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Attualità

Proventi illeciti presi in trappola

Se non sono riconducibili alle categorie indicate dall'articolo 6 del Tuir, vanno considerati redditi diversi

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I proventi scaturiti da attività illecite sono stati per molti anni oggetto di studio e di discussione, in dottrina e in giurisprudenza, riguardo alla loro qualificazione e al loro trattamento fiscale; la diatriba circa la tassabilità di tali proventi(1), era stata temporaneamente arginata a seguito della emanazione della legge n. 537 del 24 dicembre 1993, che, all'articolo 14, comma 4, afferma che "Nelle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria".

Il comma 4-bis dello stesso articolo(2) aggiunge che i redditi indicati all'articolo 6, comma 1, del Tuir sono determinati senza ammettere in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività assimilabili a reato, a eccezione dei casi in cui è fatto valere l'esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti.

L'articolo 36, comma 34-bis, del Dl n. 233/2006(3) ha fornito l'interpretazione autentica del suddetto articolo 14, quarto comma, disponendo che nel caso in cui i proventi illeciti non possano essere ricondotti alle categorie di reddito indicate dall'articolo 6, comma 1, del Testo unico delle imposte sui redditi, gli stessi devono essere considerati redditi diversi e vanno determinati secondo quanto previsto dall'articolo 67 e seguenti del Tuir.

Restano opportunamente esclusi dall'imposizione i proventi soggetti a sequestro o confisca penale, tra cui, è bene osservare, non vanno però ricompresi i beni di soggetti indiziati di appartenere a organizzazioni di stampo mafioso; infatti, la circolare n. 156/E del 2000 indica chiaramente che i beni sequestrati in base alle disposizioni recate dalla legge n. 575/65(4) non costituiscono proventi scaturenti da illeciti civili, penali o amministrativi, di cui all'articolo 14, quarto comma, della legge n. 537/93, poiché detti beni, pur essendo provenienti da attività illecite, sono posti sotto la custodia di un amministratore giudiziario nominato dal tribunale. Venendo a evaporare l'illiceità originaria dei beni, questi devono essere sottoposti a tassazione, fatta salva la loro confisca e la loro conseguente acquisizione definitiva da parte dello Stato.


NOTE:
1) Una importante pronunzia giurisprudenziale in materia si è avuta con la sentenza n. 2402 del 1952, emessa dalla Corte di cassazione, la quale, in senso opposto rispetto alla corrente imposta dal diritto vigente precedente, ha disposto che i proventi illeciti fossero tassabili ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, affermando che: "Il reddito, qualunque sia la sua fonte, per il solo fatto della sua esistenza materiale è soggetto all'imposta. La illiceità civile o penale dell'attività che la produce o la mancanza di una specifica licenza o autorizzazione non fa venir meno la manifestazione economica nella sua oggettività e quindi la esistenza stessa del reddito".
Tale orientamento minoritario non è stato confermato da sentenze più recenti (ma precedenti all'intervento del legislatore del 1993), giacché la Cassazione civile, con le sentenze 5168, 5169 e 5170 del 1984, e con la sentenza n. 3028 del 1993, ha essenzialmente indicato che i proventi derivanti da reato possono essere confiscati ma non tassati.
A seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 14, comma 4, della legge n. 537/93, questa norma ha assunto la funzione di spartiacque e ha sostanzialmente segnato il punto di inversione della Suprema corte in subiecta materia; sono, infatti, favorevoli alla tassazione dei proventi illeciti, tra le altre, le sentenze della I sezione civile, n. 4381 del 1995 e n. 12782 del 1995, e la sentenza n. 7511 del 2000 della sezione tributaria.

2) Il comma 4-bis è stato introdotto dall'articolo 2, ottavo comma, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.

3) Come chiarito dalla circolare n. 28/E del 2006.

4) Rubricata "Disposizioni contro la mafia".

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