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Attualità

Rischi e opportunità del contratto di "Cost Reimbursement Agreement"

E' in uso soprattutto nel campo della ricerca universitaria, sperimentale e clinica

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L'esigenza di organizzare l'attività di impresa attraverso lo sviluppo di gruppi societari, che inizialmente aveva riguardato le sole realtà multinazionali di maggior rilievo, è oggi una tendenza diffusa che si sta espandendo in ogni settore imprenditoriale, coinvolgendo anche strutture di dimensioni media e piccola.
L'adozione di tale modello organizzativo, in cui più società svolgono la propria attività d'impresa fra loro coordinate da una o più capogruppo, trova la sua giustificazione gestionale e strategica nell'opportunità di ottenere rilevanti economie di scala, di ottimizzare la presenza del gruppo societario nel territorio e di delocalizzare lo svolgimento di determinate attività nei contesti più favorevoli.

A fronte degli indiscutibili vantaggi operativi, si riscontrano tuttavia numerosi problemi, civilistici e fiscali, nella strutturazione e nella formalizzazione di tali rapporti, considerato che alla continua diffusione dei gruppi societari non si è affiancata, nell'ordinamento giuridico italiano, una produzione legislativa che ne riconosca la piena rilevanza economico-sociale.
In particolare, un aspetto che suscita notevole interesse, per le conseguenze di carattere pratico che lo caratterizzano, riguarda la corretta individuazione e qualificazione degli accordi stipulati nell'ambito di gruppi multinazionali d'impresa per lo scambio di specifici servizi tra le varie consociate o tra la capogruppo e le singole affiliate, finalizzati alla suddivisione di costi per la realizzazione di un bene materiale o immateriale la cui utilità si riverbera sulle partecipanti ovvero i cosiddetti service agreement.
Tali accordi sono infatti la modalità operativa attraverso cui si estrinsecano i vantaggi, in termini di maggiore potenziale di economicità di gestione, di capacità concorrenziale e di ottenimento di economie di scala, che caratterizzano un "gruppo" rispetto a una organizzazione "uni-societaria".

Fra le numerose ipotesi di rapporti di service infragruppo elaborate dalla dottrina, le più frequenti riguardano:

  • rapporti di assistenza amministrativa: in cui una società del gruppo, di norma la holding, fornisce alle altre società assistenza in campo contabile, fiscale, legale e amministrativo in genere
  • accordi di fornitura di servizi di ricerca e sviluppo: finalizzati a gestire in via unitaria la ricerca e lo sviluppo in aree fra loro omogenee, come spesso sono quelle di operatività economica di un gruppo di imprese
  • attività di marketing e promozione: attività generalmente gestita da una singola società del gruppo, di norma sotto la direzione della holding per garantire la formazione di "un'immagine corporate".

Tali tipologie di accordo, oltre che per il contenuto operativo, si possono differenziare in relazione alla tipologia di contratto prescelta per la regolazione dei rapporti economici e finanziari tra le società del gruppo, ovvero per le modalità di valorizzazione del servizio e di determinazione del corrispettivo da riconoscere alle società del gruppo incaricate di porre in essere determinate attività a favore delle consociate.

La grande attenzione prestata a tali contratti, dalle imprese da un lato e dall'Amministrazione finanziaria dall'altro, discende dal fatto che, ogni qualvolta vengano poste in essere operazioni commerciali (cessioni di beni o prestazioni di servizi) fra società residenti e non residenti nel territorio dello Stato appartenenti al medesimo gruppo, il sistema tributario italiano richiama l'applicazione delle seguenti disposizioni:

  • articolo 109, commi 4 e 5, del Tuir, che prevedono l'inerenza, la certezza, l'obiettiva determinabilità dei costi dedotti nell'ottica dei tradizionali canoni di deducibilità
  • articolo 110, comma 7, del Tuir, in forza del quale i componenti del reddito, derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato che, direttamente o indirettamente, controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono valutati in base al valore normale dei beni ceduti, dei servizi prestati e dei beni e servizi ricevuti, determinato a norma del comma 2.

Ciò fa sì che nell'organizzare i rapporti di service infragruppo - la cui utilità è spesso ulteriore rispetto al mero risparmio fiscale - occorre prestare grande attenzione al contenuto contrattuale, in quanto, essendo la normativa fiscale di riferimento molto restrittiva, il comportamento dell'Amministrazione finanziaria è talvolta vincolato alla mera verifica della (eventuale) differenza fra il "prezzo di trasferimento" (cioè il corrispettivo della transazione) e il "valore normale" della transazione medesima.
La principale preoccupazione che pertanto ha guidato gli estensori dei contratti alla base dei Service Agreement è stata quella di attribuire a tali accordi piena rilevanza e validità fiscale, garantendo certezza al diritto alla deduzione dei costi sopportati.

In tale ottica, e alla luce delle indicazioni contenute nella direttiva Ocse sui prezzi di trasferimento e dei criteri al riguardo suggeriti dalle circolari ministeriali n. 32/1980 e n. 42/1981, le forme di accordo elaborate dalla dottrina a oggi più affermate sono:

  • service agreement: accordo sulla base del quale le società parti del rapporto di service infragruppo stabiliscono un corrispettivo specifico per la fruizione di un determinato servizio, senza la correlazione diretta dello stesso con i costi sostenuti dalla società fornitrice
  • cost-sharing agreement: accordo per la fornitura di servizi infragruppo basato su di una suddivisione diretta del costo sostenuto dalla società fornitrice fra tutte le società fruitrici.

Benché le due tipologie presentino problemi peculiari e in parte differenziati, è importante sottolineare che, preliminarmente alla verifica di problemi di transfer price e alla conseguente applicazione di criteri di valutazione del valore normale, anche per i costi sostenuti da una società per la fruizione di un servizio erogato infragruppo, rimangono validi i principi generali richiesti dalla normativa tributaria per qualsivoglia componente negativa di reddito ovvero:

  • il requisito dell'inerenza del costo sostenuto dalle società del gruppo
  • il requisito della certezza dell'onere sostenuto
  • il requisito dell'oggettiva determinabilità della spesa sostenuta
  • il requisito della congruità della spesa sostenuta
  • il requisito dell'utilità del servizio ricevuto.

E' chiaro che le possibilità e le modalità con cui sostenere e indagare l'esistenza dei predetti requisiti varia in funzione delle particolari modalità con cui si dà attuazione all'accordo di Service Agreement, può infatti mutare:

  • la modalità di erogazione del servizio: può essere la capogruppo a fornire il servizio a tutte controllate, viceversa può essere una controllata che svolge funzioni di supporto erogando servizi a tutto il gruppo
  • la tipologia di servizio erogato: può essere un servizio che rientra nell'oggetto sociale dell'azienda che lo fornisce e che quindi lo fornisce anche a soggetti esterni al gruppo, ovvero può trattarsi di un servizio peculiare e fornito esclusivamente all'interno del gruppo
  • la "direzione" verso cui vengono allocati i costi: la società che eroga il servizio può essere la società residente e quindi i costi vengono sostenuti all'estero, ovvero la società che eroga il servizio può essere non residente e quindi i costi vengono allocati presso la società fruitrice residente.

Tenendo conto del descritto quadro normativo e di prassi, si ritiene utile passare ad analizzare un particolare tipo di contratto denominato Cost Reimbursement Agreement, generalmente utilizzato per disciplinare i rapporti economici e finanziari collegati ad accordi di Service infragruppo, finalizzati alla fornitura di servizi di ricerca e sviluppo (Research Agreement).
Tale tipologia di contratto è in uso soprattutto nel campo della ricerca universitaria, sperimentale e clinica, quando lo stadio di conoscenza non è ancora tale da far presumere concrete opportunità di sviluppo, né di successivo sfruttamento economico.
In tali circostanze, un gruppo interessato a investire in uno specifico tipo di progetto di ricerca in quanto, ad esempio, è titolare del diritto di sfruttamento di un particolare brevetto, tende a concentrare la ricerca in seno a una sola società del gruppo, la cui attività sia totalmente finalizzata alla produzione di risultati suscettibili di sfruttamento economico e che, in funzione degli stessi, impegni risorse umane e materiali senza tuttavia svolgere alcuna attività nei confronti del mercato. La localizzazione della società viene generalmente determinata a seguito di attente valutazioni di tipo logistico, essendo il campo della ricerca fortemente influenzato dal contesto culturale in cui si inserisce e beneficiando di molte esternalità tipiche dei cosiddetti "distretti", come disponibilità di manodopera specializzata, infrastrutture specialistiche, disponibilità di servizi, eccetera.

A fronte della ricerca, il "Cost Reimbursement Agreement" prevede che tutti i costi, allo scopo sostenuti, vengano interamente rimborsati e che, coerentemente, tutti gli eventuali benefici/risultati e vantaggi economici derivanti, direttamente o indirettamente, dalla ricerca siano di appannaggio esclusivo delle società del gruppo che hanno partecipato al rimborso.
La peculiarità di tale tipologia di contratto discende dal fatto che combina alcune problematiche tipiche dei due contratti precedentemente illustrati:

  • come il Cost-sharing agreement, prevede una correlazione diretta con i costi sostenuti dalla società fornitrice
  • come il Service agreement, deve garantire che il costo complessivamente sostenuto rappresenti in maniera sufficientemente attendibile il contenuto economico della prestazione.

Tutto ciò premesso, si consideri un riscontro finalizzato alla verifica della regolarità fiscale delle operazioni effettuate da una controllante residente che, da una parte, ha portato in deduzione costi derivanti da un Cost Reimbursement Agreement con la controllata e, dall'altra, non ha dichiarato alcun reddito in capo alla subsidiary, essendo le uniche entrate di quest'ultima costituite dal rimborso dei costi sostenuti effettuato dalla controllante.
I riscontri finalizzati alla verifica della regolarità fiscale di tale rapporto, devono necessariamente tener conto del fatto che il rimborso totale dei costi comporta una significativa alterazione dei rapporti di indipendenza giuridica e gestionale delle società coinvolte in quanto:

  1. la controllata non residente appare dotata di un'autonomia giuridica formale piuttosto che sostanziale, essa infatti opera in una situazione di totale mancanza di rischio d'impresa, sostenendo di fatto tutte le spese in nome proprio ma per conto della controllante, alla quale vengono riallocate interamente senza alcuna maggiorazione
  2. la controllante residente attua, in forza di tale contratto, una pura esternalizzazione di una voce di costo complessivamente considerata, riconducibile a una sorta di mandato senza rappresentanza.

Ne consegue che il vaglio della sussistenza dei requisiti di deducibilità dovrebbe affrontare la questione della correttezza del criterio di individuazione e determinazione del costo, da un duplice punto di vista.
Da un lato, indagando il costo nel suo complesso in quanto controparte del servizio di ricerca, valutandone l'inerenza rispetto all'attività svolta dalla controllante, la certezza dell'onere sostenuto tramite verifica dei pagamenti effettuati, l'effettività del servizio ricevuto e l'utilità dello stesso.
Dall'altro, vista la peculiarità del rapporto che lega le due controparti, ai fini di verificare i requisiti della congruità della spesa sostenuta e della oggettiva determinabilità della stessa, identificando e quantificando in maniera sufficientemente oggettiva e analitica i costi sostenuti dalla società controllata (e quindi non come un unicum), per accertarne l'effettiva riferibilità al compimento di attività inerenti l'accordo di ricerca, per cui il contratto prevede il rimborso.

Nel caso in esame, risulta evidente come la maggiore difficoltà e la maggiore attenzione riguarda la valutazione della congruità del costo dedotto dalla controllante ovvero, in ultima analisi, della congruità di tutti i costi sostenuti dalla controllata.
Al riguardo, va sottolineato che la normativa italiana ha recepito il criterio "arm's lenght", proprio della Convenzione modello Ocse, come il valore che "sarebbe stato concordato fra imprese indipendenti per operazioni identiche o similari a condizioni similari o identiche nel libero mercato". Un principio di cui, nel caso in esame, risulta difficile, se non impossibile, l'applicazione, trattandosi non solo di prestazioni sviluppate ad hoc e non offerte all'esterno del gruppo, ma anche di un servizio di ricerca innovativo, "riservato" e dotato di un carattere di specialità e non ripetibilità tale da impedirne il raffronto con servizi della stessa specie o similari.

Analoghe difficoltà, strettamente collegate a quelle appena descritte, si riscontrano con riferimento al requisito dell'utilità del servizio che, nel caso in esame, si concretizza proprio in una maggiore economicità della prestazione ricevuta rispetto alle condizioni di libero mercato, con un conflitto, almeno in via di principio, con la disciplina in tema di valore normale.
Anche a fronte di queste difficoltà, l'Ocse ha individuato una serie di criteri "alternativi", in parte recepiti nelle circolari ministeriali di riferimento, che suggeriscono metodi diversi. Tra questi, quello più idoneo al caso in esame appare il "cost plus method", secondo il quale il valore normale della transazione è pari al costo di produzione del servizio incrementato di un adeguato margine di utile.

Posto che nel caso specifico il margine di utile, per volontà delle parti non esiste, l'applicazione pratica del metodo in esame si riduce alla corretta determinazione del costo di produzione e, a tal fine, appare preliminare che sia la controllata stessa a dotarsi di un sistema di contabilità analitica sufficientemente strutturato.
Si ritiene infatti che la chiave di volta, affinché i costi dei servizi resi alla controllante italiana non generino problemi di deducibilità fiscale, stia in capo alla subsidiary, la quale deve essere in grado di evidenziare come si forma il costo del servizio che rende nell'interesse della controllata, individuandone l'origine contabile e l'inerenza all'attività di ricerca contrattualmente prevista nel Research Agreement.

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