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Attualità

Riorganizzate le ristrutturazioni “transfrontaliere”

Ulteriormente esteso il regime generalizzato di neutralità fiscale

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Buone notizie per le imprese che intendono ristrutturarsi. Le novità sono contenute nel Dlgs 199/2007, di attuazione della direttiva 2005/19/Ce, modificativa della n. 90/434/Cee, in materia di riorganizzazioni aziendali transfrontaliere. La logica di fondo è la progressiva eliminazione di vincoli fiscali alla libera effettuazione delle predette operazioni, al fine di eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato unico europeo. In particolare, il regime generalizzato di neutralità fiscale di tali operazioni viene esteso a ulteriori ipotesi.
Tuttavia, vale subito la pena notare che alcune modifiche riguardano operazioni meramente interne mentre altre potrebbero riguardare anche operazioni con Stati extra-Ue.

Intanto, entra in campo la società europea, disciplinata dal regolamento Ce 2157/2001, e la società cooperativa europea, di cui al regolamento Ce 1435/2003.
Tali enti giuridici sono espressamente considerati soggetti passivi d’imposta Ires.
Il che consente di applicare loro le disposizioni normative in materia di exit tax contenute nell’articolo 166 del Tuir, le quali subordinano la tassabilità al valore normale dei beni aziendali alla loro mancata confluenza in una stabile organizzazione ubicata in Italia.

La ragione appare evidente: siccome il trasferimento della residenza all’estero non può di certo considerarsi un evento realizzativo in senso stretto di redditi (non si guadagna, infatti, nulla!), ma comporta comunque la perdita per lo Stato di uscita (nel nostro caso l’Italia) della possibilità di tassare i plusvalori latenti sui predetti beni, allora i beni che non confluiscono in una stabile organizzazione ubicata in Italia sono tassati. Viceversa, per quelli che vi confluiscono, il Fisco italiano potrà sempre rivalersi sulla stabile organizzazione, comunque soggetto passivo d’imposta in Italia.
Ebbene, all’articolo 166, sono aggiunti due nuovi commi (2-bis e 2-ter), che riguardano le perdite e la tassazione dei soci delle società di capitali trasferite.

Le aggiunte pongono, tuttavia, un dubbio e, cioè, se le stesse siano applicabili anche ai trasferimenti di sede in Stati extra-Ue, considerato che l’ambito di applicazione dell’articolo 166 del Tuir non è circoscritto all’ambito europeo, né tantomeno alle sole società europee o cooperative europee. Comunque, per queste ultime, in conformità alle indicazioni della direttiva 2005/19/Ce, la decorrenza è dal 1° gennaio 2006.

A ogni buon conto, per le perdite, si stabilisce che, se prima del trasferimento non erano state compensate con redditi prodotti, potranno essere compensate con i redditi della stabile organizzazione ai sensi dell’articolo 84 del Tuir e alle condizioni e nei limiti indicati nell’articolo 181 dello stesso Testo unico.
Il rinvio all’articolo 181 dovrebbe implicare che alla stabile organizzazione possano essere attribuite perdite, proporzionalmente alla differenza tra gli elementi dell’attivo e del passivo effettivamente connessi alla stabile organizzazione e nei limiti di detta differenza.

Insomma, non tutte le perdite della società trasferita potranno essere attribuite alla stabile organizzazione sorta a seguito del trasferimento, ma solo quelle proporzionalmente attribuibili agli elementi dell’attivo e del passivo confluiti nella stabile organizzazione. Il che pone un bel problema, consistente nello stabilire se, per i calcoli, si debba fare riferimento ai valori correnti o a quelli contabili.

La seconda novità riguarda il divieto di tassare i soci della società trasferita. Specularmente, cresce la soglia di allerta per il Fisco, che dovrà comunque evitare, in quanto contrario alla lettera e allo spirito della direttiva, che avviamenti generati in Italia non siano tassati né sulla società trasferita all’estero, né sui soci della stessa.
Comunque, come si è detto, a presidio della società trasferita, viene posta la stabile organizzazione; il che dovrebbe spostare l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria su quest’ultima, invero alquanto particolare dal punto di vista dell’imposizione diretta.

Sempre in tema di trasferimento di residenza all’estero, un’ulteriore modifica normativa riguarda l’estensione alla predetta ipotesi del regime impositivo disciplinato nel 3° comma dell’articolo 179 del Tuir, per fusioni e scissioni transfrontaliere.
Tali disposizioni si applicano alla specifica ipotesi di estinzione di una stabile organizzazione all’estero, a seguito di una fusione o scissione posta in essere da una società residente in Italia con una società residente nello Stato estero.
In questo caso, le plusvalenze della stabile organizzazione sono tassabili al valore normale in Italia, ma occorre riconoscere al contribuente il cosiddetto notional tax credit, cioè un credito d’imposta virtuale pari all’ammontare dell’imposta che lo Stato estero avrebbe applicato alle plusvalenze della stabile organizzazione estinta a seguito della fusione o scissione, ma che non ha applicato in ossequio agli obblighi previsti dalla direttiva 90/434/Cee e successive modifiche.

Al pari di ciò che avviene per fusioni e scissioni transfrontaliere, anche per i trasferimenti di residenza in un altro Stato membro occorre assumere, quale valore su cui calcolare la tassazione virtuale della stabile organizzazione all’estero, il valore normale che l’altro Stato membro avrebbe determinato in caso di realizzo al valore normale di detta stabile organizzazione.
Insomma, le nuove regole estendono ai trasferimenti di residenza il vecchio regime impositivo di fusioni e scissioni basato sul notional tax credit.

Un’altra buona novella per soci, imprenditori e non, è l’allargamento dell’ambito oggettivo di applicazione del regime di sostanziale neutralità fiscale dello scambio di partecipazioni, interno e transfrontaliero, mediante permuta o conferimento, applicabile agli scambi effettuati dal 1° gennaio 2007.
Nel primo e nel secondo comma dell’articolo 177 del Tuir è previsto che anche il semplice “incremento” della percentuale di controllo, in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario, consente di godere del beneficio della sostanziale neutralità fiscale dell’operazione.
Si comprende bene che, per chi ha già in mano l’organo decisionale della società, la condizione del vincolo statutario è tamquam non esset, potendo lo statuto essere tranquillamente modificato all’uopo. Il che potrebbe porre sul tappeto un bel grattacapo: se si è modificato volutamente lo statuto per godere della neutralità fiscale, si può configurare un’ipotesi di elusione fiscale?
A completamento sistematico della modifica normativa dell’articolo 177 del Tuir, è integrata la lettera e) del 1° comma dell’articolo 178, con una previsione normativa di uguale tenore letterale.

Ulteriore rilevante novità è l’estensione del regime di neutralità fiscale alle scissioni parziali proporzionali transfrontaliere, con beneficiarie preesistenti o di nuova costituzione. La decorrenza va riferita alle scissioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2007; il che pone il solito problema di che cosa si debba intendere per “effettuazione” di una scissione.

Anche in questo caso c’è qualche pedaggio da pagare:

 

  1. è obbligatorio mantenere almeno un’azienda o un complesso aziendale
  2. è obbligatorio trasferire una o più aziende o uno o più complessi aziendali
  3. è vietato corrispondere un conguaglio in denaro ai partecipanti del soggetto scisso superiore al 10% del valore nominale della partecipazione ricevuta in concambio.

L’ultima modifica normativa prevista dal Dlgs 199/2007, applicabile ai trasferimenti effettuati a partire dal 1° gennaio 2008, va ad arricchire - in coerenza a una logica che va vieppiù imponendosi negli ultimi tempi - l’elenco delle operazioni a rischio di elusione, contenuto nel 3° comma dell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973. Nella lettera e) del predetto comma è aggiunto, infatti, il trasferimento della residenza fiscale all’estero da parte di una società quale possibile comportamento elusivo. Spetterà, come sempre, all’attività di verifica e controllo stabilire se l’eventuale trasferimento all’estero della residenza fiscale possa essere messo in relazione con comportamenti evasivi.

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