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Attualità

La richiesta di documenti va onorata

Parere n. 26 deliberato il 4 ottobre 2006

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Con la pronuncia che segue, il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive qualifica come inammissibile un’operazione di scissione parziale proporzionale - per la quale è stato adito dal contribuente che ha proposto un interpello ai sensi dell’articolo 21 della legge n. 413 del 30 dicembre 1991 - attribuendo priorità alle motivazioni di rito rispetto alle valutazioni circa la potenziale elusività (che non manca comunque di formulare stigmatizzando il perdurare della condotta omissiva nei confronti dell’Agenzia delle entrate che aveva formulato una precisa richiesta istruttoria) del disegno.
Il quesito, infatti, pur essendo ben circostanziato nella descrizione della dinamica dei fatti in cui trova effettiva realizzazione, presenta evidenti lacune sia nella rappresentazione delle valide ragioni economiche che nelle finalità dell’operazione.

Come di consuetudine, premettiamo l’esposizione della problematica offerta dall’istante a supporto della opportunità della soluzione prospettata.
Proponente è una società, operativa nel settore della fabbricazione di fusti per salotti, nonché nella produzione e nel commercio di prodotti per l’arredamento, il cui capitale sociale è suddiviso fra tre soci persone fisiche (appartenenti al medesimo nucleo familiare), che possiede due immobili di proprietà: un fabbricato industriale, categoria catastale D7 e un altro immobile strumentale, categoria catastale C3.

L’età matura di uno dei soci e la sua resistenza verso nuove iniziative aziendali, avanzate dai soci-figli, i quali, invece, vorrebbero concludere accordi di partnership con altri soggetti ed effettuare ulteriori investimenti in macchinari, attrezzature, processi produttivi, avrebbe fatto emergere in tutta la sua insostenibilità una situazione di conflitto generazionale che, a causa del protrarsi nel tempo, ha finito con il ripercuotersi negativamente sulla gestione della società.
Per i descritti motivi, l'istante intenderebbe procedere a un’operazione di scissione parziale e proporzionale, a seguito della quale gli immobili di proprietà verrebbero trasferiti, a valori contabili, a una società immobiliare di nuova costituzione.

Come evidenziato dalla documentazione esibita, successivamente alla descritta operazione di riorganizzazione aziendale, la società beneficiaria, nell’ambito della propria attività immobiliare, concederebbe in locazione alla scissa, a prezzi di mercato, i fabbricati trasferiti per effetto della scissione.
Sempre dopo la prospettata operazione di scissione, il socio anziano donerebbe ai due figli, ai sensi dell’articolo 769 e seguenti del Codice civile, le proprie quote nella scissa, mentre questi, a loro volta, doneranno alla madre le rispettive partecipazioni nella beneficiaria.

L'istante, nel precisare di non disporre di perdite fiscali pregresse, ritiene che l’operazione sia sorretta da valide ragioni economiche che si sostanziano, prioritariamente, nella necessità di porre fine all'attuale dissidio fra i soci e, in secondo luogo, nella opportunità di separare le due aree di business diverse: l’attività industriale, che proseguirebbe in capo alla scissa con il supporto di nuovi investimenti, e l’attività immobiliare in capo alla beneficiaria.

Il Comitato consultivo rileva che la descrizione non è adeguatamente supportata dagli elementi documentali richiesti dal legislatore regolamentare a pena d’inammissibilità nell’articolo 5, comma 2, lettera b, del decreto ministeriale n. 194 del 13 giugno 1997.
La società istante, infatti, non allega alcun utile elemento di natura contabile dal quale si possa valutare l’evoluzione dinamica del patrimonio sociale ovvero della capacità economica e reddituale dell’azienda e non appaiono in alcun modo validamente supportate le valide ragioni economiche che, unitamente agli altri requisiti previsti dalla norma, consentirebbero di disapplicare, in via preventiva, le disposizioni di cui all’articolo 37-bis del Dpr n. 600 del 1973.
Il riferimento generico al dissidio tra soci appare più un’evocazione di maniera se ad esso non si accompagna l’esposizione di concrete strategie che possano rendere apprezzabile, sotto l’aspetto economico-gestionale, la scelta di realizzare il programma di ridefinizione imprenditoriale.

L’assioma più volte evidenziato dall’Organo consultivo trova un’esplicita espressione nel parere n. 17 del 28 luglio 2005, relativo a un caso analogo, nel quale viene sottolineato come, nella fattispecie, non si è in presenza di un’operazione finalizzata a realizzare un piano di riorganizzazione aziendale nell’interesse della società scindenda, ma a soddisfare un’esigenza di scioglimento della compagine sociale, motivata da non meglio precisati dissensi nella compagine medesima.
Il dispositivo del parere citato è perfettamente traslabile al caso di specie nel quale non è desumibile alcun elemento che possa fare fondatamente ipotizzare la pianificazione di strategie imprenditoriali di gestione degli immobili, mentre risulta ipotizzabile, a giusto titolo, la finalità di attribuire ai genitori la gestione passiva degli immobili e un depauperamento delle risorse patrimoniali dell’istante, che potrebbero portare a una compressione della già compromessa potenzialità economica e finanziaria (basti solo considerare che la società scissa si accollerà l’onere del canone di affitto degli immobili già di proprietà).

In altre parole, le ragioni della scissione, vantata dalla società come necessità di una riorganizzazione finalizzata a una gestione più razionale e redditizia dell’attività sociale al fine di indirizzare oculatamente gli investimenti, non trovano plausibile riscontro nella diacronica dei passaggi attraverso i quali verrebbe posta in essere l’operazione.
La scissione sembrerebbe, piuttosto, funzionale alla mera suddivisione tra i soci (padre e figli) dei beni sociali per consentire a ciascuno di gestire il patrimonio ricevuto in maniera autonoma e separata (come confermano le successive donazioni delle quote sociali per poter attribuire ai genitori gli immobili e ai figli l’azienda, in modo da garantire ai primi il godimento derivante dalla gestione degli stessi).

La finalità perseguita dai soci viene realizzata mediante la disgregazione della struttura aziendale esistente, che subisce una polverizzazione patrimoniale con conseguente riduzione della capacità operativa e reddituale, oltre ad aggravi di oneri e appesantimenti organizzativi, senza conseguire alcun beneficio concreto meritevole di apprezzamento (la ristrutturazione societaria ipotizzata non è, come si è detto, assistita da obbiettive scelte produttivo-organizzative dell'imprenditore ma, viceversa, produce una polverizzazione aziendale, patrimoniale e finanziaria con inevitabili incrementi di costi e riduzione delle potenzialità esistenti).
In particolare, nel prospetto di scissione viene affermato che le attività e le passività della scissa, compresi gli immobili, saranno attribuiti alla società beneficiaria sulla base dei loro valori contabili, mentre nell’istanza non viene resa alcuna evidenza ad attività e passività, con i relativi valori economici, da attribuire alla società beneficiaria ovvero che residueranno alla stessa società scissa e al contenuto degli eventuali accordi di partnership con altri soggetti.

Nel caso in esame non sono chiaramente rappresentate le motivazioni tipiche della scissione, riconosciute dalla giurisprudenza consolidata del Comitato consultivo (v. pareri n. 16/2003, n. 9/2004 , n. 5/2005, n. 21/2005, n. 50/2005, n. 51/2005) come valide e consistenti nella separazione di attività distinte e continuazione delle stesse da parte di soggetti distinti ovvero nel fine di pervenire a un diverso assetto del complesso dei rapporti attivi e passivi insistenti sulla società scissa, o, ancora, nel consentire la diversificazione dei processi produttivi e di una più razionale ed efficiente configurazione dell'attività, ma traspare piuttosto la volontà di effettuare una mera traslazione di singoli beni.

L'utilizzo dell’istituto della scissione, operazione fiscalmente neutrale ex articolo 173 del Tuir, qualora strumentalmente posta in essere per realizzare - attraverso un percorso fiscalmente meno oneroso - i risultati propri della cessione d’azienda, consentirebbe un indebito risparmio di imposta mediante il rinvio sine die del realizzo delle plusvalenze latenti, che emergerebbero in sede di liquidazione o assegnazione ai soci dei beni sociali.
In tal caso, infatti, l’operazione rappresenterebbe la prima fase di un più complesso disegno unitario mirante non alla creazione di sistemi aziendali operanti medio tempore, bensì alla successiva cessione, da parte dei soci persone fisiche, delle partecipazioni detenute nella scissa o nella beneficiaria, al fine di ottenere una trasformazione delle plusvalenze su singoli beni in plusvalenze su partecipazioni.

Tale prospettiva ha incontrato più volte lo stigma del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive, il quale, proprio nel citato parere n. 21/2005, ha chiarito che: “Una scissione parziale proporzionale che determini il trasferimento del patrimonio immobiliare della società scissa ad una costituenda società beneficiaria, con continuazione da parte della società scissa dell'attività d'impresa non immobiliare già in atto, e che non sia preordinata alla sottrazione degli immobili ad una gestione imprenditoriale in forma societaria, né al trasferimento a terzi delle partecipazioni sociali nella società beneficiaria, né alla liquidazione di queste o al compimento di altri atti o negozi che possano concretizzare, complessivamente, un disegno elusivo, appare sorretta da valide ragioni economiche e non rivolta all'aggiramento di norme tributarie, giacché consente, da un lato, di separare dall'attività commerciale in senso stretto della società scissa l'attività immobiliare, concentrando quest'ultima in capo ad un nuovo soggetto societario, che può esercitarla secondo logiche imprenditoriali distinte ed appropriate al settore immobiliare, e, dall'altro, di favorire l'ingresso di nuovi soci nella società scissa”.
Nella fattispecie non si ravviserebbe alcun intento elusivo qualora l’operazione di scissione fosse - alla luce di dati documentali - effettivamente posta in essere per dirimere l'attuale dissidio fra i soci al fine di effettuare nuovi investimenti nel settore industriale di appartenenza, stipulando anche accordi di partnership con soggetti terzi.

La circostanza che le suesposte lacune, evidenziate dall’Agenzia delle entrate in sede istruttoria, non siano state in alcun modo sanate dall’istante - che ha mostrato di persistere nel mancato adempimento dell’onere probatorio - induce il Comitato a dichiarare l’inammissibilità dell’interpello.


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