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Attualità

Le operazioni straordinarie e il contratto di locazione finanziaria (1)

Il discrimine tra elusione e lecite scelte imprenditoriali

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Cenni introduttivi
Con la diffusione, due decenni or sono, di una serie di contratti atipici quali il leasing, il sale and lease-back e il factoring, a fronte degli indubbi vantaggi applicativi e commerciali fruiti a livello imprenditoriale, sono inevitabilmente sorte nuove possibilità di applicazione distorta della normativa, meramente volte a ottenere indebiti vantaggi fiscali.
Una di esse era insita nella cessione del contratto di leasing.
Si era diffusa la prassi di cedere i contratti di leasing a un corrispettivo dichiarato molto inferiore al valore di mercato della posizione contrattuale (e, naturalmente, al corrispettivo realmente conseguito). Il contratto veniva, infatti, ceduto in prossimità della scadenza, costituendo - perlomeno a livello economico - l'equivalente della cessione del bene locato, che dopo poche rate finali diveniva di proprietà del cessionario del contratto.

Come noto, anche beni soggetti a rapida obsolescenza mantengono, al termine del contratto di leasing, un valore di mercato non meramente simbolico (si pensi, ad esempio, alle autovetture di grossa cilindrata(1) e al relativo mercato dell'usato(2)).
Il legislatore del Dpr 917/1986 ha quindi previsto, all'ultimo comma dell'articolo 55 (oggi articolo 88), una norma che, in caso di cessione del contratto, offre rilevanza reddituale al valore normale del bene locato, anziché al corrispettivo pattuito tra le parti(3).
Il componente positivo di reddito viene qualificato dal legislatore come sopravvenienza attiva, nonostante l'equiparazione ravvisabile - come già precisato, solo a livello economico - tra la vendita del bene e la cessione del relativo contratto di leasing in prossimità delle ultime rate.
Essa sembra speculare all'equiparazione che, a livello tributario, la stessa Amministrazione finanziaria ha ritenuto talvolta sussistente tra l'acquisizione di un bene in proprietà e quella in leasing(4).
La classificazione del componente positivo come sopravvenienza attiva era naturalmente motivata dall'utilizzo quasi esclusivo, tra i metodi di rilevazione in bilancio, del cosiddetto metodo patrimoniale, caratterizzato dalla mera imputazione dei canoni di leasing nel conto economico del locatario(5), che non iscriveva il bene all'attivo del proprio stato patrimoniale (come invece prevede il cosiddetto metodo finanziario, oggi imposto dagli Ias).

La norma in esame (articolo 88, comma 5) non risulta correttamente applicabile se a essa non viene affiancata una rilevante precisazione ministeriale, ovvero che al valore normale redditualmente rilevante andrà sottratto l'ammontare dei canoni residui che debbono essere corrisposti per acquistare la proprietà del bene (circolare ministeriale n. 108/96, par. 6.11).
Più dettagliatamente la prassi citata ha precisato che "ai fini della determinazione della sopravvenienza attiva da assoggettare a tassazione detto valore normale non può che essere assunto al netto dei canoni relativi alla residua durata del contratto e del prezzo stabilito per il riscatto, che dovranno essere pagati dal cessionario in dipendenza della cessione, attualizzati alla data della cessione medesima".

Le operazioni straordinarie e il contratto di leasing
L'articolo 88, comma 5, del Tuir trova applicazione nel caso di cessione del contratto di leasing (regolata, per gli aspetti civilistici, dall'articolo 1406 c.c.).
Quando, invece, oggetto della cessione o del trasferimento non sia un singolo contratto, ma una universalità di rapporti giuridici, si ritiene che la norma non possa operare.
E' questo il caso, principalmente, della cessione e del conferimento d'azienda, oltre che della scissione.
Nelle prime due fattispecie l'imprenditore commerciale intende, con un atto di gestione straordinaria, cedere un'azienda, definita dal codice civile come il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa (articolo 2555 c.c.). Se la presenza di beni appare essenziale, ordinariamente l'azienda si considera composta anche dagli ulteriori rapporti giuridici correlati.

A tale proposito, sono necessarie alcune precisazioni in merito alla ricomprensione del contratto di leasing nel complesso aziendale.
L'azienda, come tradizionalmente precisa la Corte di cassazione, costituisce una "universitas rerum, comprendente cose corporali (mobili ed immobili), cose immateriali, rapporti giuridici di lavoro con il personale, debiti e crediti con la clientela, elementi, questi, unificati tutti dalla volontà del titolare, e cioè in senso funzionale, dalla destinazione ad un fine comune" (Cass. civ. n. 2714/1966).
Anche autorevole dottrina riconosce come parte dell'azienda non solo i beni, mobili o immobili, materiali o immateriali, ma anche i diritti di credito e, in generale, "anche gli elementi passivi, quali le obbligazioni assunte per l'esercizio dell'impresa"(6).

A ciò si aggiunga che altre pronunzie giurisprudenziali hanno chiarito che "l'azienda non comporta la proprietà in capo ad uno stesso soggetto degli elementi che concorrono a formarla, secondo quanto avviene nell'universalità di fatto, ma ne consente l'appartenenza ad altri soggetti..." (Cass. civ. n. 4259/80) "... purché il titolare ne possa disporre in base ad un titolo che gli consenta di destinarli al servizio dell'azienda" (Cass. civ. n. 3167/71).
E' evidente che tra questi rapporti giuridici può ben collocarsi un contratto di leasing, e che esso, nell'ambito di un'operazione straordinaria inerente l'azienda, non dovrebbe acquistare autonoma rilevanza né ai fini civilistici, né ai fini fiscali, ove dotato dall'imprenditore di unitaria destinazione produttiva assieme agli altri componenti.
Altrettanto si può affermare, a maggior ragione, nel caso di un'operazione fiscalmente neutra quale la scissione societaria, che per questa sua caratteristica risulta l'istituto più utilizzato per il trasferimento di comparti aziendali, usualmente a favore di società neo-costituite.

Operazioni straordinarie ed elusione
Tanto premesso, debbono anche essere considerati gli eventuali aspetti patologici dei negozi sopra descritti, che importano il trasferimento di titolarità di una "universitas rerum"; essi, infatti, potrebbero venire realizzati al solo fine di evitare l'applicazione dell'articolo 88, comma 5, Tuir.
A tale proposito, la recente sentenza della Cassazione civile, sez. trib., del 27/6/2003, n. 10216, ha escluso, confermando e richiamando l'impugnata sentenza di merito, che si potesse parlare di cessione d'azienda nel caso del trasferimento di "alcuni contratti di leasing relativi a beni mobili, immobili e mobili registrati" che non costituivano, complessivamente considerati, "un compendio di beni materiali, con il contesto di relazioni commerciali e rapporti giuridici inerenti, sottostanti e conseguenti al complesso di tutta l'attività svolta dalla società venditrice...".

Più in generale, elementi indicatori dell'intento di evitare l'applicazione dell'articolo 88, comma 5, potrebbero essere, specie se ravvisati contemporaneamente:

  • il notevole valore del bene detenuto in locazione finanziaria rispetto al valore degli altri beni o rapporti giuridici. Si consideri comunque che talvolta il valore del bene, nel caso ad esempio di leasing relativo all'immobile in cui è sita la sede produttiva, non potrà assurgere a criterio indicatore
  • l'eterogeneità del bene rispetto agli altri beni e diritti, tanto da far pensare alla mancanza di un comune vincolo di destinazione (peraltro necessario per il trasferimento d'azienda)
  • il valore di stima o il corrispettivo (riferibili al contratto di leasing) sensibilmente inferiori a quello di mercato (sempre tenendo conto dei canoni residui necessari per l'acquisto della proprietà, e dell'ulteriore deprezzamento del bene fino all'acquisto)
  • il ristretto ambito temporale tra l'operazione straordinaria e la scadenza del contratto
  • il modesto ammontare delle rate residue
  • il modesto grado di obsolescenza del bene.

Si osserva comunque che, già da alcuni decenni, la giurisprudenza di legittimità ha precisato che "perché possa ritenersi sussistente un'azienda quale necessario fattore strumentale dell'impresa, non occorre una organizzazione complessa e notevole di mezzi, essendo la dimensione dell'organizzazione stessa rilevante solo per stabilire se il suo titolare sia un imprenditore normale o un piccolo imprenditore" (Cass. civ. n. 1516/1973).
Di conseguenza, il trasferimento di un contratto di leasing nell'ambito di una cessione o conferimento d'azienda, unitamente a pochi altri beni e diritti caratterizzati da una destinazione comune, potrebbe non rispondere necessariamente a logiche elusive.

Ove l'operazione analizzata rivelasse un intento elusivo, l'Amministrazione finanziaria potrebbe, come noto, disconoscerne la veste formale applicando l'articolo 37-bis del Dpr 600/1973 (la cosiddetta "norma antielusiva" del nostro ordinamento), considerando realizzata, ai fini fiscali, una vera e propria cessione del contratto di leasing.
A tale proposito, si dovranno verificare i presupposti richiesti dalla norma, ovvero l'operazione contestata:

  • dovrà rientrare tra quelle indicate nell'articolo 37-bis citato
  • sarà diretta ad aggirare obblighi o divieti previsti dall'ordinamento (nel caso in esame, l'articolo 88, comma 5, del Tuir)
  • tenderà a perseguire un risparmio d'imposta disapprovato dall'ordinamento (individuabile in re ipsa)
  • sarà priva di valide ragioni economiche.

Quest'ultimo requisito costituisce il vero oggetto del contendere tra il contribuente, che invoca la libertà delle scelte imprenditoriali, e l'Amministrazione finanziaria.


1 - continua. La seconda puntata sarà pubblicata lunedì 12


NOTE:
1) La dottrina ritiene che, per i componenti negativi a deducibilità limitata (come quelli relativi ai mezzi di trasporto di cui all'articolo 164 del Tuir), l'articolo 88, comma 5, del Tuir si applichi nel senso che la sopravvenienza generata sia imponibile in proporzione alla quota del canone effettivamente dedotta.

2) Spesso il mercato dell'usato che si alimenta dalle società di leasing o dagli utilizzatori che hanno riscattato il bene riguarda autoveicoli immatricolati da soli quattro-cinque anni.

3) Si osserva, peraltro, che ai fini Iva la base imponibile è invece costituita dal corrispettivo dovuto al cedente secondo le condizioni contrattuali, come precisa l'articolo 13 del Dpr 633/72.

4) Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 90 del 17/10/2001, par. 3.2.1, che evidenzia come "il criterio di tendenziale equivalenza tra l'acquisizione o realizzazione del bene in proprio e quella effettuata tramite contratto di leasing" è stato "espresso nella relazione ministeriale al decreto legge n. 414/89, (e) reiterato con il D.L. n. 90/90, recante modifiche all'art. 67 del TUIR".

5) A tale proposito, cfr. D.CIGNA, La cessione del contratto di leasing, in FISCOoggi del 25/7/2005.

6) A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova 1991, pag. 317.


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