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Attualità

Rimborsi Iva indetraibile: un contenzioso senza futuro

L’invocata VI direttiva Cee, nell’includere tra le operazioni esenti le “forniture di beni destinati esclusivamente ad un’attività esentata”, si riferisce all’ipotesi di successiva rivendita degli stessi

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La circolare n. 3/E del 23/1/2007 affronta in via definitiva la problematica relativa alla richiesta del rimborso dell’Iva pagata dai soggetti per i quali la detrazione dell’imposta sugli acquisti non è esercitabile.
La questione era stata, già in passato, sollevata da quanti , effettuando essenzialmente operazioni esenti, si sono trovati a non poter esercitare la detrazione dell’Iva pagata sugli acquisti, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 5 dell’articolo 19, Dpr 633/72, e dell’articolo 19-bis dello stesso decreto.

Con le disposizioni sopra citate, difatti, il legislatore nazionale ha previsto che, per i soggetti che effettuano sia operazioni attive assoggettate all’imposta sia operazioni esenti, “il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni”, secondo lo specifico calcolo indicato all’articolo 19-bis. La norma recepisce quanto a suo tempo previsto nell’articolo 17 della VI direttiva Cee del 17/5/1977, dove è precisato che la detrazione dell’imposta da parte del soggetto interessato può avvenire “nella misura in cui i beni e i servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta”.

D’altra parte, la normativa nazionale, con il comma 4 dell’articolo 1 del Dlgs 313/1997 recepì e introdusse una norma che, coerentemente al dettato normativa sopra esposto, previde la totale esenzione per le cessioni di quei beni per i quali non si era potuto esercitare la detrazione in forma “totale”.

A tale proposito, la circolare 328/1997 rilevò che in tal modo si era “ritenuto di estendere il trattamento di esenzione a tutte le cessioni di beni il cui acquisto non dà luogo a detrazione alcuna, in relazione alle norme di cui agli articoli 19, 19-bis 1 e 19-bis 2 del D.P.R. n. 633, come modificato dal D.Lgs. n. 313 del 1997”. Tra l’altro, “non essendo richiamata anche l'indetraibilità derivante dall'opzione esercitata ai sensi dell'art. 36 bis del D.P.R. n. 633 del 1972, la cessione di detti beni non fruisce del temperamento introdotto dal citato n. 27-quinquies”.

Tuttavia, diversi soggetti avevano invocato, in sede di contenzioso, la non coerenza della disposizione con la lettera c), della parte B, dell’articolo 13 della citata VI direttiva, laddove si afferma che gli Stati nazionali possono stabilire l’esenzione per “le forniture di beni destinati esclusivamente ad un’attività esentata”, a norma della medesima VI direttiva, ovvero con l’articolo 28, paragrafo 3, lettera b), “ove questi beni non abbiano formato oggetto d’un diritto a deduzione, e le forniture di beni il cui acquisto o la cui destinazione erano stati esclusi dal diritto alla deduzione conformemente alle disposizioni dell’articolo 17, paragrafo 6”.

I soggetti in questione, in sostanza, interpretando la suddetta indicazione comunitaria, ritenevano che dovevano essere esentati tutti gli acquisti effettuati da un soggetto che poneva in essere operazioni esenti, e se ciò non era avvenuto si generava un rimborso dell’Iva indebitamente pagata (peraltro non detraibile in base ai principi generali sopra esposti).
La circolare n. 3/E/2007, sulla base dell’orientamento della Corte di giustizia europea (cause riunite C-18/05 e C-155/05), ribadita l’incongruenza con i principi generali accennati all’inizio, confuta tale interpretazione e svolge le seguenti osservazioni specifiche:

  1. l’esenzione è chiaramente rivolta alla sola cessione dei beni che “non abbiano formato oggetto di un diritto a deduzione”. Infatti, “tale locuzione utilizzata dal legislatore comunitario fa agevolmente intendere che si tratta della rivendita di beni in precedenza acquistati
  2. conseguentemente va osservato che la norma introdotta con il 27-quinquies è stata vagliata in ambito comunitario, senza che abbia sollevato procedura d’infrazione
  3. non si comprende perché poi l’esenzione debba riguardare solo l’acquisto di beni e non anche i servizi, atteso l’ambito complessivo di applicazione dell’imposta.

In ultimo, la nota di prassi rileva come la VI direttiva del 1977 sia stata sostituita dalla direttiva 112 del 28/11/2006. Quest’ultima, nella lettera a) dell’articolo 136, in maniera inequivocabile, individua l’esenzione per la sola “cessione di beni”, destinati a un’attività esente, “ove questi beni non abbiano formato oggetto di un diritto a detrazione”.
La direttiva 112 è in vigore dal 1° gennaio di quest’anno e, pertanto, la circolare n. 3/E/2007 specifica la propria operatività solo per le controversie instaurate con riferimento alla precedente stesura normativa comunitaria.

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