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Attualità

Per i porta a porta, l'Iva scatta solo oltre i 5.000 euro

Vanno assoggettate esclusivamente le operazioni che determinano la quota di reddito eccedente

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Profili civilistici
Con la legge 17 agosto 2005, n. 173, entrata in vigore il 17 settembre 2005, il legislatore è intervenuto a disciplinare la vendita diretta a domicilio e la tutela del consumatore dalle forme di vendita piramidale.
In particolare, la nuova normativa regolamenta il rapporto tra le aziende del settore e gli incaricati alla vendita, definendo, "vendita diretta a domicilio" la forma speciale di vendita al dettaglio e di offerta di beni e servizi di cui all'articolo 19 del Dlgs 31 marzo 1998, n. 114, effettuate tramite la raccolta di ordinativi di acquisto presso il domicilio del consumatore finale o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi personali, di lavoro, di studio, di intrattenimento o di svago (articolo 1, comma 1, lettera a).
Si ricorda che il Dlgs n. 114/1998, modificato dal Dlgs 6 settembre 2005, n. 206, concerne la riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e, per espresso richiamo dell'articolo 2 della legge n. 173/2005, si applicano del primo alla disciplina del commercio le sole disposizioni degli articoli 19 (vendite effettuate presso il domicilio dei consumatori), 20 (propaganda a fini commerciali) e 22, commi 1 e 2, (sanzioni e revoca), nonché le disposizioni vigenti in materia di commercializzazione dei beni e dei servizi offerti.

La nuova legge definisce "incaricato alla vendita diretta a domicilio" colui che, con o senza vincolo di subordinazione, promuove, direttamente o indirettamente, la raccolta di ordinativi di acquisto presso privati consumatori per conto di imprese esercenti la vendita diretta a domicilio (articolo 1, comma 1, lettera b).
In base all'articolo 3 della legge n. 173, l'attività di vendita diretta a domicilio può essere svolta dell'incaricato secondo le seguenti modalità:
- senza vincolo di subordinazione
- con vincolo di subordinazione.

Nel primo caso, l'attività può essere esercitata come oggetto di un'obbligazione assunta con contratto di agenzia, ovvero anche al di fuori della stipula di un rapporto di intermediazione da soggetti che svolgono l'attività in maniera abituale, ancorché non esclusiva o in maniera occasionale (articolo 2222 del Codice civile), purché incaricati da una o più imprese. Detta attività è considerata di carattere occasionale dal conseguimento di un reddito annuo non superiore a 5mila euro. In presenza di un contratto di agenzia, si applicano gli accordi economici collettivi del settore. Il compenso dell'incaricato alla vendita a domicilio in assenza di un rapporto di subordinazione è costituito dalle provvigioni relative agli affari che, accettati, hanno avuto regolare esecuzione.
Quando l'incaricato alla vendita diretta a domicilio agisce senza vincolo di subordinazione e in assenza di un contratto di agenzia, cioè in forma di collaborazione o occasionale, l'incarico deve essere provato per iscritto e trova applicazione il contratto collettivo nazionale di lavoro osservato dall'impresa esercente la vendita diretta.
In materia previdenziale, per tutte le categorie di incaricati alle vendite dirette a domicilio, resta ferma la disciplina dettata dall'articolo 44, comma 2, ultimo periodo, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 (articolo 3, comma 5, legge n. 173/2005).
L'incaricato alla vendita diretta a domicilio non può, a meno che non sia debitamente autorizzato, riscuotere il corrispettivo degli ordinativi di acquisto che abbiano avuto regolare esecuzione presso i privati consumatori né concedere sconti o dilazioni di pagamento.
L'impresa che intende avvalersi di incaricati per tale attività è tenuta a comunicare i nominativi degli interessati all'autorità di Pubblica sicurezza del luogo nel quale ha la residenza o la sede legale e risponde agli effetti civili dell'attività da loro svolta (articolo 19, comma 4, Dlgs n. 114/1998).
L'articolo 20 del Dlgs n. 114/1998 stabilisce che l'esibizione o l'illustrazione di cataloghi e l'effettuazione di qualsiasi altra forma di propaganda commerciale presso il domicilio del consumatore o nei locali nei quali il consumatore si trova, anche temporaneamente, per motivi di lavoro, studio, cura o svago, sono sottoposte alle disposizioni concernenti gli incaricati alla vendita a domicilio.

Riflessi in materia previdenziale e contributiva
Con circolare n. 9 del 22 gennaio 2004, l'Inps ha chiarito, a commento della nuova disciplina del lavoro autonomo occasionale e delle vendite a domicilio, che il sopraccitato articolo 44 del decreto legge n. 269/2003, ha disposto che a decorrere dal 1° gennaio 2004 i soggetti esercenti attività lavoro autonomo occasionale e gli incaricati alle vendite a domicilio di cui rispettivamente all'articolo 53, comma 1, del nuovo Tuir (già articolo 49, comma 1) e i venditori a domicilio di cui all'articolo 19 del Dlgs n. 114/1998, sono iscritti alla Gestione separata istituita presso l'Inps solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superiore a 5mila euro, e che, per il versamento dei contributi da parte dei soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, si applicano le modalità e i termini previsti per i collaboratori coordinati e continuativi, evidenziando peraltro che la legge istitutiva non pone alcun limite di reddito per gli incaricati alle vendite a domicilio e non prende in considerazione il lavoro autonomo "occasionale".

Con successiva circolare n. 103 del 6 luglio 2004, l'Inps, sciogliendo la riserva contenuta nella circolare n. 9/2004 in riferimento a tale disposizione, ha precisato, sulla scorta delle direttive nel frattempo impartite dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che il reddito di 5mila euro costituisce, comunque, una fascia di esenzione e che, in caso di superamento di detta fascia in relazione alle sole attività considerate dalla norma, i contributi sono dovuti esclusivamente sulla quota di reddito eccedente e che il superamento di detto limite può discendere anche da una pluralità di rapporti.
Pertanto, prosegue la circolare n. 103/2004, l'obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, per i lavoratori autonomi occasionali e per gli incaricati alle vendite a domicilio si configura soltanto allorché gli emolumenti percepiti nell'arco dell'anno solare, a fronte di un unico o di una pluralità di rapporti, superino l'importo di 5mila euro e a decorrere da tale momento.

In ordine all'individuazione delle fattispecie inquadrabili nel rapporto di lavoro autonomo occasionale, la circolare n. 103 richiama quanto già evidenziato dalla circolare n. 9/2004, sottolineando che lavoratore autonomo occasionale può essere definito, alla luce dell'articolo 2222 del Codice civile, chi si obbliga a compiere un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il committente; deve comunque trattarsi di esercizio di attività del tutto occasionale, priva dei requisiti della professionalità e della prevalenza.
Conseguentemente, i caratteri differenziali del lavoro autonomo occasionale rispetto alla collaborazione coordinata, a progetto od occasionale, vanno individuati, tendenzialmente, nell'assenza del coordinamento con l'attività del committente, nella mancanza dell'inserimento funzionale nell'organizzazione aziendale, nel carattere episodico dell'attività, nella completa autonomia del lavoratore circa il tempo e il modo della prestazione.

Nell'ambito dell'ordinamento tributario, le attività in questione sono quelle produttive dei redditi "diversi" di cui all'articolo 67, comma 1, lettera l), del Tuir, costituiti, a norma del successivo articolo 71, dalla differenza tra l'ammontare percepito nel periodo d'imposta e le spese specificamente inerenti alla loro produzione.

Aspetti fiscali
Con risoluzione n. 18/E del 27 gennaio 2006, l'Agenzia delle entrate, pur riconoscendo che nell'ambito della disciplina contenuta nella legge n. 173/2005 "siano preponderanti i profili civilistici della materia trattata", in risposta a un'istanza di interpello ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale da riservare, agli effetti dell'Iva, alle provvigioni erogate agli incaricati alla vendita diretta a domicilio, alla luce delle modifiche introdotte dalla nuova normativa.
In particolare, l'Agenzia assegna alla disposizione recata dall'articolo 3, comma 4, della legge n. 173/2005 (che, come si è sopra chiarito, qualifica "occasionale" l'attività resa dall'incaricato alla vendita diretta a domicilio senza vincolo di subordinazione e senza la stipula di un contratto di agenzia sino al conseguimento di un reddito annuo, derivante dalla stessa, non superiore a 5mila euro) rilevanza fiscale, "in quanto il legislatore ha inteso introdurre, attraverso il riferimento ad un data soglia di reddito (5.000 euro), un criterio atto ad individuare in quale caso gli incaricati alle vendite dirette a domicilio possono considerarsi, ai fini fiscali, esercenti attività "occasionale" e, in quanto tali, non soggetti agli obblighi imposti in materia di IVA".
Ciò comporta la necessità di assoggettare a Iva le provvigioni percepite solo al verificarsi della condizione prevista dalla norma, con la conseguenza che, sino al raggiungimento di un reddito annuo derivante dall'attività di vendita diretta a domicilio pari a 5mila euro, tali operatori non sono da considerarsi soggetti passivi Iva.

L'Agenzia delle entrate nota a tal fine che, differentemente degli altri contribuenti Iva, il limite di 5mila euro va riferito al "reddito", secondo l'espressione normativa, e non al "volume d'affari". Pertanto, ai fini della verifica del superamento della soglia indicata occorre considerare anche le eventuali spese collegate allo svolgimento dell'attività. Poiché ai fini delle imposte sui redditi per le prestazioni rese dagli incaricati alle vendite a domicilio, ai sensi dell'articolo 25-bis, comma 6, del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, è prevista una deduzione forfetaria delle spese di produzione del reddito pari al 22 per cento delle provvigioni, detta percentuale va dedotta dai compensi percepiti per determinare l'ammontare dei 5mila euro.
Applicando tale criterio ai prestatori autonomi occasionali di cui all'articolo 3, comma 4, della legge n. 173/2005, ne deriva che l'attività da loro svolta è da intendersi abituale e, quindi, rilevante ai fini Iva, se nell'anno solare per la stessa è percepito un reddito, al netto della deduzione forfetaria delle spese del 22 per cento, superiore a 5mila euro.

L'Agenzia delle entrate individua poi il momento a partire dal quale l'incaricato assume la soggettività passiva ai fini Iva nella prima operazione che comporta il superamento della soglia di 5mila euro, dal quale decorre il termine di trenta giorni entro cui gli incaricati occasionali devono comunicare l'inizio dell'attività rilevante ai fini Iva (ai sensi dell'articolo 35 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633). Di conseguenza, in quanto assuntori della soggettività passiva dell'imposta, essi devono adempiere a tutti gli ulteriori relativi obblighi previsti da detta normativa (titolo II).

Per l'Amministrazione finanziaria, la soluzione prospettata è coerente con l'orientamento espresso dall'Inps nella circolare n. 103/2004 sopra richiamata, in base alla quale, come si è detto, ai fini previdenziali l'articolo 44 del decreto legge n. 269/2003 dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2004, gli incaricati alle vendite a domicilio sono iscritti alla Gestione separata istituita presso l'Inps soltanto quando il reddito annuo derivante dall'attività sia superiore a 5mila euro, al di sotto della quale questa classe di reddito costituisce una fascia di esenzione.
Quindi afferma l'Agenzia che, al pari della disciplina previdenziale, anche ai fini fiscali, nel primo anno di attività il presupposto soggettivo di assoggettamento all'Iva sorge esclusivamente al superamento della soglia di 5mila euro e limitatamente alle sole operazioni che determinano la quota di reddito eccedente, restando quindi escluso dall'imposta l'importo di 5mila euro, maggiorato del 22 per cento.

L'Agenzia delle entrate ha anche considerato, nella stessa risoluzione n. 18/2006, la diversa ipotesi in cui l'incaricato alla vendita diretta a domicilio, che eserciti tale attività in maniera abituale e sia, quindi, titolare di partita Iva, non superi, in un determinato periodo di imposta, il tetto di 5mila euro di reddito, esprimendo l'avviso che il mancato superamento dell'anzidetta soglia non possa determinare la perdita della soggettività passiva ai fini Iva, "in quanto si deve presumere che il soggetto che inizia ad esercitare la vendita diretta a domicilio quale attività abituale, anche nella successiva prosecuzione dell'esercizio intenda conferire all'attività i caratteri di sistematicità e continuità che concretizzano i requisiti dell'abitualità".
In altri termini, secondo il documento di prassi, appare corretto sostenere che, dal momento in cui gli incaricati alla vendita diretta a domicilio si collocano nell'ambito applicativo dell'imposta sul valore aggiunto, non possano più considerarsi "occasionali", quindi esclusi dal campo di applicazione dell'Iva, fino a quando esercitano tale attività.

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