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Attualità

Le operazioni in valuta estera (2)

Dal diritto civile a quello tributario tutto ciò che c’è da sapere sulle novità che caratterizzano la materia a seguito dei recenti interventi legislativi

Le imprese che operano sui mercati esteri si trovano frequentemente di fronte al problema della valorizzazione delle operazioni di acquisto e di vendita espresse in valuta diversa da quella che ha corso legale nello Stato di appartenenza. In questa seconda puntata l’attenzione si focalizza sulla normativa civilistica vigente dal 1° gennaio 2004 alla luce dell’approvazione delle nuove regole in materia di diritto societario e sui principi contabili internazionali che disciplinano la conversione delle poste di bilancio in valuta estera.

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La disciplina civilistica vigente dal 1° gennaio 2004
A seguito dell’approvazione delle nuove norme in materia di diritto societario con il decreto legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003, è stato introdotto nell’articolo 2426, comma 1, il n. 8-bis, concernente i criteri di valutazione, che, nell’attuale versione così come modificata dall’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 310 del 28 dicembre 2004, prevede che "le attività e le passività in valuta, ad eccezione delle immobilizzazioni, devono essere iscritte al tasso di cambio a pronti alla data di chiusura dell'esercizio ed i relativi utili e perdite su cambi devono essere imputati al conto economico e l'eventuale utile netto deve essere accantonato in apposita riserva non distribuibile fino al realizzo. Le immobilizzazioni materiali, immateriali e quelle finanziarie, costituite da partecipazioni, rilevate al costo in valuta devono essere iscritte al tasso di cambio al momento del loro acquisto o a quello inferiore alla data di chiusura dell'esercizio se la riduzione debba giudicarsi durevole".
Inoltre l’articolo 2427, comma 1, punto 6-bis prevede che nella nota integrativa siano indicati eventuali effetti significativi delle variazioni dei cambi valutari verificatesi successivamente alla chiusura dell’esercizio. Pertanto, con la riforma del diritto societario, si è intervenuto su due aspetti:
- ampliamento del raggio d’azione della norma che comprende sia le attività che le passività in valuta, comprese le attività non monetarie;
- irrilevanza dell’esistenza di eventuali operazioni per la copertura del rischio di cambio.
In sintesi, dal punto di vista operativo, a livello civilistico le imprese devono procedere nel seguente modo:
- le attività e le passività in valuta durante il corso dell’esercizio devono essere rilevate al cambio storico ma a fine esercizio devono essere valutate al cambio della data di chiusura dell’esercizio;
- non è ammessa la gestione del rischio di cambio mediante accantonamento al fondo di copertura dei rischi di cambio;
- le perdite e gli utili su cambio (derivanti dal confronto tra il cambio a pronti alla data di chiusura dell’esercizio e il cambio corrente alla data in cui è stata compiuta l’operazione) vanno rilevati separatamente senza alcuna compensazione tra loro.
Per meglio comprendere tale metodologia, è utile ricorrere a una esemplificazione.
Si supponga che una società operante con l’estero abbia intrattenuto rapporti commerciali con imprese residenti in quattro distinti Paesi (per semplicità Paese A, Paese B, Paese C e Paese D) in ognuno dei quali vige una moneta diversa e precisamente:
- Paese A: dollaro;
- Paese B: yen;
- Paese C: franco svizzero;
- Paese D: sterlina.Durante il 2004, la predetta società ha contabilizzato operazioni di acquisto e di vendita espresse in tali valute da cui sono scaturiti i seguenti crediti e debiti:
- crediti in dollari: 800;
- crediti in yen: 2.500;
- debiti in franchi svizzeri: 2.000;
- debiti in sterline: 1.800


Si supponga che i tassi di cambio contro euro siano i seguenti:



I valori convertiti in euro ammontano, dunque, a:


Da ciò derivano i seguenti utili e perdite su cambi:


Le scritture contabili sono le seguenti:



Nel C.E. (conto economico) alla voce C.17-bis verrà indicato soltanto l’utile netto (pari a 684,09) che, in sede di approvazione del bilancio d’esercizio e conseguente destinazione dell’utile, deve essere accantonato in una apposita riserva non distribuibile fino al realizzo delle perdite
Principi contabili internazionali
Il principio contabile internazionale (IAS) n. 21 che si occupa della conversione delle poste di bilancio in valuta estera prevede di convertire tutti gli elementi monetari in valuta estera al cambio di fine esercizio e di riconoscere gli utili e le perdite di conversione nel conto economico. Tale modalità determina la sostanziale irrilevanza nel bilancio delle variazioni di cambio intervenute dopo la chiusura dell’esercizio. In particolare, il paragrafo 21 del predetto IAS dispone che "un’operazione in valuta estera deve essere registrata, al momento della rilevazione iniziale nella valuta funzionale, applicando all’importo in valuta estera il tasso di cambio a pronti tra la valuta funzionale e la valuta estera in vigore alla data dell’operazione".
Il successivo paragrafo 23 stabilisce che "a ogni data di riferimento del bilancio:
(a) gli elementi monetari in valuta estera devono essere convertiti utilizzando il tasso di chiusura;
(b) gli elementi non monetari che sono valutati al costo storico in valuta estera devono essere convertiti usando il tasso di cambio in essere alla data dell’operazione;
(c) gli elementi non monetari che sono valutati al fair value (valore equo) in una valuta estera devono essere convertiti utilizzando i tassi di cambio alla data in cui il fair value (valore equo) era stato determinato".


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