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Attualità

Il regime delle "vendite a distanza" dopo il recente intervento normativo

Per la corretta qualificazione rileva, oltre allo status soggettivo dell'acquirente, solo la circostanza che il trasporto presso il domicilio di quest'ultimo avvenga a cura del cedente o di terzi per suo conto

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Introduzione
Con l'articolo 11-quater del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, "decreto sulla competitività", convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, il legislatore ha inteso chiarire l'esatta portata delle disposizioni concernenti le cosiddette "vendite a distanza", previste nell'ambito del regime transitorio degli scambi intracomunitari, al fine di renderle più aderenti al corrispondente precetto comunitario.
Nello specifico, la norma risponde a precisi obiettivi di interpretazione logico-sistematica e di coordinamento delle disposizioni nazionali con la disciplina comunitaria che regola tali particolari forme di commercio, con particolare riguardo alla rilevanza territoriale ai fini Iva delle "vendite a distanza", intendendo con tale ultima espressione il luogo in cui esse debbono essere assoggettate a imposizione.

La norma citata delinea, quindi, la corretta interpretazione degli articoli 40, comma 3, e 41, comma 1, lettera b), del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, ridefinendo sensibilmente i rispettivi ambiti applicativi. Infatti, la formulazione letterale dei predetti articoli, che non sono stati peraltro modificati, può indurre a ritenere che si debba tassare nello Stato membro dell'acquirente solo quelle transazioni per le quali l'ordine di acquisto si sia perfezionato attraverso mezzi quali cataloghi, corrispondenza, telefono o Internet, che non contemplano la presenza fisica del cliente presso gli stabilimenti o gli spazi espositivi del cedente.

Al contrario, la nuova disposizione contenuta nell'articolo 11-quater del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, così come da ultimo inserita dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, norma di interpretazione autentica, precisa che ai fini della corretta qualificazione delle vendite in esame rileva, oltre allo status soggettivo dell'acquirente, esclusivamente la circostanza che il trasporto presso il domicilio di quest'ultimo avvenga a cura del cedente o di terzi per suo conto. Viene, infatti, previsto che la locuzione "le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni", di cui all'articolo 40, comma 3 (per gli acquisti), e all'articolo 41, comma 1, lett. b) (per le vendite), del decreto legge n. 331/93, convertito dalla legge n. 427/1993, deve intendersi riferita alle cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, a nulla rilevando le modalità di effettuazione dell'ordine di acquisto.
Di conseguenza, sotto la condizione che il fornitore si occupi del trasporto della merce, le vendite nei confronti di privati consumatori potranno essere assoggettate alla disciplina nazionale prevista per le "vendite a distanza", prescindendo quindi dalle modalità operative con le quali sono state effettuate e, pertanto, non solo qualora siano realizzate attraverso vendite per corrispondenza in base a cataloghi e simili.

La normativa comunitaria: regole di territorialità ai fini Iva delle "vendite a distanza"
Nel testo dell'attuale versione della sesta direttiva comunitaria del 17 maggio 1977, n. 77/388/Cee, non ricorre il termine "vendite a distanza", ma semplicemente l'articolo 28-ter, paragrafo B, punto 1, prevede che "In deroga all'articolo, paragrafo 1, lettera a) e paragrafo 2, è considerato luogo di cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per conto di questi, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto il luogo in cui i beni si trovano al momento d'arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell'acquirente qualora si adempiano le seguenti condizioni:
- la cessione di beni è effettuata per un soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo il quale beneficia della deroga prevista dall'articolo 28-bis, paragrafo 1, lettera a), secondo comma, o per qualsiasi altra persona che non è soggetto passivo;
- i beni sono diversi da mezzi di trasporto nuovi e da beni ceduti previo montaggio o installazione, con o senza prova di messa in servizio, da parte del fornitore o per suo conto...
".

Pertanto, la disposizione comunitaria in esame prevede che, in deroga al principio generale di tassazione nel Paese di origine, sancito dall'articolo 8, paragrafo 1, lettera a), e ordinariamente applicabile per le cessioni di beni destinate a privati consumatori, per le "vendite a distanza" il luogo della cessione viene identificato con quello di destinazione dei beni.
Inoltre, sempre dalla lettura della norma, emerge che ciò che caratterizza tale tipologia di vendite è la contestuale presenza di due distinti requisiti:

  1. di carattere soggettivo, relativo alla circostanza che gli acquirenti sono "privati consumatori", intendendo con tale termine non solo i privati consumatori in senso stretto ma anche, in senso più ampio, gli enti e le associazioni non soggetti passivi di imposta, i contribuenti con pro-rata di indetraibilità totale in quanto effettuano solo operazioni esenti, nonché i produttori agricoli in regime speciale
  2. di carattere oggettivo, connesso alle modalità di consegna del bene, che deve essere effettuata tramite trasporto o spedizione direttamente dal fornitore o da terzi per suo conto.

La ratio ispiratrice della norma è quella di assoggettare a imposizione l'operazione con aliquota vigente nel territorio del consumatore finale (in deroga, come già ricordato, al principio di imposizione nel Paese del cedente, generalmente applicabile per le cessioni nei confronti di privati), con la finalità di evitare distorsioni provocate dalla diversità di aliquote Iva esistenti tra gli Stati membri.
Il regime di tassazione nel Paese di destinazione (cessione detassata nel Paese di origine dei beni e imponibile nel Paese in cui gli stessi sono destinati) può essere applicato esclusivamente al superamento di determinati limiti di importo, cosiddette "soglie di imponibilità o di protezione", differenti per ciascun Paese membro ed elencati dalla circolare del 19 ottobre 2000, n. 191/E. In essa vengono riportati, per ciascuno Stato, i limiti fissati dalle singole autorità comunitarie per l'applicazione del regime speciale delle "vendite a distanza" effettuate nei confronti dei soggetti residenti nei loro territori, superati i quali si rende necessaria l'applicazione dell'imposta nel Paese comunitario di destinazione.

La normativa nazionale: recepimento nel diritto interno delle disposizioni comunitarie relative alle "vendite a distanza"
La normativa nazionale transitoria degli scambi comunitari, nel recepire il richiamato principio di tassazione nel Paese di destinazione, ha ristretto arbitrariamente il campo applicativo della norma alle cessioni concluse "...in base a cataloghi, per corrispondenza e simili", e, a differenza della normativa comunitaria, la disciplina interna specifica anche le modalità attraverso le quali le vendite a distanza devono realizzarsi.
Nello specifico, l'articolo 28-ter, paragrafo B, punto 1, della sesta direttiva Cee, precedentemente esaminato, è stato recepito nel nostro ordinamento nazionale dagli articoli 40, commi 3 e 4, e 41, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 331/1993, convertito dalla legge n. 427/1993, nell'ambito del regime transitorio sugli scambi intracomunitari.
In particolare, limitando l'analisi al contenuto dell'articolo 41, comma 1, lettera b), è stabilito che costituiscono cessioni non imponibili "le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni diversi da quelli soggetti ad accisa, spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro nei confronti di cessionari ivi non tenuti ad applicare l'imposta sugli acquisti intracomunitari e che non hanno optato per l'applicazione della stessa. La disposizione non si applica per le cessioni di mezzi di trasporto nuovi e di beni da installare, montare o assiemare ai sensi della successiva lettera c)...".

Dalla lettura della norma di recepimento risulta evidente come il legislatore italiano abbia delimitato la portata della corrispondente prescrizione comunitaria, ispirandosi prevalentemente al concetto di "vendita a distanza" riportato nel preambolo della citata direttiva Cee. Tuttavia, l'impegno legislativo non si è limitato al recepimento letterale dell'articolo 28-ter, paragrafo B, punto 1, ma ha inteso dare a esso un contenuto più specifico attraverso l'inserimento di particolari modalità di formalizzazione dell'ordine di acquisto (cataloghi, corrispondenza e simili) tipiche del contratto di "vendite a distanza". Più precisamente, gli elementi che caratterizzano questo tipo di cessioni nel testo normativo nazionale sono così sinteticamente riassunti:

  1. le cessioni di beni sono effettuate in base a cataloghi, corrispondenza e simili, ricomprendendo in quest'ultima locuzione anche altre modalità di acquisizione degli ordinativi, quali il telefono, il fax o Internet
  2. i beni sono spediti o trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro comunitario
  3. le cessioni di beni sono effettuate nei confronti di cessionari non tenuti all'applicazione dell'imposta sugli acquisti comunitari (privati consumatori) o che non abbiano optato per l'applicazione della stessa
  4. le cessioni di beni non riguardano mezzi di trasporto nuovi e prodotti soggetti ad accisa.

Proseguendo nell'approfondimento della disposizione interna, si sottolinea che la stessa non trova applicazione qualora l'ammontare delle cessioni effettuate in altro Stato membro non abbia superato nell'anno solare precedente e non superi in quello in corso 79.534,36 euro ("soglia di protezione") ovvero l'eventuale minor ammontare stabilito al riguardo dai singoli Stati membri.
Più precisamente, interpretando compiutamente il terzo periodo dell'articolo 41, comma 1, lettera b), del decreto legge 331/93, è previsto che le "vendite a distanza" eseguite da soggetti passivi nazionali a favore di privati consumatori comunitari siano soggette a imposta in Italia, fatta comunque salva la facoltà di opzione per l'applicazione del tributo nello Stato di destinazione, qualora l'ammontare complessivo di tali operazioni, effettuate nei confronti di un singolo Stato membro, non abbia superato nell'anno solare precedente e non superi nell'anno in corso la predetta soglia di 79.534,36 euro. Una volta superata tale soglia, l'impresa nazionale sarà tenuta ad applicare l'Iva nel Paese membro di destinazione dei beni ceduti.
Pertanto, le vendite a distanza dovranno essere assoggettate a Iva:

  • in Italia, qualora l'importo complessivo non sia superiore a 79.534,36 euro, ovvero all'eventuale minore ammontare stabilito dallo Stato di destinazione
  • nel Paese comunitario di destinazione, qualora l'importo delle cessioni sia superiore al limite fissato, ovvero qualora il contribuente nazionale, pur effettuando cessioni al di sotto della soglia di protezione, abbia optato per l'applicazione dell'imposta nel Paese membro di destinazione.

Con riferimento alla possibilità di optare per l'applicazione del tributo nel Paese di destinazione, si evidenzia che l'articolo 41, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 331/93 (quarto e quinto periodo), prevede espressamente la facoltà di opzione per il regime di tassazione nello Stato membro di destinazione, anche qualora non si siano superati i limiti sopra evidenziati, precisando che l'opzione ha effetto fino a quando non viene revocata e, in ogni caso, per almeno un triennio, e deve essere esercitata nella dichiarazione Iva relativa al primo anno solare in cui, pur non superando i limiti previsti, si è assolta l'imposta nello Stato membro di destinazione.

Il recente intervento legislativo: norma interpretativa (articolo 11-quater della legge n. 80 del 2005)
Con la norma di interpretazione autentica recata dall'articolo 11-quater, comma 1, della legge n. 80/2005, introdotta in sede di conversione del decreto legge 14.03.2005, n. 35, è stata, di fatto, modificata la disposizione sulle vendite a distanza, in base al quale la locuzione "le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni di cui all'art. 40, comma 3, e 41, comma 1, lettera b) , del D.L. n. 331/93, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, deve intendersi riferita alle "cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, a nulla rilevando le modalità di effettuazione dell'ordine di acquisto".
La norma recepisce l'interpretazione consolidatasi a livello comunitario e fatta propria, come vedremo, anche dall'Agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 39/E del 31 marzo 2005, laddove nella qualificazione delle "vendite a distanza" ciò che rileva è la qualifica soggettiva dell'acquirente (privato consumatore) e le modalità di trasporto (a cura del cedente o per suo conto) a nulla rilevando, quindi, le modalità tecniche di effettuazione dell'ordine di acquisto.

Le tecniche di vendita adottate, quali possono essere per l'appunto quelle tramite "cataloghi, corrispondenza e simili" configurano, quindi, solo delle possibili modalità attraverso le quali viene conclusa una transazione commerciale, ma non assumono la natura di condizione sine qua non per la corretta qualificazione fiscale delle operazioni in esame. Pertanto, il concetto di "vendita a distanza" non deve essere inteso nella sua comune accezione, che sottintende il perfezionamento del contratto di compravendita al di fuori dei locali del fornitore con utilizzo di particolari metodologie di vendita, ma più semplicemente quella transazione in cui il cliente è un "privato" e il trasporto è a cura del fornitore.

Alla luce di tale nuova disposizione normativa, e purché sia rispettata la condizione del trasporto all'estero da parte del cedente comunitario, le vendite in altri Stati membri potranno essere considerate sempre non imponibili in Italia o per il superamento del limite previsto ovvero per effetto dell'opzione esercitata dal cedente nazionale e indipendentemente, quindi, dalle modalità di effettuazione dell'ordine. Pertanto, ai fini della tassazione a destino, il requisito giuridico non sarà più costituito anche dalla tecnica di conclusione del contratto (vendita in base a cataloghi, per corrispondenza e simili), bensì dalla circostanza che il trasporto venga garantito, fino a destino, dal fornitore o per suo conto.
Di conseguenza, nell'ipotesi in cui l'acquisto sia perfezionato nei modi tradizionali nei locali del fornitore e con la presenza fisica delle parti, e in caso di superamento della soglia, si renderà applicabile il regime di tassazione previsto per le vendite a distanza con assoggettamento a Iva nel Paese membro di destinazione.

Inoltre, il comma 2 dell'articolo 11-quater stabilisce che, nel caso in cui il Paese membro di destinazione del bene abbia richiesto, in forza di una normativa vigente, il pagamento dell'Iva sul corrispettivo dell'operazione già assoggettata a imposta in Italia, il cedente nazionale possa chiedere il rimborso dell'imposta assolta in Italia con apposita istanza da presentare entro due anni dalla data di notifica dell'atto impositivo da parte della competente autorità fiscale estera.
In alternativa alla richiesta di rimborso, il contribuente potrà portare in compensazione ai sensi dell'articolo 17, Dlgs 241/97, l'Iva pagata, previa notifica di un apposito provvedimento formale da parte del competente ufficio delle Entrate che attesti il riconoscimento del relativo credito.

Recenti chiarimenti da parte dell'Amministrazione finanziaria: risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 39 del 31 marzo 2005
Con la risoluzione n. 39 del 31 marzo 2005, l'Agenzia delle Entrate ha provveduto a delineare la distinzione tra le "vendite a distanza" e le operazioni di "tentata vendita".
Nel caso di specie, l'Agenzia ha chiarito che, qualora la merce trasportata nel Paese comunitario dagli incaricati alla vendita e solo successivamente venduta in loco dagli incaricati stessi (mediante la sottoscrizione del contratto da parte dell'acquirente comunitario), non si rientra nell'ipotesi di "vendite a distanza" ma nella diversa fattispecie della "tentata vendita", in quanto l'alienazione del bene (e, quindi il passaggio di proprietà della merce, consegnata contestualmente all'acquirente) risulta perfezionata solo all'atto della stipula del contratto che viene effettuata nello Stato membro del cessionario. Pertanto, quando i beni escono dal territorio dello Stato, non sono ancora stati venduti.
Si precisa infatti che, nel caso di "vendite a distanza", la spedizione avviene dopo che il contatto di compravendita è stato concluso, mentre nel caso di "tentata vendita" (o vendita a domicilio) il bene trasportato non è ancora ceduto e viene consegnato all'acquirente contestualmente alla conclusione del contratto. Tale ultima operazione, pertanto, realizzandosi in un altro Stato membro, dovrà essere assoggettata alla normativa fiscale prevista dalle disposizioni vigenti.
Secondo l'Agenzia delle Entrate, quindi, il trasferimento dei beni dal territorio nazionale a quello comunitario, ai fini di quella che si può definire come una "tentata vendita", esclude che la cessione possa beneficiare, nel Paese di partenza dei beni, del regime di non imponibilità proprio delle "vendite a distanza", così come previsto dall'articolo 41, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 331/93, convertito dalla legge n. 427/93.

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