati britannici, scesi in campo a difesa del potere d’acquisto dei contribuenti inglesi che continua a ridursi senza sosta di mese in mese. Al contrario i profitti delle major del petrolio continuano impassibili a mietere primati in favore dei loro azionisti di maggioranza, in pratica un club ristretto di businessman e contribuenti facoltosi.

Profitti da primato olimpico
In realtà a ravvivare la contrapposizione ha provveduto la diffusione, peraltro puntuale, dei risultati contabili relativi al trimestre aprile-giugno messi a segno dalla British Petroleum (BP), uno dei giganti di maggior rilievo, anche simbolico, tra quelli che alloggiano sullo scacchiere delle multinazionali dedite a spartirsi i ricchi proventi derivanti dalla produzione e dalla distribuzione del petrolio. Nel dettaglio, si tratta d’un vero e proprio record olimpionico, forse in ossequio alle Olimpiadi cinesi oramai prossime a riversarsi nell’etere, che ha fatto registrare ben 4,4miliardi di euro di bottino spalmati in 90 giorni, da aprile a giugno. Considerando l’intero semestre 2008, la cifra totale sale ancora arrestandosi a 8,6miliardi di euro. Niente male davvero, soprattutto se si tiene conto che la BP proprio in questi mesi è impegnata in una sorta di battaglia storica, che la vede mobilitata nel tentativo, quasi disperato, di non perdere la disputa che la vede contrapposta agli azionisti russi che coabitano all’interno della TNK-BP, una joint venture da tempo attiva sul mercato russo e con sede a Mosca. Naturalmente, in ballo non vi sono soltanto questioni economiche o puramente competitive, piuttosto sono temi che rispondono a interessi di geopolitica quelli al centro dell’attuale querelle, il cui svilupparsi rischia di intaccare uno dei settori più produttivi del gigante britannico del petrolio, dato che la TNK-BP contribuisce al 25per cento del petrolio prodotto e messo in circolazione annualmente dalla British Petroleum.

E il Fisco ringrazia
E così, mentre i manager della BP si affannano, i sindacati si crucciano e i contribuenti scendono in piazza, l’unico a cantar vittoria sembra essere il Fisco. Infatti, nel 2007, proprio a fronte degli alti profitti realizzati, la multinazionale britannica del greggio ha versato ai diversi erari nazionali ben 9,3miliardi di euro in forma di imposte, tasse e tributi. In particolare, nelle casse del fisco britannico sono finiti 1,5miliardi di euro, una somma questa che permette, in certa misura quasi a ragione, al management della British Petroleum di reclamare il podio di primo contribuente britannico in termini di versamenti effettuati in favore dell’erario di Sua Mestà. Record questo nient’affatto sufficiente a stemperare le ansie che affliggono milioni di contribuenti, non soltanto in Gran Bretagna, e decine di governi e operatori economici.
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