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Attualità

Scissione parziale “tipica”. Conferma di non elusività

L’operazione, sorretta da valide ragioni economiche, mira a una più efficiente riorganizzazione aziendale tramite la concentrazione nelle diverse società, scissa e beneficiarie, delle rispettive gestioni peculiari

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Declaratoria di non elusività per la realizzazione di un’operazione di scissione parziale proporzionale: è la pronuncia cui addiviene il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, interpellato da una snc attraverso la procedura d’interpello, prevista dall’articolo 21 della legge n. 413 del 30 dicembre 1991.
Il parere definisce l’iter procedurale che si è snodato in due momenti, in quanto, a un primo approccio, la questione rappresentata presentava lacune documentali pregiudiziali all’esame di merito.

Pur rilevando che la fattispecie è per natura ascrivibile al novero di quelle elette dal legislatore come rientranti nell’ambito applicativo dell’interpello “antielusivo” e, dunque, di competenza cognitiva da parte del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, l’Organo predetto ne aveva, in primo esame, stigmatizzato le carenze, dirimenti per il giudizio finale di assoluzione o meno del disegno riorganizzativo.
Una volta colmati gli interrogativi derivanti dalla presenza di eventuali cause di inammissibilità, non evidenziate dalla competente direzione regionale, e acclarata la valida legittimazione attiva alla proposizione dell’interpello da parte del professionista incaricato, non si frappongono altri elementi di criticità nella valutazione della fattispecie, la cui comprensione è sostanzialmente agevole.

Propone l’interpello una società (snc) che esercita attività artigiana di impiantistica civile e navale nonché di commercio al dettaglio di articoli per l’arredo del bagno, che è partecipata da quattro soci persone fisiche per una quota pari al 25 per cento.
Nell’istanza viene precisato che l’attività di impiantistica è svolta presso un capannone artigianale (categoria C/3) di proprietà della società istante, mentre quella di commercio al dettaglio viene esercitata presso alcuni locali condotti in locazione dalla medesima società e che, oltre al suddetto immobile, la società istante è proprietaria di altri due capannoni attigui (categoria C/3), di un fondo (categoria C/2) e di un’altra unità immobiliare (categoria C/2) con relativo posto auto (categoria C/6).

La necessità di separare i tre rami aziendali (immobiliare, impiantistica, commercio al dettaglio) al fine di rendere più efficiente la gestione dei medesimi secondo logiche imprenditoriali proprie dei rispettivi settori di attività induce i soci a valutare l’opportunità di porre in essere un’operazione di scissione societaria parziale proporzionale con costituzione di due nuove società beneficiarie - aventi forma giuridica di società a responsabilità limitata, i cui soci (persone fisiche) saranno gli stessi della snc, con le medesime percentuali di partecipazione al capitale sociale - nelle quali far confluire, rispettivamente, il ramo “artigianale” e quello “commerciale”, al fine di giungere a una migliore razionalizzazione dell’attività sociale e dei rami d’azienda in essa astrattamente individuabili (immobiliare, impiantistica, commercio al dettaglio).
La prospettata scissione consentirebbe, inoltre, ai soci "di reperire più agevolmente in futuro, ove ne venisse ravvisata la necessità, ulteriori capitali di rischio" (l’ingresso di nuovi soci sarebbe, infatti, reso meno oneroso dalla circostanza che gli attivi patrimoniali delle beneficiarie non conterrebbero più la voce relativa agli immobili).

Gli immobili (ivi compreso il capannone presso il quale è svolta l’attività di impiantistica) e le correlate posizioni debitorie e creditorie, resteranno, invece, nel patrimonio della società scissa, che manterrà la forma giuridica di società in nome collettivo, svolgendo attività di gestione immobiliare. La scissione avverrà a valori contabili e con continuità di valori fiscali, senza emersione di plusvalenze o minusvalenze, e senza fuoriuscita degli elementi patrimoniali dal regime ordinario dei beni d’impresa.
L’istante afferma che non è prevista la cessione a terzi delle quote delle società risultanti dall’operazione di scissione e che, dopo l’operazione stessa, la società scissa concederà in locazione, a prezzi di mercato, alla società beneficiaria destinataria del ramo aziendale di impiantistica civile e navale l’immobile occorrente per lo svolgimento della propria attività.

Come si è premesso, il Comitato, in prima analisi, aveva reputato come preliminare a ogni considerazione sul merito dell’interpello sottoposto la verifica della ricorrenza dei requisiti di ammissibilità dell’istanza, evidenziando i due profili che richiedevano una attenta disamina, ossia segnatamente:

  • la presenza in capo al professionista incaricato dalla interpellante della valida legittimazione attiva alla proposizione dell’interpello
  • la verifica del rituale inoltro della richiesta al Comitato.

In ordine al primo profilo evidenziato, era stato osservato che l’articolo 63, primo e secondo comma, del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, puntualmente invocato nelle premesse dell’istanza di parere preventivo, indubbiamente costituisce un’idonea base legislativa del dichiarato potere procuratorio. E invero, le disposizioni sopra richiamate (che recitano: "(p)resso gli uffici finanziari il contribuente può farsi rappresentare da un procuratore generale o speciale …" e "(l)a procura speciale deve essere conferita per iscritto con firma autenticata … (q)uando la procura è conferita a persone iscritte in albi professionali … è data facoltà agli stessi rappresentanti di autenticare la sottoscrizione"), stante la loro latitudine applicativa, possono reputarsi norme di carattere generale, la cui osservanza è necessaria e sufficiente per l’instaurazione di valide interlocuzioni con l’Amministrazione finanziaria, complessivamente intesa, laddove manchino, come nel caso della disciplina dell’interpello ex articolo 21 della legge n. 413/1991, diverse previsioni di segno contrario.
Nella fattispecie, il professionista delegato dalla società interpellata si era rigorosamente attenuto al precetto dell’articolo 63, corredando debitamente l’istanza del documento recante la procura speciale e indicando, nell’incipit della domanda d’interpello, gli estremi dell’iscrizione all’albo dei ragionieri commercialisti.

Il secondo aspetto sopra evidenziato aveva suggerito, invece, un rilievo di carattere documentale sulla nota di trasmissione dell’interpello, la quale non risultava conforme a quanto puntualmente stabilito dalla circolare del 28 maggio 1998, n. 135, secondo cui la direzione regionale, nella lettera di trasmissione da inviarsi a mezzo del servizio di posta prioritaria, deve evidenziare:

  • eventuali cause di inammissibilità della richiesta previste dall’articolo 5, comma 2, del decreto n. 194 del 1997
  • eventuali attività di accertamento già effettuate o in corso riguardanti la fattispecie oggetto dell’interpello
  • gli estremi di protocollo relativi alla trasmissione della preventiva richiesta di parere rivolta dal contribuente alla direzione centrale Normativa e Contenzioso dell’agenzia delle Entrate.

Nella fattispecie, la direzione regionale non aveva comunicato al Comitato alcuna notizia relativa all’eventuale avvio, nei confronti della istante, di attività di accertamento.
A lume di ciò, il Comitato, visto l’articolo 5, comma 13, del decreto ministeriale n. 194 del 1997, aveva disposto un’integrazione istruttoria, alla quale è stato offerto puntuale riscontro, dando così possibilità all’Organo consultivo di effettuare il dovuto esame di merito del caso prospettato.

Il caso rappresentato è riconducibile al novero delle questioni per le quali trova applicazione il disposto dell’articolo 37-bis del Dpr n. 600/73, il quale prevede che gli atti, fatti e negozi, anche collegati tra loro, sono, a certe condizioni, inopponibili all’Amministrazione finanziaria, la quale ha il potere di disconoscere i vantaggi che ne derivano.
Affinché un’operazione possa configurarsi come elusiva, occorre che si verifichino contemporaneamente le seguenti quattro condizioni:

  1. deve trattarsi di comportamenti (intesi come serie di atti, fatti e negozi posti in essere anche successivamente nel tempo) che, nel loro ambito, comportano l’utilizzo di una o più delle operazioni indicate al terzo comma dello stesso articolo 37-bis
  2. deve trattarsi di comportamenti diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento
  3. deve trattarsi di comportamenti tesi a perseguire un risparmio d’imposta disapprovato dal sistema
  4. deve trattarsi di comportamenti privi di valide ragioni economiche.

Allorché manchi anche uno soltanto di detti requisiti, l’operazione non può essere considerata elusiva.
La scissione, disciplinata dall’articolo 173 del Tuir, è un’operazione di per sé fiscalmente neutrale, ma è suscettibile di mutare in operazione elusiva qualora sia priva di valide ragioni economiche e finalizzata al conseguimento di un risparmio d’imposta indebito ovvero di aggiramento di obblighi o divieti posti dall’ordinamento (come nel caso in cui essa sia volta ad aggirare la normativa sull’imposizione delle plusvalenze dei beni relativi all’impresa attraverso la creazione di apposite società contenitore ove far confluire i beni da cedere, trasformando le plusvalenze su beni in plusvalenze su partecipazioni, soggette al più mite regime dei capital gains).

Lo stesso Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive (si vedano i pareri n. 16/2003, n. 9/2004, n. 5/2005, n. 32/2005, n. 38/2005) ha più volte ribadito che la scissione è un’operazione fiscalmente neutrale e di per sé non elusiva, specialmente nel caso in cui il trasferimento di attività dalla società scissa alla beneficiaria avvenga in regime di continuità di valori fiscali e senza sottrazione delle stesse al regime dei beni di impresa. Infatti, un’operazione di scissione societaria si caratterizza come operazione di riorganizzazione aziendale, rispondente a determinate finalità e strategie imprenditoriali, sempre che non venga strumentalmente utilizzata per conseguire indebiti vantaggi tributari.
Dai pareri sopra citati si evince che l’attenzione deve essere posta sulla circostanza che attraverso la scissione non si ottenga il risultato di far fuoriuscire i beni dall’ambito del reddito d’impresa.

Nel caso in esame, il dichiarato intento dei soci è quello di separare l’attività artigianale e quella commerciale da quella relativa alla gestione delle proprietà immobiliari, attività quest’ultima che continuerà a essere svolta dalla società beneficiaria.
In merito alle valide ragioni economiche dell’operazione, nell’istanza viene evidenziato che l’operazione di scissione permetterebbe di favorire l’ingresso di nuovi soci nelle società beneficiarie, potenziandone l’attività, mentre la società scissa avrebbe la possibilità di mettere in atto una specifica strategia di investimenti nel settore immobiliare.
Alla luce delle suesposte considerazioni e sulla base dei soli fatti esposti dalla società istante, l’operazione in questione appare obiettivamente finalizzata alla realizzazione di situazioni giuridico-economiche propriamente riconducibili alle finalità tipiche di una scissione parziale.

Il Comitato, dunque, rilevando che la prospettata scissione consiste in un’operazione di scorporo delle aziende commerciali e nel loro trasferimento, con continuità di valori fiscali, in due nuove società aventi compiti operativi in modo che la componente immobiliare resti nel patrimonio della società scissa agli stessi valori contabili e senza mutazione dell’originario regime d’impresa cui é sottoposta, ritiene che la medesima operazione non sia volta all’aggiramento di norme tributarie e, in quanto sorretta da valide ragioni economiche, non presenti profili di elusività. L’operazione, in altre parole, si rivela obiettivamente volta alla realizzazione di assetti giuridico-economici propriamente riconducibili alle finalità tipiche della scissione parziale e, per come descritta, si presenta sorretta da valide ragioni economiche, mirando essa a una riorganizzazione aziendale complessivamente più efficiente, conseguita attraverso la concentrazione nelle differenti società, scissa e beneficiarie, delle rispettive gestioni caratteristiche (parere n. 50/2005).

La declaratoria di non elusività non esclude una diversa possibile valutazione qualora l’operazione rappresentata dovesse manifestarsi preordinata alla successiva rivendita delle quote societarie ovvero al compimento di atti e negozi che possano concretizzare complessivamente un disegno elusivo.

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