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Attualità

Niente sconti dalle disposizioni transitorie della pex

La minusvalenza realizzata nel 2005 è deducibile solo per la parte riferita alla svalutazione operata nel 2003 e allora non dedotta per effetto del previgente articolo 61, terzo comma, del Tuir.

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L’importo della svalutazione che non ha concorso alla formazione del reddito imponibile della società nel periodo d’imposta 2002, sia per libera scelta imprenditoriale, sia in applicazione del comma 5 del previgente articolo 96-bis del Tuir, non può essere dedotto dal reddito d’impresa al momento della cessione della partecipazione nella società partecipata, per effetto della disposizione transitoria contenuta nell’articolo 4, primo comma, lettera d), del decreto legislativo n. 344 del 2003.
Viceversa, è deducibile la minusvalenza realizzata nel periodo d’imposta 2005, per la parte riferita alla svalutazione operata nel bilancio dell’esercizio 2003 e non dedotta in tale periodo d’imposta, per effetto del disposto del previgente articolo 61, terzo comma, del Tuir.
Queste le conclusioni cui è giunta l’Agenzia delle entrate nella risoluzione n. 128/E del 9 novembre scorso.

La società Alfa Srl, società con esercizio coincidente con l’anno solare, acquisisce nel 2000 l’intera partecipazione nella società francese Beta, classificandola in bilancio fra le immobilizzazioni finanziarie sino alla successiva cessione, avvenuta nel 2005.
Il 19 aprile 2002, la società francese delibera la distribuzione dell’utile di esercizio e di riserve di utili alla controllante, assoggettandoli a imposizione nella misura del 5 per cento, in ossequio al previgente articolo 96-bis del Tuir.

Nell’esercizio sociale chiuso al 31 dicembre 2002, la società Alfa Srl procede alla svalutazione della partecipazione detenuta nella società francese per un importo pari a 10 milioni di euro (la società francese aveva registrato una perdita d’esercizio 2002 pari a 969mila euro circa, oltre alla distribuzione degli utili e delle riserve di utili).
La svalutazione, pur risultando solo parzialmente soggetta alle limitazioni di deducibilità di cui alla lettera a) dell’articolo 1, comma 1, del Dl n. 209 del 2002, viene integralmente ripresa a tassazione.

Nell’esercizio sociale chiuso al 31 dicembre 2003, la stessa società Alfa Srl procede all’azzeramento del valore della partecipazione, iscrivendo un’ulteriore svalutazione della stessa (la società francese aveva registrato una perdita d’esercizio 2003 pari a 2.124.649 euro).
La svalutazione non è fiscalmente deducibile, in quanto operata prima che l’ultimo bilancio in perdita della società partecipata risulti “regolarmente approvato”.

In data 1° aprile 2005, dopo una ripresa di valore di 3,3 milioni di euro non assoggettata a tassazione, la Alfa Srl cede la partecipazione a un prezzo pari al suo valore contabile, ma con la determinazione di una minusvalenza da realizzo sotto l’aspetto fiscale, pari ai valori della partecipazione civilisticamente annullati, ma fiscalmente non dedotti.

Tutto ciò premesso, la società Alfa chiede se la predetta minusvalenza sia fiscalmente deducibile, nonostante la partecipazione abbia i requisiti per la participation exemption di cui all’articolo 87 del Tuir.
Circa il quantum di deducibilità, il dubbio è se si sia obbligati a riprendere a tassazione, ai sensi del previgente comma 5 dell’articolo 96-bis del Tuir, la minusvalenza realizzata mediante la vendita della partecipazione fino a concorrenza dell’importo degli utili dell’esercizio 2000, percepiti nel corso del periodo d’imposta 2002.
L’istante ritiene che la minusvalenza sia deducibile dal reddito d’impresa per l’intera quota di svalutazione operata nel bilancio dell’esercizio 2002, in ossequio alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 344 del 2003, e che non dovrà essere ripresa a tassazione la minusvalenza realizzata fino a concorrenza degli utili dell’esercizio 2000, percepiti nell’esercizio 2002, a seguito della sopraggiunta abrogazione del comma 5 dell’articolo 96-bis del Tuir.

L’Agenzia delle entrate non condivide la predetta interpretazione, la quale ha come risultato ultimo la deduzione senza vincolo alcuno della minusvalenza relativa a partecipazioni in regime di participation exemption.
I complessi profili che si intrecciano nella vicenda discendono dal congiunto operare delle disposizioni transitorie di cui alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 344 del 2003, e della sopraggiunta entrata in vigore del Dl n. 209 del 2002, con l’abrogazione della disposizione di cui al quinto comma dell’articolo 96-bis del previgente Tuir.

Vediamoli partitamente.
La citata lettera d) così dispone: “Le svalutazioni delle stesse quote o azioni di cui al periodo precedente, riprese a tassazione nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2003 e nel precedente sono deducibili se realizzate entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2003”.
Se, da un lato, è vero che tale norma risponde “all’esigenza di evitare che il cambiamento di regime fiscale delle svalutazioni delle partecipazioni [possa] determinare ingiustificate penalizzazioni”, dall’altro lato, è altrettanto indubbio che “possono assumere rilevanza le svalutazioni delle partecipazioni il cui mancato riconoscimento fiscale negli esercizi 2002 e 2003 è da imputare ai limiti di deducibilità imposti dalle disposizioni allora vigenti”, cioè dagli articoli 61 e 66 del Tuir e dall’articolo 1 del Dl n. 209 del 2002.

In altri termini, se nel 2002 il contribuente – per propria libera scelta – non ha fatto concorrere alla formazione del suo reddito d’impresa la svalutazione della partecipazione operata, il successivo realizzo del valore della partecipazione nel 2005 non legittima alla deduzione della svalutazione a suo tempo non operata.
Il contribuente ha definitivamente perso il diritto alla deduzione della svalutazione di partecipazioni, non potendo applicare la disposizione transitoria.

Infatti, quest’ultima legittima pienamente la deduzione delle “svalutazioni delle partecipazioni la cui rilevanza fiscale è stata rinviata, in applicazione della disciplina previgente, al momento della cessione di tali partecipazioni”.
In questo caso – a differenza del precedente – il contribuente non aveva la facoltà di operare la svalutazione di partecipazioni ai fini fiscali in vigenza della previgente disciplina. Di conseguenza, se nel periodo transitorio si realizza un evento realizzativo del relativo valore, il contribuente avrà il diritto di dedurre anche la quota che non ha potuto dedurre in precedenza.

In conclusione, se per sua libera scelta il contribuente non ha dedotto fiscalmente la svalutazione della partecipazione operata sul piano civilistico, allorché era vigente una legislazione fiscale che consentiva la predetta deduzione, lo stesso non potrà invocare la deduzione allorché non sia più consentito, facendo ricorso a una disposizione transitoria volta a disciplinare esclusivamente i casi di divieto di deduzione ai fini fiscali delle svalutazioni di partecipazioni nei due periodi d’imposta precedenti all’entrata in vigore della nuova disciplina.

Passando alla questione dell’incidenza del comma 5 del previgente articolo 96-bis sull’ammontare di minusvalenza fiscalmente deducibile, il comma 5 così disponeva: “Ai fini degli articoli 61 e 66, le minusvalenze non sono deducibili per la quota eventualmente determinatasi per effetto della distribuzione degli utili che non concorrono a formare il reddito ai sensi del presente articolo”.
Tuttavia, nel 2002, era sopraggiunta la disposizione contenuta nell’articolo 1, primo comma, del Dl n. 209 del 2002, la quale prescriveva che non assumessero rilevanza fiscale le minusvalenze da iscrizione relative a partecipazioni immobilizzate derivanti dalla distribuzione di utili, rinviando la deduzione al momento del definitivo realizzo.
Si poneva, perciò, un problema di coordinamento normativo.

L’Agenzia delle entrate chiarisce in merito che – come ricordato nella circolare 7/E del 2003 – “le disposizioni recate dal decreto legge n. 209 del 2002 hanno integrato quelle contenute negli articoli 96 e 96-bis del TUIR… [non comportando] alcuna abrogazione implicita [del comma 5 dell’articolo 96-bis] …Al contrario, questa ha continuato a trovare applicazione in tutte le ipotesi di svalutazioni di partecipazioni, anche quelle non iscritte in bilancio tra le immobilizzazioni finanziarie”.

Inoltre, a differenza del decreto legge n. 209 del 2002, che ha rinviato la deducibilità delle minusvalenze riprese a tassazione al periodo d’imposta della loro realizzazione, “il comma 5 dell’articolo 96-bis del TUIR ha sancito l’indeducibilità assoluta delle minusvalenze determinate dalla distribuzione di utili che non hanno concorso (nel medesimo periodo d’imposta o in precedenti periodi d’imposta) a formare il reddito della partecipante residente in Italia”.

In altri termini, mentre le disposizioni di cui al Dl n. 209 del 2002 consentivano un differimento della deduzione del valore della partecipazione, civilisticamente svalutato, al momento del definitivo realizzo, il previgente comma 5 dell’articolo 96-bis del Tuir vieta in toto la deduzione del valore della partecipazione. La ragione è presto detta, se solo si pensa che gli utili e le riserve di utili incassate, che legittimano la società controllante a operare la diminuzione di valore delle partecipazioni, non concorrono alla formazione del reddito imponibile nella misura del 95 per cento.

Consentire una deduzione anche differita della minusvalenza significherebbe riconoscere al contribuente un beneficio fiscale contrario alla lettera e allo spirito della legge.
Di qui la naturale conclusione che “l’introduzione del nuovo regime della participation exemption non abbia prodotto alcun effetto penalizzante sulle minusvalenze riprese a tassazione ai sensi del comma 5 del previgente articolo 96-bis del TUIR posto che quest’ultime, anche prima dell’entrata in vigore della riforma, erano da considerare fiscalmente irrilevanti a prescindere dalla loro effettiva realizzazione proprio per evitare la duplicazione del beneficio fiscale in capo alla partecipante residente”.

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