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Attualità

Le novità per i redditi di natura finanziaria

Per la qualificazione della partecipazione, le azioni con voto limitato vanno computate al pari di quelle con diritto di voto pieno per calcolare la percentuale dei diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria

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I redditi diversi genericamente definibili "di natura finanziaria" si suddividono in diverse categorie, tra le quali si rammentano:

  • le plusvalenze realizzate mediante cessione onerosa di partecipazioni qualificate, nonché di diritti o titoli idonei all'acquisizione delle stesse (articolo 67, comma 1, lettera c), Dpr 917/1986)
  • le plusvalenze, assimilate alle prime, realizzate mediante la cessione di strumenti finanziari partecipativi, nonché di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza, oltre i limiti percentuali della "qualificazione" (articolo 67, comma 1, lettera c), Dpr 917/1986)
  • le plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni non qualificate, nonché di diritti o titoli attraverso cui tali partecipazioni possono essere acquisite (articolo 67, comma 1, lettera c-bis, Dpr 917/1986).

La vigente disciplina dei redditi diversi di natura finanziaria, realizzati da soggetti non imprenditori (persone fisiche, oppure - in ambito Ires - enti non commerciali), poggia sui seguenti "capisaldi":

  • cessioni "non qualificate", applicazione dell'imposta sostitutiva del 12,50 per cento
  • cessioni "qualificate", emergono plusvalenze che concorrono al reddito imponibile nella misura del 40 per cento dell'ammontare.

Sul regime fiscale delle plusvalenze inquadrabili tra i capital gain, realizzate da persone fisiche al di fuori dell'attività d'impresa, si è pronunciata la circolare dell'Agenzia delle Entrate 10.12.2004, n. 52 (paragrafi 2.2.1 e 2.2.2).

Apporto di opere o servizi e conferimento non proporzionale
Le problematiche dei conferimenti non proporzionali e dell'apporto di opere o servizi nelle società per azioni possono essere meglio inquadrate premettendo alcune considerazioni.
Secondo l'articolo 2346, comma 4, del codice civile, la società per azioni assegna ordinariamente a ciascun socio un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sottoscritta; l'atto costitutivo può però prevedere un'assegnazione delle azioni secondo criteri non proporzionali.
A norma del comma 6 dello stesso articolo, alla società per azioni è consentita l'emissione degli "strumenti finanziari partecipativi", in virtù dei quali un determinato soggetto, socio o terzo, può apportare a favore della società, una prestazione d'opera o servizi.
A fronte di tale apporto, è emesso uno strumento finanziario, che offre al soggetto apportante un insieme di diritti.
L'emissione di tali tipologie di strumenti è quindi effettuata a fronte di "apporti", e non già di "conferimenti", aventi quale contenuto (non esclusivamente) capitale, ma (anche) opere e servizi.
Nel diritto interno, il puntuale riferimento normativo è costituito dall'articolo 2342, comma 5, del codice civile, che vieta i conferimenti aventi a oggetto prestazioni d'opera o servizi nelle Spa (diversamente, ai sensi dell'articolo 2464, comma 6, c.c., tali conferimenti sono ammessi - a determinate condizioni - per le Srl).

L'articolo 9, comma 2, del Tuir, stabilisce che, nel caso dei conferimenti o degli apporti in società o in altri enti, si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti.
Se le azioni o i titoli ricevuti sono negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e il conferimento o l'apporto è proporzionale, il corrispettivo non può essere inferiore al valore normale determinato secondo il comma 4, lettera a), dello stesso articolo 9 (media aritmetica dei prezzi dell'ultimo mese).
Secondo l'Agenzia delle Entrate, la ratio della disposizione contenuta nel richiamato articolo 9, comma 2, del Tuir, è quella di evitare salti d'imposta che si verificherebbero a seguito del riconoscimento in capo alla società conferitaria dei maggiori valori fiscali dei beni conferiti, tassando tali valori in capo al conferente.
Detta esigenza non si pone se è esclusa la rilevanza, ai fini fiscali, dei maggiori valori iscritti presso la conferitaria.
Sulla base di tali considerazioni, la circolare ritiene pertanto che la disciplina fiscale dettata per i conferimenti non trovi applicazione nell'ipotesi in cui gli apporti abbiano a oggetto opere e servizi, perché in tale evenienza, a fronte dell'emissione di strumenti finanziari partecipativi, la società non iscrive alcun valore nel proprio attivo di bilancio.
Gli strumenti finanziari emessi a fronte dell'apporto di opere e servizi non determinano infatti alcun incremento contabile del patrimonio netto, in forza del divieto della loro imputazione a capitale in virtù dei vincoli posti dalla II direttiva comunitaria (direttiva n. 77/91/Cee del Consiglio del 13.12.1976).
Se si tratta però di strumenti finanziari emessi a fronte di apporto di beni e crediti:

  • se gli stessi sono negoziati nei mercati regolamentati e l'apporto è proporzionale, il corrispettivo non può essere inferiore al valore normale degli strumenti partecipativi determinato in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell'ultimo mese
  • se gli strumenti finanziari sono negoziati nei mercati regolamentati ma il conferimento non è proporzionale, ovvero non sono negoziati nei mercati regolamentati, il corrispettivo è costituito dal valore normale dei beni e dei crediti conferiti.

La differenza tra il corrispettivo così determinato e il costo fiscale dei beni e crediti conferiti costituisce reddito in natura.

Azioni "limitate"
Ai sensi dell'articolo 2351 del codice civile:

  • ogni azione attribuisce il diritto di voto
  • salvo quanto previsto dalle leggi speciali, lo statuto può prevedere la creazione di azioni:
    • senza diritto di voto
    • con diritto di voto limitato a particolari argomenti
    • con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative.

Il valore di tali azioni non può complessivamente superare il 50 per cento del capitale sociale. Secondo quanto affermato nel par. 3.2. della circolare 53/E del 2004, la valenza di tali azioni, ai fini del loro concorso alla soglia di "qualificazione", è subordinata alla verifica dell'effettiva percentuale di diritti di voto da esse globalmente assicurata.
È stato inoltre precisato dall'Agenzia delle Entrate che le azioni con voto limitato sono assimilate a quelle prive del diritto di voto, a meno che consentano l'esercizio del diritto di voto relativamente ad argomenti di importanza tale da renderle validamente computabili al fine della verifica della sussistenza dei requisiti del controllo di diritto.
Secondo la circolare in commento, tali chiarimenti valgono ai soli effetti dell'accesso al consolidato fiscale nazionale, mentre, ai fini della determinazione della qualificazione della partecipazione (in quanto generatrice di redditi diversi di natura finanziaria), le azioni con voto limitato devono essere computate al pari di quelle con diritto di voto pieno per il calcolo della percentuale dei diritti di voto "esercitabili" nell'assemblea ordinaria.

Azioni prive di diritti di voto per cause non legate alla natura del titolo
Le azioni possono essere prive dei diritti di voto per motivi non legati al titolo, ma alla posizione soggettiva dell'azionista (azioni proprie possedute tramite la controllata, omessa comunicazione alla Consob, eccetera).
In relazione a tali titoli, l'Agenzia delle Entrate chiarisce che il criterio per determinare la percentuale dei diritti di voto ai fini della qualificazione della partecipazione si basa sulla possibilità del possessore del titolo di esercitare il diritto di voto nell'assemblea ordinaria, o di acquistare titoli aventi tale diritto (quali diritti di opzione e warrant).
Di conseguenza, in coerenza con le norme civilistiche, ai fini della determinazione della percentuale "utile" dei diritti di voto, si deve tener conto anche delle azioni occasionalmente prive di tale diritto.

Obbligazioni e titoli atipici
I "titoli atipici", assoggettati al trattamento fiscale previsto dall'articolo 5 del decreto legge 30.9.1983, n. 512, convertito dalla legge 25.11.1983, n. 649, sono quelli che non presentano:

  • né i requisiti per essere considerati similari alle azioni, in quanto la relativa remunerazione non è costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente, di società dello stesso gruppo o di un affare
  • né i requisiti per essere considerati similari alle obbligazioni perché, ad esempio, non garantiscono la restituzione del capitale ovvero, pur garantendola, assicurano anche una partecipazione diretta o indiretta alla gestione della società emittente o dell'affare in relazione al quale sono stati emessi.

Sono assimilati alle azioni (indipendentemente dalla loro denominazione formale) anche i titoli obbligazionari, compresi quelli di cui all'articolo 2411, comma 3, del codice civile, la cui remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente, di società dello stesso gruppo o di un affare.
I titoli obbligazionari che assicurano rendimenti commisurati a parametri di natura finanziaria rientrano invece nel novero dei titoli atipici, se non garantiscono la restituzione del capitale versato.

Dividendi da cfc in assenza di interpello favorevole
Se il reddito di una Cfc (controlled foreign company) attribuito al socio italiano, in base all'articolo 167 o 168 del Tuir, è inferiore all'utile distribuito, i dividendi "eccedenti", distribuiti dalla Cfc, continuano a essere tassati secondo i criteri ordinari del Testo unico.
In generale, quindi, essi concorrono in misura integrale alla formazione del reddito imponibile (articolo 47, comma 4, Tuir).
Tali utili non sono tuttavia imponibili fino all'ammontare del reddito della Cfc che è stato imputato al socio italiano ai sensi dell'articolo 167, comma 1, e dell'articolo 168, del Tuir.
Gli stessi utili seguono invece l'ordinario regime di esclusione previsto dagli articoli 47 e 89 del Testo unico se è stata ritenuta valida la dimostrazione, in seguito all'esercizio del diritto di interpello, che dalla partecipazione nelle società estere non si consegue l'effetto di "delocalizzare" i relativi redditi.

Distribuzione di riserve di capitale
A norma del comma 5 dell'articolo 47 del Testo unico, le riserve di capitale ricevute dal socio riducono il costo della partecipazione.
Secondo l'Agenzia delle Entrate, a differenza del caso di opzione per il regime amministrato (in cui si abbatte direttamente il costo medio ponderato della partecipazione), nel regime dichiarativo il contribuente deve imputare la riduzione del capitale in proporzione a ciascuna stratificazione di costo relativo alle partecipazioni interessate.
Tale riduzione esplicherà i propri effetti in sede di determinazione delle plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni stesse.

Recesso tipico del socio: determinazione del costo della partecipazione
Nel caso del recesso "tipico" del socio, fiscalmente disciplinato dall'articolo 47, comma 7, del Tuir, il costo di acquisto "rideterminato" secondo le modalità contenute nell'articolo 5 della legge 28.12.2001, n. 448, può essere utilizzato solamente ai fini del calcolo dei redditi diversi di natura finanziaria di cui all'articolo 67, comma 1, lettere c) e c-bis), del Tuir.
Infatti - a differenza di quanto avviene per il recesso atipico, nel quale si verifica la vera e propria cessione della partecipazione (con acquisto da parte degli altri soci) - nell'ipotesi del recesso tipico, che comporta l'annullamento delle azioni o quote, le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci costituiscono "utile" per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate, e ciò vale anche per la parte di tali eccedenze che derivano da riserve di capitale.
Trattandosi quindi di ipotesi che dà luogo a redditi di capitale, non si può tener conto del costo "rideterminato" anziché del prezzo pagato per le partecipazioni.

Imprenditore individuale: conferimento dell'unica azienda e cessione delle partecipazioni
Secondo l'articolo 175, comma 4, del Tuir, alla cessione di partecipazioni ricevute a seguito del conferimento dell'unica azienda da parte dell'imprenditore individuale, si applicano le disposizioni degli articoli 67, comma 1, lettera c), e 68, del Tuir.
A differenza di quanto era previsto nel testo ante - riforma, è ora stabilito che la tassazione avvenga comunque secondo il regime dei capital gain, anche se la cessione delle partecipazioni si verifica nel corso del triennio successivo al conferimento.
Alla luce delle disposizioni generali relative all'entrata in vigore della riforma e delle regole in materia di capital gain, l'Agenzia delle Entrate ritiene che l'articolo 175, comma 4, del Tuir, sia applicabile alle plusvalenze percepite a decorrere dall'1.1.2004, anche se le partecipazioni sono state ricevute a seguito di un conferimento effettuato ai sensi del Dlgs 358/1997.

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