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Attualità

Operazioni agevolate e depositi fiscali (2)

Beni di provenienza comunitaria, consignment stock, altre operazioni

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L'introduzione di beni comunitari in un deposito fiscale ai fini Iva può essere effettuata o da un soggetto passivo nazionale che ha acquistato i suddetti beni da un Paese Ue oppure da un operatore comunitario il quale li introduce in un deposito Iva in attesa di una loro destinazione; in quest'ultimo caso, ai fini degli adempimenti relativi all'introduzione, basta nominare un rappresentante fiscale cosiddetto "leggero" ossia con obblighi ridotti (obbligo di fatturazione e presentazione dei modelli Intrastat).

Operazioni di introduzione di beni comunitari...
...da parte di soggetto passivo nazionale

Il quarto comma, lettera a), dell'articolo 50-bis del decreto legge 331/93, dispone che gli acquisti intracomunitari di beni, eseguiti mediante introduzione in un deposito Iva, sono effettuati senza il pagamento dell'imposta.
Ciò significa che quando l'operatore italiano riceve dal proprio fornitore comunitario la relativa fattura, questa si dovrà integrare richiamando, quale titolo di non assoggettamento, l'articolo 50-bis, dopodiché la stessa andrà annotata nel registro Iva acquisti senza applicazione dell'imposta. Inoltre, si dovrà presentare il modello Intra 2 bis sia agli effetti fiscali che statistici.
Per introdurre i beni oggetto di acquisto intracomunitario nel deposito Iva, infine, si dovrà consegnare al depositario copia della fattura appositamente integrata in modo che la stessa sia annotata sul registro di carico delle merci da parte dello stesso depositario.

...da parte di soggetto passivo comunitario
Il soggetto comunitario deve nominare un proprio rappresentante fiscale che può essere anche lo stesso depositario o altro operatore; ovviamente, il depositario potrà solo assumere la veste di rappresentante "leggero", così come previsto al comma 7 dello stesso articolo 50-bis.
I beni dunque vengono introdotti nel deposito con fattura intestata al rappresentante italiano dell'operatore comunitario. Lo stesso rappresentante dovrà compilare il modello Intra 2 bis sia per la parte fiscale che per quella statistica.

...in base a contratto di consignment stock
Il contratto di consignment stock, ampiamente diffuso nel commercio internazionale, prevede, per il venditore, il trasferimento della merce presso un deposito del cliente (che ha l'esclusiva dell'acquisto), il quale diventa proprietario della merce solo nel momento e per le quantità che preleva periodicamente.
La fornitura dei beni ha effetti reali differiti e di conseguenza il fornitore mantiene il diritto di proprietà dei beni stessi fino a quando si verifichi, in via del tutto eventuale, la condizione sospensiva rappresentata dal prelievo operato dal depositario in forza dell'accennata clausola contrattuale di esclusiva per l'acquisto.
In relazione all'ipotesi di consignment stock, lo stesso articolo 50-bis, comma 2, ultimo periodo, riconosce una particolare tipologia di deposito Iva in cui il destinatario finale dei beni si identifica con lo stesso depositario.
La risoluzione n. 44/E del 10/4/2000 precisa, inoltre, che l'introduzione di beni in un deposito fiscale realizza il contratto di consignment stock solo ed esclusivamente se il deposito è intestato al medesimo acquirente ossia vi deve essere identificazione tra titolare del deposito Iva e soggetto (acquirente finale) che procede all'estrazione dei beni. L'acquirente nazionale, dunque, che intende istituire un deposito fiscale "in proprio", deve chiedere l'autorizzazione alla direzione regionale delle Entrate (si veda la prima puntata). Al momento dell'arrivo della merce, che sarà accompagnata da un documento di consegna emesso dal fornitore comunitario, il depositario-acquirente la prenderà in carico sul registro di cui al comma 3 dell'articolo 50-bis, senza compilare il modello Intra 2 bis.

Operazioni di estrazione di beni di provenienza comunitaria
Se l'estrazione dei beni dal deposito fiscale avviene da parte dello stesso soggetto che li aveva precedentemente introdotti a seguito di acquisto intracomunitario, non si dovrà emettere autofattura, bensì integrare, entro 15 giorni dall'estrazione, la fattura originaria con l'Iva dovuta, annotandola sia nel registro Iva vendite che il quello degli acquisti.

L'integrazione della fattura è prevista anche nel caso di estrazione di beni oggetto di precedente acquisto, anche intracomunitario, all'interno del deposito (acquisto effettuato senza pagamento dell'imposta) da parte del soggetto che procede all'estrazione (comma 6, ultima parte, dell'articolo 50-bis).
Come chiarito dalla risoluzione n. 113/E del 22/5/2003, "in altri termini il soggetto che acquista beni giacenti in un deposito Iva da un altro soggetto comunitario, all'atto di tale acquisto dovrà procedere alla annotazione nel registro Iva degli acquisti della fattura ricevuta dal proprio fornitore senza applicazione dell'imposta".
Entro quindici giorni dall'estrazione, il soggetto interessato dovrà integrare con l'indicazione dell'imposta dovuta la fattura di cui sopra e annotare la relativa imposta, quale variazione in aumento, nel registro di cui all'articolo 23 del Dpr 633/72 (registro delle fatture emesse). Nel registro di cui all'articolo 25 del Dpr 633/72 (registro degli acquisti) sarà annotata la variazione corrispondente pari all'importo di detta imposta.
Il risultato contabile delle descritte registrazioni conduce all'evidenziazione dell'imposta dovuta, assicurando, nel contempo, la neutralità fiscale dell'operazione per il soggetto acquirente.
Peraltro, se nel periodo intercorrente tra l'acquisto e l'estrazione i beni sono stati oggetto di lavorazione (in sostanza è stato aggiunto valore ai medesimi), il soggetto che procede all'estrazione dovrà annotare la corrispondente variazione in aumento sia nel registro di cui all'articolo 23 che nel registro di cui all'articolo 25 del Dpr 633/72, in analogia a quanto precisato nella risoluzione n. 198/2000 (si veda la prima puntata).

Per quanto riguarda il contratto di consignment stock, l'acquisto intracomunitario si realizza all'atto dell'estrazione dei beni dal deposito Iva, coincidente col prelievo periodico effettuato dal depositario-acquirente, e comporta, per quest'ultimo, l'obbligo di comunicare al fornitore la quantità dei beni prelevati e di integrare la fattura ricevuta per assoggettare a imposta l'acquisto intracomunitario. Ovviamente, la fattura si dovrà annotare secondo le disposizioni degli articoli 46 e seguenti del decreto legge 331/1993, e si dovrà compilare il modello Intra 2 bis sia ai fini fiscali che statistici (che non si era compilato al momento dell'introduzione dei beni nel deposito).

Cessione intracomunitaria di beni con introduzione in depositi Iva
Ai sensi della lettera c), comma 4, articolo 50-bis, del decreto legge 331/93, le cessioni di beni, eseguite nei confronti di soggetti passivi Ue, con introduzione in un deposito Iva, sono effettuate senza il pagamento dell'imposta.
In pratica, i beni venduti al cessionario comunitario ma non inviati in altro Stato membro, bensì introdotti in un deposito Iva, non realizzano una cessione intracomunitaria non imponibile.
Pertanto, per tale cessione non deve essere compilato il modello Intra 1 bis.
Al momento dell'estrazione dal deposito, effettuato dal rappresentante fiscale del cessionario comunitario, si applicherà il regime Iva in relazione alla destinazione dei beni.

La risoluzione n. 66/E del 15/5/2001 ha precisato che, se la cessione dei beni mediante introduzione viene effettuata nei confronti del rappresentante fiscale dell'acquirente comunitario, non si può far ricorso alla disposizione agevolativa prevista dalla lettera c) del citato articolo 50-bis, in quanto verrebbe a mancare il rapporto diretto tra cedente nazionale e acquirente comunitario.
La cessione effettuata nei confronti di un rappresentante fiscale di un operatore comunitario, infatti, realizza una cessione interna che, in quanto tale, per godere del non assoggettamento a Iva al momento dell'introduzione, deve riguardare i beni compresi nella tabella A-bis allegata al decreto legge 331/93, beni trattati normalmente in apposite borse merci (lettera d), comma 4, articolo 50-bis, decreto legge 331/93).

Cessioni di beni senza estrazione
Le cessioni di beni custoditi in un deposito Iva, cioè senza che gli stessi vengano estratti, sono effettuate senza pagamento dell'imposta (lettera e), comma 4, articolo 50-bis, decreto legge 331/93).
Tale disposizione non è soggetta ad alcuna limitazione, per cui non rileva se i cedenti o i cessionari siano soggetti nazionali, comunitari o extracomunitari.
Il cedente nazionale emetterà fattura indicando il titolo di non assoggettamento a Iva (articolo 50-bis, comma 4, lettera e), decreto legge 331/93); ovviamente, tale cessione incrementa il volume d'affari ma non crea plafond.
L'acquirente nazionale che acquista beni da soggetto estero che non si sia identificato direttamente né abbia nominato un rappresentate fiscale, deve emettere autofattura ai sensi dell'articolo 17, comma 3, Dpr 633/72, senza applicazione dell'imposta, ma indicando il titolo di esclusione dall'Iva (lettera e), comma 4, articolo 50-bis citato).
Non vige alcun obbligo per le operazioni intercorrenti tra soggetti esteri, senza rappresentante fiscale in Italia, anche se le stesse devono essere comunque comunicate, tramite documentazione, al depositario. Quest'ultimo, infatti, deve essere sempre in grado di poter seguire le transazioni intervenute, conservando copia delle fatture italiane o dei documenti esteri già annotati nel registro di cui all'articolo 50-bis comma 3.

Cessioni di beni estratti da deposito Iva con spedizione all'estero
Alle lettere f) e g) del comma 4 dell'articolo 50-bis del decreto legge 331/93 sono richiamate le operazioni di cessione intracomunitaria e all'esportazione di beni estratti da un deposito Iva.
Entrambe le cessioni risultano non imponibili (ai sensi dell'articolo 41 del decreto legge 331/93, se intracomunitarie, ovvero ai sensi dell'articolo 8 del Dpr 633/72, se cessioni all'esportazione) e, di conseguenza, le stesse concorrono alla formazione del plafond per gli esportatori abituali.
Tali operazioni di estrazione possono essere adempiute anche da un rappresentante "leggero".
Ovviamente, se si tratta di cessione intracomunitaria, andrà compilato il modello Intra 1 bis.

Prestazioni di servizi su beni custoditi in depositi Iva
Tutte le prestazioni di servizi, comprese quelle di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in depositi Iva, si considerano non assoggettate a Iva (lettera h), comma 4, articolo 50-bis, decreto legge 331/93).
Tale agevolazione non è soggetta ad alcun limite, anzi, le stesse prestazioni possono essere eseguite, su disposizione della medesima norma, anche in "locali limitrofi", purché di durata non superiore ai sessanta giorni.
Per "locali limitrofi", il ministero delle Finanze, intervenendo sull'argomento con la risoluzione n. 149/E del 2/10/2000, intende "i locali che pur non costituendo parte integrante del deposito sono a questi funzionalmente e logisticamente collegati in un rapporto di contiguità e comunque rientranti nel complesso aziendale del depositario, qualunque sia il titolo di detenzione, con esclusione, in ogni caso, di locali gestiti da soggetto diverso dal depositario".

Trasferimento di beni da un deposito Iva all'altro
La lettera i), comma 4, dell'articolo 50-bis, decreto legge 331/93, dispone che beneficiano del regime di non applicazione dell'Iva i passaggi di beni da un deposito Iva ad altro deposito Iva.
Tale disposizione si spiega col fatto che non si è in presenza di una vera e propria estrazione e, pertanto, occorre solo un documento di passaggio, che andrà annotato dai due gestori nei registri di cui al comma 3 dell'articolo 50-bis citato.

2 - fine. La prima puntata è stata pubblicata martedì 22
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