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Attualità

I paradisi fiscali, ruolo positivo nell’economia globale

A evidenziarlo il Rapporto "Tax havens, tax competition and economic performance" di CF&P, organizzazione privata Usa

Gli effetti benefici prodotti sarebbero ravvisabili in un incremento degli investimenti e in una riduzione delle aliquote fiscali della tassazione delle società e delle persone fisiche. In sostanza le operazioni di "profit shifting" non dovrebbero essere considerate negativamente. Il 14 giugno 2006 è stato pubblicato dal Center for Freedom and Prosperity (CF&P), organizzazione privata statunitense che si occupa di promuovere l'iniziativa imprenditoriale e di sostenenere la competitività, un Report dal titolo "Tax havens, tax competition and economic performance". Nonostante non provenga da una fonte "autorevole" in senso stretto si basa su argomentazioni scientifiche documentate. I risultati dell'analisi sono decisamente in controtendenza rispetto alle tradizionali posizioni assunte dall’Ocse sull’argomento. Come noto infatti l’Ocse nel Rapporto "Harmful tax competition: an emerging global issue" del 1998 ha individuato dei Paesi classificabili come "tax havens" e come "preferential tax regimes" sulla base di alcuni criteri.

I criteri di riferimento nel Report 1998
Per i paradisi fiscali i fattori determinanti sono: tassazione nulla o puramente nominale del reddito; mancanza di un effettivo scambio di informazioni; mancanza di trasparenza e di requisiti che attestino lo svolgimento di attività economiche effettive. Per ciò che concerne i regimi fiscali potenzialmente dannosi il Report del 1998 adotta i seguenti criteri identificativi: aliquote fiscali molto ridotte o addirittura pari a zero; presenza di agevolazioni a favore di investitori esteri (ring-fencing) che possono concretizzarsi nell’esclusione da tali benefici dei contribuenti residenti o nell’impossibilità per le imprese che godono di tali agevolazioni di operare nel mercato locale; mancanza di trasparenza e di un adeguato scambio di informazioni.

Le raccomandazioni dell’Ocse

Poiché i comportamenti posti in essere da tali Stati comportano una evidente erosione della base imponibile a detrimento degli Stati a fiscalità ordinaria attraverso lo spostamento di utili in "low tax jurisdictions" e l’impossibilità di garantire una "fair competition" tra Stati, l’Ocse ha sottolineato la necessità di contrastare il ricorso da parte dei contribuenti a operazioni con paradisi fiscali. Le raccomandazioni contenute nell’ultima parte del Report contengono, tra l’altro, un invito agli Stati membri ad adottare opportune normative di contrasto; infatti con riferimento alle "Reccomendations concerning domestic legislation and practices" l’Ocse relativamente alla normativa Cfc stabilisce che "that countries that do not have such rules consider adopting them and that countries that have such rules ensure that they apply in a fashion consistent with the desirability of curbing harmful tax practices". L’Italia ha recepito tale indicazione con l’introduzione dell’articolo 167 del Tuir secondo cui "se un soggetto residente in Italia detiene, direttamente e indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di una impresa, di una società o di altro ente, residente o localizzato in Stati o territori con regime fiscale privilegiato, i redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato sono imputati, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto estero partecipato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute. Tali disposizioni si applicano anche per le partecipazioni in soggetti non residenti relativamente ai redditi derivanti da loro stabili organizzazioni assoggettati ai predetti regimi fiscali privilegiati".
Le conclusioni del Report di CF&P
Come già accennato all’inizio, il Rapporto "Tax Havens, Tax Competition and Economic Performance" si basa su conclusioni diametralmente opposte, sostenendo che i paradisi fiscali, lungi dal rappresentare una concorrenza "unfair", giocano un ruolo positivo nell’economia globale: "economic research indicates that so-called tax havens provide a tax-efficient platform for cross-border investments, help boost saving and investment, and thus increase a global economic growth. Tax havens also encourage good policy in non-havens countries". Gli effetti benefici prodotti dai paradisi fiscali per l’economia mondiale sarebbero ravvisabili in un incremento degli investimenti e in una riduzione delle aliquote fiscali della tassazione delle società  e delle persone fisiche. In sostanza le operazioni di "profit shifting" non dovrebbero essere considerate negativamente, anzi lo sfruttamento del differenziale tra i vari livelli di tassazione, orienta positivamente le scelte di investimento delle società.

Una posizione minoritaria
Questo Report può essere considerato l’espressione di una posizione sicuramente minoritaria, dato che recentemente l’Ocse con la pubblicazione del Report "Tax co-operation: towards a global level playing field" ha ribadito la necessità di porre in essere un processo di convergenza che assicuri una competizione leale tra Stati e che garantisca un adeguato scambio di informazioni tra Amministrazioni finanziarie e "financial center".
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