Petrolio, Sarkozy propone all’Fmi un’imposta globale
I profitti delle multinazionali possono aiutare il fisco. Un progetto simile era stato lanciato da Ségolène Royal in campagna elettorale
Un freno ai profitti, un freno ai prezzi
A convincere il presidente francese della necessità impellente di una nuova imposta globale sull’oro nero è stata la recente pubblicazione dei dati relativi ai profitti da record conseguiti dalle multinazionali del petrolio. In particolare la Total, la maggiore tra le compagnie francesi attive sul mercato del greggio, ha presentato riguardo l’ultimo trimestre del 2007 un volume di profitti di 3,6 miliardi di euro, ovvero il 62 per cento in più rispetto a quanto registrato l’anno passato nel medesimo periodo. La Royal Dutch Shell, la più grande tra le compagnie a livello europeo, per gli ultimi 3 mesi del 2007 ha esibito profitti per oltre 5 miliardi di euro. Questi indicatori contabili, dunque, significano che il business del petrolio non tiri in ballo esclusivamente Medio Oriente e Stati Uniti, ma veda fra i protagonisti anche l’Europa.
Ma l’America non sta a guardare
Anche negli Usa, naturalmente, la rincorsa dei prezzi che ha caratterizzato nell’anno passato il mercato del greggio ha contribuito a far schizzare in avanti i profitti delle compagnie petrolifere. La Exxon Mobil, per esempio, ha chiuso il 2007 con oltre 27 miliardi di euro netti. Si tratta d’un vero e proprio primato storico nel settore della Corporate America. Un record questo, peraltro, che non ha fatto sobbalzare dalla poltrona troppi esperti e analisti, poiché, riguardo all’oro nero, gli Stati Uniti sono "abituati" a stabilire primati. Basti pensare che dal 1977 al 2004, secondo gli ultimi dati elaborati dai centri di ricerca statunitensi e dall’Amministrazione fiscale federale di Washington, le multinazionali del petrolio hanno incassato 428 miliardi di euro di profitti netti, versando però 352 miliardi di euro al fisco. Ma il dato che più colpisce, e forse indispettisce, soprattutto i contribuenti statunitensi, è che nel medesimo periodo circa mille miliardi di euro sono stati sborsati dai cittadini per il versamento dell’imposta sulle accise, riscossa puntualmente ogni volta che si sono recati al distributore di benzina.
Da Ségolène a Nicolas, ora tocca a Dominique
La curiosità ora è forte e si sprecano le ipotesi su come la proposta di Nicolas Sarkozy potrà essere valutata dal numero uno del Fondo monetario internazionale. Dominique Strauss-Kahan ha ancora alcuni mesi di tempo. Finora, soltanto una cosa è già certa: l’idea di una imposta sulle multinazionali del petrolio era stata già avanzata ed elaborata durante la campagna elettorale dalla candidata socialista all’Eliseo, Ségolène Royal. L’unica differenza è che mentre la Royal l’aveva presentata con un confine geografico ben delimitato, ovvero applicabile soltanto sulle compagnie francesi, Sarkozy ora la rilancia come una misura i cui contenuti e, naturalmente, l’impatto interesseranno non soltanto i confini di Francia, ma l’intero Pianeta.