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Attualità

La riforma del sistema tributario (22): il trasferimento all'estero della residenza o della sede

Il nuovo articolo 168 include nel novero dei contribuenti rispetto ai quali far scattare la presunzione di realizzo tutti i soggetti Irpef, anche i privati non imprenditori

L'articolo 20-bis del Tuir ante-riforma disciplina l'ipotesi in cui i soggetti che esercitano imprese commerciali trasferiscano all'estero la propria residenza o la propria sede. Delle conseguenze di tale opzione si occupa il nuovo articolo 168, secondo i medesimi principi e criteri attualmente vigenti. Nonostante le modifiche di sostanza in materia siano alquanto circoscritte, verranno di seguito illustrati i tratti salienti della normativa in oggetto, inserita nel tessuto del Testo unico riformato, e i connessi spunti interpretativi.

L'articolo 20-bis del Tuir
Ai sensi del richiamato articolo del Testo unico del 1986, il trasferimento all'estero della residenza o della sede dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che questi ultimi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.
La stessa disposizione è applicata se i componenti confluiti nella stabile organizzazione residente ne sono successivamente distolti.
Si considerano in ogni caso realizzate, al valore normale, le plusvalenze relative alle stabili organizzazioni all'estero.
Per le imprese individuali si applica l'articolo 16, comma 1, lettera g).
I fondi in sospensione d' imposta, inclusi quelli tassabili nel solo caso di distribuzione, iscritti nell'ultimo bilancio prima del trasferimento della residenza o della sede, sono assoggettati a tassazione nella misura in cui non siano stati ricostituiti nel patrimonio contabile della stabile organizzazione.

L'apporto del decreto legge n. 41 del 1995
Con l'articolo 30 del decreto legge 23.2.1995, n. 41, è stato disposto:
  • l'inserimento del predetto articolo 20-bis nel Testo unico
  • che, con decreto del ministro delle Finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400/1988, andavano stabilite specifiche modalità di attuazione delle disposizioni contenute nell'articolo medesimo, mediante l'approvazione di appositi modelli e dei relativi allegati, per l'indicazione dei beni e degli altri elementi patrimoniali e reddituali relativi all'impresa e di quelli attribuiti alla stabile organizzazione. Con lo stesso decreto potevano essere individuate idonee misure cautelari o di garanzia per il pagamento delle imposte dovute anche a seguito di accertamento.
Problematiche emergenti
Secondo le norme sopra illustrate, il trasferimento della sede aziendale all'estero produce effetti analoghi a quelli derivanti dal realizzo dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che tali componenti non confluiscano in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato.
Il trasferimento di sede all'estero è disciplinato, quanto agli effetti civilistici, da due articoli del Codice:
  • articolo 2369 (rubricato "Seconda convocazione"), comma 5
  • articolo 2437 (rubricato "Diritto di recesso"), comma 1, lettera c).
Le previsioni dell'articolo 20-bis sono intese a evitare l'utilizzo in chiave elusiva del trasferimento di sede in Paesi esteri, considerando il trasferimento di sede, alla stregua del realizzo al valore normale dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale.
Se il soggetto la cui sede è stata trasferita mantiene una stabile organizzazione in Italia, i beni e le attività a essa afferenti non sono sottratti al regime interno del reddito d'impresa, e, pertanto, non si applica, relativamente agli stessi, la regola del "realizzo" secondo il criterio del valore normale.
Va evidenziato che le previsioni dell'articolo 20-bis sul trasferimento della sede all'estero possono provocare una doppia imposizione; i beni aziendali sono infatti tassati all'atto del trasferimento, ma l'emersione di plusvalenze derivanti da una reale cessione all'estero dell'azienda soggiacerebbe a una nuova tassazione (constatazione che, ovviamente, vale nel contesto del vecchio Tuir, e potrebbe non rilevare nel nuovo scenario, caratterizzato dal regime dell'esenzione per le plusvalenze integranti determinati requisiti).
La normativa in commento, che non discrimina i trasferimenti verso Paesi Ue ed extra-Ue, si poneva altresì in contrasto con l'obiettivo - sancito dal Trattato di Maastricht - della promozione del progresso economico e sociale e di un elevato livello di occupazione associato a uno sviluppo equilibrato e sostenibile, mediante la creazione di uno spazio senza frontiere interne, il rafforzamento della coesione economica e sociale e l'instaurazione dell'unione economica e monetaria (nella prospettiva dell'introduzione della moneta unica).
La compressione della libertà di trasferimento della sede all'estero configge altresì con l'articolo 43 (già articolo 52) del Trattato di Roma istitutivo della Comunità europea, riguardante la libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro.

Il criterio del valore normale (cenni)
Si rammenta che, ai fini delle imposte sui redditi, il concetto di valore normale si rinviene nell'articolo 9, commi 3 e 4, del Tuir (immutati nel nuovo Testo unico), ove è disposto che:
  • per valore normale si intende - in via generale - il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo di acquisizione o prestazione
  • per la determinazione dello stesso si fa riferimento, se possibile, a listini o tariffe, ovvero a mercuriali, listini delle camere di commercio, tariffe professionali
  • per le azioni, le obbligazioni e gli altri titoli emessi da società quotate, si fa riferimento alla media aritmetica dei prezzi dell'ultimo mese
  • per le azioni, le obbligazioni e gli altri titoli emessi da società non quotate, ovvero da enti non societari, si fa riferimento al patrimonio netto o all'ammontare complessivo dei conferimenti.
Nella parallela disciplina dell'Iva, il concetto di valore normale si incardina nell'articolo 14 del Dpr n. 633/1972, il cui comma 3 dispone che "per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui è stata effettuata l'operazione o nel tempo e nel luogo più prossimi".
Nella risoluzione del ministero delle Finanze del 21.12.1979, protocollo n. 363705, è stato affermato che "...il valore normale, ai sensi dell'art. 14 del medesimo D.P.R. n. 633, è costituito dal prezzo mediamente praticato per i beni della stessa specie al medesimo stadio di commercializzazione, prezzo che si individua in quello praticato nella fase di produzione, qualora i beni ceduti a titolo di sconto siano prodotti dallo stesso soggetto e in quello praticato nella fase all'ingrosso qualora i cennati beni siano stati acquistati presso altri operatori".

Prassi recente dell'Amministrazione
L'Agenzia delle Entrate si è pronunciata in epoca recente sulla problematica del trasferimento di sede all'estero, con la risoluzione del 2.11.2001, n. 175, relativa a un'istanza di interpello "speciale" ai sensi dell'articolo 21 della legge 30.12.1991, n. 413.
La pronuncia di prassi ha fornito chiarimenti sul trattamento tributario di un'operazione di scambio di partecipazioni intracomunitario e sui requisiti di ammissione al regime agevolativo di cui all'articolo 2, comma 5, del Dlgs n. 544 del 1992.
In particolare, l'Agenzia fiscale ha dedotto - anche se in forma di obiter dictum - che il trasferimento della residenza all'estero può assumere una configurazione elusiva, se i plusvalori latenti sono sorti in capo a un soggetto non avente lo status di imprenditore commerciale.
Nel caso esaminato dalla risoluzione, si trattava di uno scambio di partecipazioni attuato attraverso un conferimento di azioni, tecnicamente realizzato mediante un aumento del capitale sociale della società acquirente a seguito del conferimento da parte dei soci persone fisiche della società oggetto di scambio delle azioni da loro possedute.
Il regime fiscale previsto per tali operazioni intracomunitarie prevede che le stesse non comportino realizzo di plusvalenze e minusvalenze sulle azioni o quote date in cambio, a condizione che il loro valore fiscale venga trasferito sulle azioni o quote ricevute.
Il regime di neutralità è ritenuto competere anche al socio scambiante persona fisica non imprenditore.
Di conseguenza, il conferimento da parte dei soci persone fisiche italiane delle proprie partecipazioni societarie in un'altra società lussemburghese poteva beneficiare del regime agevolativo di cui all'articolo 2, comma 5, del Dlgs n. 544 del 1992, il quale consente la sospensione della tassazione dei plusvalori latenti.
Il regime di neutralità non equivale però a una definitiva rinuncia all'esazione dell'imposta da parte dello Stato, bensì al differimento della stessa al verificarsi di successivi atti dispositivi.
La circostanza che i soci partecipanti siano residenti in Italia rappresenta quindi una garanzia per lo Stato italiano affinché esso non veda vulnerato il proprio interesse erariale, mantenendo la possibilità di tassare il profitto risultante dall'eventuale successivo atto di disposizione dei titoli ricevuti.
Nel caso contrario di trasferimento all'estero della residenza da parte del soggetto partecipante, l'assenza di una specifica previsione normativa di immediato realizzo dei plusvalori latenti, analogamente a quanto disposto dall'articolo 20-bis del Tuir, per i soggetti che esercitano imprese commerciali, potrebbe impedire, di fatto, l'effettivo esercizio del potere impositivo dello Stato italiano.
L'operazione è stata pertanto ritenuta legittima e non elusiva solo se resterà salvaguardato l'interesse erariale alla tassazione dell'imponibile, e cioè soltanto se i soci scambianti, persone fisiche non imprenditori, non trasferiscano la propria residenza fiscale all'estero prima di cedere le partecipazioni al fine di sottrarre all'imposizione domestica le plusvalenze sui titoli scambiati.

L'articolo 168 del nuovo Testo unico
Le uniche novità presenti nel nuovo articolo 168, che tiene luogo dell'articolo 20-bis sopra commentato, riguardano l'impostazione più analitica e puntuale, ma insieme assai più vasta, dei requisiti soggettivi per l'applicazione della disciplina in parola; dal semplice riferimento ai "soggetti che esercitano imprese commerciali" si passa infatti all'indicazione dei soggetti di cui:
  • all'articolo 2 del Testo unico, vale a dire tutti i soggetti Irpef, ovvero:
    • persone fisiche residenti nello Stato
    • persone fisiche non residenti nello Stato
    • cittadini italiani emigrati in Paesi a fiscalità privilegiata (comma 2-bis)
  • all'articolo 72, comma 1, lettere a) e b) del nuovo Testo unico, ovvero i seguenti soggetti, residenti nello Stato:
    • società per azioni
    • società in accomandita per azioni
    • società a responsabilità limitata
    • società cooperative
    • società di mutua assicurazione
    • enti pubblici e privati diversi dalle società, che hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciali.
L'inclusione, nel novero dei soggetti rispetto ai quali far scattare la presunzione di "realizzo", di tutti i soggetti Irpef, senza che rilevi l'eventuale possesso della qualifica di imprenditore commerciale, potrebbe comportare un parziale superamento delle problematiche affrontate dall'Agenzia delle Entrate nella risoluzione sopra illustrata, ricorrendo però il requisito imprescindibile del trasferimento della residenza all'estero.
Alla luce del nuovo regime di esenzione "condizionata" per le plusvalenze da cessione di partecipazioni, dovrà altresì prevedersi una normativa di coordinamento con l'articolo 88, relativamente a quelle parti del complesso aziendale che fossero costituite da partecipazioni immobilizzate con i requisiti ivi previsti.

Conclusioni
In definitiva, il legislatore della riforma ritiene pienamente valida la clausola antielusiva in base alla quale:
  • il trasferimento all'estero della residenza o della sede, con contestuale perdita della residenza nello Stato, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell'azienda o del complesso aziendale, salvo che essi non siano confluiti in una stabile organizzazione residente
  • per le imprese individuali e le società di persone si applica la tassazione separata delle plusvalenze
  • i fondi in sospensione d'imposta, inclusi quelli tassabili nel solo caso di distribuzione, sono recuperati a tassazione se non ricostituiti nel patrimonio della stabile organizzazione residente.
Le previsioni della normativa in parola sono state anzi rafforzate, disponendo l'inclusione anche dei privati non imprenditori, sicché l'azienda o il complesso aziendale facente capo, ad esempio, a una società di fatto, a una società semplice o a una comunione ereditaria non sfuggirebbero al vincolo solo perché non esercenti un'attività di impresa commerciale.
 
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