La formazione del bilancio nella tradizione economico aziendale
Il bilancio è, nell'ambito degli studi aziendalistici(1), un sistema informativo teso a dare contezza della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell'azienda. A tali informazioni sono interessati, con modalità diverse e, spesso, anche contrastanti, soci, creditori, investitori, finanziatori e fisco. Partendo da questo assunto, la dottrina ha sostenuto che le linee di fondo per la costruzione del bilancio sono due(2): la prima è quella di lasciare al redattore dello stesso libertà di valutare il capitale di funzionamento e il connesso reddito secondo le prestabilite finalità da raggiungere, fornendo idonee spiegazioni sulle scelte adottate; l'altra è quella di far decidere al legislatore i criteri valutativi, presuntivamente corretti, per rispondere alle esigenze di tutela dei soggetti più deboli nella compagine aziendale, ai quali i redattori del bilancio sono costretti a uniformarsi. In tale dicotomia, nel nostro Paese, giuspositivista per definizione, si è optato per la seconda soluzione, quella cioè di un corpus di norme giuridiche atte a disciplinare dettagliatamente la materia, sia pure in via astratta e generale, e uno di norme tecniche(3) di interpretazione e integrazione, laddove il carattere generale e astratto della norma richieda un intervento. Quale che sia la scelta per la costruzione del bilancio di esercizio, tale documento risulta essere atto a consuntivare i risultati della gestione. Quindi, l'impostazione di fondo del bilancio è quella di offrire informazioni sul passato della gestione, dalle quali, l'esperto, potrà anche trarre qualche dato sull'evoluzione futura della gestione. In questo contesto consolidato, che si è allargato all'armonizzazione europea(4), c'è stato anche chi ha, provocatoriamente, auspicato la possibilità di rendere il bilancio un vero sistema informativo aperto(5), in cui si presentano tutte le voci secondo le varie opzioni valutative e, poi, i soggetti interessati chiuderanno le stesse secondo le proprie finalità.
Una siffatta proposta non può che rimanere inascoltata in un sistema come il nostro nel quale la norma presiede all'informazione esterna d'azienda ed è orientata, presuntivamente(6), alla prudenza. Tutto l'impianto del bilancio è incardinato sulla prudenza e, ovviamente, sul principio della continuità (articolo 2423 c.c.), il che si sostanzia nell'utilizzo del criterio del costo in tutte le valutazioni (articolo 2426 c.c.). L'ancoraggio al costo storico, quale parametro di riferimento oggettivo, mira proprio a tenere legate le valutazioni dei diversi cespiti al valore più antico e, quindi, normalmente più basso(7), il valore corrente è utilizzabile solo in alcuni casi e sempre come alternativo al costo e a condizione che sia minore di quest'ultimo. Non è un caso, infatti, che il legislatore tributario, orientato in linea di principio alla massimizzazione della base imponibile, fissi per alcuni cespiti il costo come parametro al di sotto del quale non si può scendere(8), proprio perché lo giudica il valore più basso per la determinazione di un'attività.
In estrema sintesi, dunque, il bilancio d'esercizio nella tradizione nazionale si fonda su due assi portanti: il primo è che la norma di legge detta le regole per la costruzione di questo documento. Il secondo, strettamente connesso al primo, è che il principio considerato migliore per la tutela dei terzi è la prudenza e, quindi, il criterio valutativo alla base della costruzione del bilancio è quello del costo, giacché quest'ultimo risulta un parametro oggettivo e che dà contezza della gestione passata.
Critiche e disquisizioni dottrinarie hanno, a più riprese, cercato di sottolineare che non sempre esiste identificazione fra prudenza e costo(9), ma in buona sostanza la regola ha permeato tutta la disciplina sul bilancio e anche le recenti modifiche apportate dal Dlgs 6/2003, fatta eccezione per la stima delle attività e passività in valuta, da apprezzarsi al cambio corrente alla data di chiusura di bilancio (articolo 2426, punto 8-bis)(10), non hanno introdotto sostanziali modifiche al criterio del costo. Infatti, anche il novello punto 3-bis dell'articolo 2427, che impone di inserire in nota integrativa un prospetto recante le possibili svalutazioni intervenute sulle cosiddette immobilizzazioni immateriali di durata indeterminata e che sembra far presagire l'introduzione dell'impairment test, di cui allo Ias 36, in realtà non modifica l'impianto della valutazione al costo storico svalutato attraverso un prestabilito piano di ammortamento, bensì accosta a questo un'informazione addizionale.
La formazione del bilancio secondo gli Ias
Il bilancio secondo i principi contabili internazionali si fonda su un presupposto completamente diverso da quello del nostro Paese. Infatti, il sistema dei principi contabili di generale accettazione(11) nasce nei paesi common law, nei quali la norma sul bilancio non è codificata, ma enucleata dalla prassi contabile consolidata. Quindi, a fronte di un corpo di norme giuridiche integrate da norme tecniche, come avviene nel nostro ordinamento a diritto codificato (civil law), si inverte il meccanismo e si trovano norme tecniche che, accettate da tutti gli operatori, forniscono le guidelines per la formazione del bilancio(12).
La finalità dell'operatore, però, non è quella del legislatore civilistico nazionale e ciò porta a un impianto di bilancio destinato a dare conto del valore corrente dei beni e delle attività aziendali, cioè del loro valore di realizzo sul mercato. In altri termini, il bilancio è costruito per fornire informazioni più sulla futura capacità dell'impresa di produrre reddito, che su quanto prodotto in passato. Dal bilancio si traggono informazioni puntuali al momento della chiusura dell'esercizio e non consuntive sull'andamento della gestione nel tempo. Il bilancio secondo la prassi contabile internazionale è finalizzato a fornire informazione sui valori patrimoniali, finanziari ed economici, valutati secondo le indicazioni del mercato alla data di chiusura dell'esercizio; il che, in alcuni casi, può condurre a valori più prudenziali del costo, (e in altri no), ma sicuramente conduce sempre a valori che fluttuano da un esercizio a un altro, non basandosi su elementi storici. Non a caso, tanto lo Ias 1 quanto il Framework chiariscono che fra i destinatari delle informazioni di bilancio vanno privilegiati gli investitori attuali, i soci, e potenziali. Il bilancio deve fornire informazioni atte a valutare l'opportunità di continuare, o cominciare, a investire in una data impresa. Si tratta, dunque, di uno strumento di analisi che deve consentire di fare scelte per il futuro e non dare solo conto del passato.
La prospettiva del redattore del bilancio è diversa, non migliore o peggiore, semplicemente diversa.
Le principali conseguenze dell'introduzione degli Ias nel nostro impianto di bilancio
Al di là dei passi legislativi già attuati e ancora in via di perfezionamento(13), in questa sede interessa analizzare i sostanziali cambiamenti conseguenti all'introduzione dei principi contabili internazionali. La prima novità va ricercata negli schemi di bilancio; questi, ai sensi della normativa nazionale, sono lo stato patrimoniale (articolo 2424), il conto economico (articolo 2425) e la nota integrativa (articolo 2425), mentre gli Ias prevedono, come obbligatorio, anche il prospetto di rendiconto finanziario(14). Tale inserimento non può che essere accolto con favore da chi ne ravvisava la mancanza(15); inoltre, va sottolineato che la predisposizione di un simile schema non presenta particolari problematiche(16). Per quanto attiene agli schemi, è da sottolineare che lo stato patrimoniale, sempre a sezioni divise e contrapposte, può avere le voci classificate secondo il ciclo operativo, quindi distinte fra attività/passività correnti e non correnti(17), o secondo la liquidità. Dalla lettura dello Ias1 emerge una predilezione per la prima soluzione. Il conto economico, in forma scalare, ha voci classificate per natura o per destinazione, con una predilezione per la prima soluzione. L'aspetto su cui è, però, necessaria una riflessione è che l'ultima versione dei principi contabili internazionali non prevede l'autonoma esposizione della gestione straordinaria e ciò, a parere di chi scrive, è una contraddizione in termini con il metodo della classificazione per natura. Infatti, laddove il redattore del bilancio ravvisi la non iscrivibilità di un componente nella gestione caratteristica, è evidente che questo rientri nella gestione straordinaria. Lo schema previsto lascia libertà al redattore di adattare lo stesso alle esigenze concrete della realtà aziendale, il che, però, dà la stura a un'altra contraddizione: il rischio di far venire meno l'armonizzazione delle informazioni esterne d'impresa (la cosiddetta comparabilità esterna)!
Una seconda differenza va individuata nella impossibilità di iscrivere fra le attività alcuni intangible, come i costi di impianto e di ampliamento. Questi ultimi, infatti, non sono considerati dalla prassi contabile internazionale come elementi capitalizzabili, bensì come costi d'esercizio.
Altro problema è costituito dalla necessità di dover indicare le varie parti di un unico bene complesso, al fine di procedere all'ammortamento separato di dette attività, componenti dell'unità economica. Si pensi, ad esempio, a beni come navi o aerei; essi sono considerati come il risultato di singoli elementi (Ias 16) che possono essere soggetti a processi di deperimento differenti, pertanto sarà necessario calcolare gli ammortamenti delle singole parti autonome, iscrivendole in contabilità come attività separate. Tale comportamento contabile è in netto contrasto con il principio economico aziendale per il quale un bene ha valore in quanto frutto di un complesso processo di trasformazione e, dunque, va considerato come un tutt'uno e come tale deve essere ammortizzato. Un aereo, in altre parole, vale, o dovrebbe valere, di più delle sue singole componenti e l'usura del bene è complessiva, l'eventuale valore residuo di alcuni elementi potrà emergere in caso di cessione a soggetti deputati al riutilizzo delle varie componenti.
Vi è anche il fenomeno del leasing, che, da sempre, è stato contabilizzato con il metodo patrimoniale e anche le modifiche introdotte dal Dlgs 6/2003 hanno ribadito tale metodo, prevedendo, però, l'introduzione in nota integrativa degli effetti del metodo finanziario (punto 22 articolo 2427), non consentendo l'emersione della sostanza dell'operazione sulla forma della stessa. Nella prassi contabile internazionale (Ias 17), da sempre, si è invece previsto il metodo finanziario.
Altra differenza è costituita dalla periodica verifica del valore delle immobilizzazioni immateriali (Ias 36), segnatamente l'avviamento, attraverso il cosiddetto impairment test, che, come già evidenziato nei precedenti paragrafi, ha visto la sua introduzione nel nostro sistema di bilancio solo a livello informativo, nel novato punto 3bis dell'articolo 2427. La svalutazione di tale attività va, però, inquadrata nell'ottica del nostro sistema in cui le immobilizzazioni immateriali vengono ammortizzate secondo un sistematico piano di ammortamento.
Un aspetto su cui occorrerà porre molta attenzione sarà anche il calcolo del fondo Tfr; quest'ultimo, infatti, dovrà essere assimilato (Ias 19 e 26) a un piano pensionistico a benefici definiti, poiché, come noto, esso costituisce un unicuum del nostro ordinamento. Pertanto, occorrerà calcolare, con formule attuariali, per ogni posizione il valore attuale finanziario della passività.
Last but no least è da considerare il problema fulcro del passaggio dal sistema nazionale a quello internazionale, che è quello del fair value (Ias 32 e 39). Quest'ultimo, individuato come valore equo o corrente, assume diverse connotazioni in relazione al cespite cui si riferisce. E', infatti, il valore di realizzo netto dei prodotti finiti e merci, il costo di completamento e di vendita per i prodotti in corso di lavorazione, il costo di sostituzione delle materie prime, il costo di riacquisto per impianti e macchinari, il valore dei flussi finanziari futuri collegato a un intangible. Andando ad analizzare le opzioni appena menzionate, non è difficile rendersi conto che tali parametri sono noti e utilizzati nel nostro ordinamento; si pensi, a puro titolo esemplificativo, al valore di realizzo delle rimanenze, o alle recenti introduzioni(18) concernenti la valutazione delle attività e passività in valuta al cambio della chiusura dell'esercizio. Ciò che rappresenta uno scoglio da superare è che il valore equo o corrente non è più un parametro alternativo utilizzabile solo se inferiore al costo, ma diventa il criterio base per le valutazioni dei diversi cespiti. Tali problemi operativi sono, del resto, noti alle aziende, poche in verità, che si sono quotate nei mercati inglesi e, soprattutto, statunitensi, e che in quelle sedi sono state chiamate a riscrivere il proprio bilancio per renderlo omologo ai principi contabili internazionali. In altre parole, dunque, il vero problema nell'applicazione degli Ias non è da ricercarsi nel fair value o nel leasing finanziario, ma nel superamento del criterio del costo e, dunque, del principio della prudenza, così come è inteso dal nostro legislatore.
Il Dlgs 394/2003 prevede che dal 1° gennaio 2005 vengano fornite nella nota integrativa del bilancio ordinario e in quello consolidato anche delle banche e degli enti finanziari, nonché nella relazione sulla gestione, informazioni dettagliate sul: fair value degli strumenti finanziari derivati, sulle immobilizzazioni finanziarie iscritte a un valore superiore al fair value e le ragioni della mancata riduzione. Dunque, la nota integrativa viene arricchita dalle Informazioni relative al valore equo "fair value" degli strumenti finanziari (articolo 2427-bis).
E' sempre in questa prospettiva di ampliamento dei casi d'impiego del fair value, poi, che occorre ribadire che dal 1° gennaio 2005 è obbligatorio, o facoltativo per alcune società, redigere il bilancio ordinario e consolidato secondo i principi contabili internazionali e introdurre in nota integrativa le informazioni sul fair value dei derivati e delle immobilizzazioni finanziarie.
Le riflessioni che precedono, senza pretesa alcuna di completezza, sono solo alcuni spunti per porre in evidenza come l'introduzione degli Ias non comporterà differenze di ordine valutativo, ma indurrà a un ripensamento del bilancio. Quest'ultimo sarà destinato, infatti, a cambiare ruolo.
Considerazioni conclusive
Da quanto precede, pur nell'estrema sintesi, si delinea che il bilancio, a seguito dell'introduzione degli Ias subirà diverse modifiche. Tuttavia, a parere di chi scrive, la vera innovazione non sta tanto nei tecnicismi o nelle modalità valutative, comunque già note, quanto nelle finalità del documento stesso. Quest'ultimo sarà sempre più uno strumento per le decisioni e sempre meno un rendiconto. Non è un caso, infatti, che fra i documenti raccomandati dallo Ias 1 ci siano il bilancio sociale e quello ambientale. Una società che può dimostrare di aver creato valore sociale e di aver operato al minimo impatto ambientale, rivela un grande atout presso i mercati finanziari; parimenti assume rilevanza la rendicontazione finanziaria, proprio perché gli analisti privilegiano le aziende finanziariamente "solide".
Il bilancio diverrà, con il tempo, lo strumento che l'azienda presenta perché si investa su di essa e non per quanto ha fatto in passato, ma per quanto dimostra di saper fare in futuro. E' chiaro che tale processo è influenzato dalle modalità di costruzione del bilancio e presuppone massima trasparenza. Va, dunque, ripensato l'approccio stesso al bilancio, partendo, cioè, dalle attese informative che il lettore ripone in esso.
NOTE:
1 Cfr. per tutti: P.ONIDA, Il bilancio d'esercizio nelle imprese. Significato economico del bilancio. Problemi di valutazione, Milano, 1951; P.CAPALDO, Gli obiettivi del bilancio e la IV Direttiva CEE, in La contabilità delle imprese e la IV Direttiva CEE, Milano, 1980, p.287 e ss.; F.SUPERTI FURGA, Il bilancio di esercizio italiano secondo le normative europee, Milano, 1991; C.BIANCHI, Scritti in materia di bilancio, Roma, 1998; P.BASTIA, Il nuovo bilancio d'esercizio attuazione della IV Direttiva CEE, Bologna, 1993.
2 Cfr.: P.ONIDA, Il bilancio d'esercizio nelle imprese. Significato economico del bilancio. Problemi di valutazione, p. 90 e ss.
3 Ci si riferisce ai principi contabili nazionali, che vengono emanati dal 2001 dall'Oic, Organismo italiano di contabilità, mentre fino al 2001 sono stati emanati da una commissione paritetica di dottori commercialisti e ragionieri.
4 Ci si riferisce alle diverse riforme in materia di rendiconti annuali; infatti, il codice civile del 1942, che individuava il bilancio nel solo stato patrimoniale, è stato, dapprima innovato nel 1974 con l'introduzione del conto dei profitti e delle perdite e la relazione degli amministratori. La grande innovazione, però, è quella del 1991, quando sono state recepite la IV e la VII direttiva Cee in tema di rendiconti d'esercizio e consolidati. Quest'ultima riforma ha aperto la strada all'armonizzazione dei conti annuali a livello europeo, pur mantenendo specificità e differenze, attraverso la presentazione di opzioni differenti fra cui ogni Stato membro ha prescelto quella maggiormente coerente con la propria tradizione contabile. A livello nazionale la normativa in tema di bilancio è stata modificata, da ultimo, nel più generale quadro della riforma del diritto societario (legge delega 366/2001 - Dlgs di attuazione n. 6/2003). A livello europeo, come si cercherà di chiarire più avanti, è in atto una trasformazione finalizzata a omogeneizzare i conti annuali dei diversi paesi membri.
5 Cfr. P.CAPALDO, Qualche riflessione sull'informazione esterna d'impresa, in Rivista dei Dottori Commercialisti, n.5, 1975, p.848 e ss.
6 Cfr.: P.CAPALDO, Reddito, Capitale e Bilancio. Una introduzione, in cui l'autore chiarisce che, in ottica economico - aziendale, il criterio del costo non è sempre rispondente al principio della prudenza. Ad esempio, nel caso dell'ammortamento, questo è possibile solo nei limiti della cosiddetta capacità di ammortamento, cioè se l'impresa è in grado, pur trasferendo costi al futuro, di garantire per il successivo esercizio la condizione di equilibrio economico. La condizione prevista dal codice è, invece, quella della mera recuperabilità del costo trasferito. Op. cit., p. 93 e ss.
7 E' indiscutibile, infatti, che in situazioni di prezzi crescenti il criterio del costo risulti più prudenziale.
8 E' il caso, ad esempio, delle rimanenze di magazzino già disciplinate dall'articolo 59 del Tuir, oggi articolo 92, come modificato dal Dlgs 12/12/2003, n.344.
9 Cfr.: P.CAPALDO, Reddito, Capitale e Bilancio, cit, p.93 e ss.
10 La novella del citato punto 8-bis, va coordinata con la voce 17-bis dell'articolo 2425 e con il II comma dell'articolo 2425-bis.
11 L'organismo internazionale deputato a emanare i principi contabili internazionali, dal 2001, è lo Iasb, International Accounting Standard Board, che emana gli Ifrs, International Finanancial Reporting Standard; lo Iasb ha, infatti, sostituito lo Iasc (International Accounting Standard Commitee), che fino a quella data ha emanato gli Ias (International Accounting Standard); pertanto, nel presente scritto si parla impropriamente di Ias, mentre sarebbe corretto parlare di Ifrs.
12 Cfr.: E. VIGANÒ, L'impresa e il bilancio europeo, Padova, 1990, p.47 e ss; C.BIANCHI, Scritti in materia di bilancio, cit., p. 58 e ss.
13 Nell'ottica dell'armonizzazione, la Comunità europea ha emanato il regolamento 1606/2002; quest'ultimo obbliga all'utilizzo degli Ias per la redazione del bilancio consolidato delle società quotate, mentre si è limitato ad attribuire una facoltà in tal senso ai singoli Stati membri per quanto attiene il bilancio ordinario delle quotate e per quelli ordinari e consolidati delle non quotate. Il legislatore nazionale ha dato corso al citato regolamento 1606/2002 con la legge 31/10/2003, n. 306 (legge comunitaria 2003), con cui ha delegato il Governo ad adottare entro un anno i principi contabili internazionali nella redazione dei bilanci delle società italiane. Inoltre, nel giugno 2003 è stata emanata la direttiva 51/Ce, volta a modificare, alla luce dell'introduzione dei principi contabili internazionali, le precedenti direttive in tema di rendiconti d'esercizio (IV) e consolidati (VII). Parallelamente a queste norme comunitarie ve ne sono altre in tema di fair value. In particolare, la direttiva 65/Ce del 2001, che introduce il criterio del fair value nella valutazione delle attività finanziarie. Il Governo ha ricevuto la delega al recepimento di tale direttiva con la legge 3/02/2003, n. 14; i tempi per tale recepimento sono spirati ed è, quindi, stata nuovamente conferita delega con la legge 31/10/2003, n. 306, che ha avuto attuazione con il Dlgs 30/12/2003, n.,394, G.U. n. 44 del 23 febbraio 2004.
La legge 306/2003 obbliga l'adozione degli Ias, a partire dal gennaio 2005, per i bilanci d'esercizio e consolidati delle società quotate, di quelle con strumenti finanziari diffusi, delle banche e degli intermediari finanziari. Tale disposizione è stata attuata dal Dlgs n. 38 del 28 febbraio 2005, G.U. n. 66 del 21 marzo 2005. Tale provvedimento fa obbligo di redigere il bilancio consolidato secondo i principi contabili internazionali per le società quotate il cui esercizio abbia inizio dal 1° gennaio 2005; a partire dal 2006 l'obbligo scatterà anche per i bilanci ordinari.
14 Peraltro tale schema era suggerito anche dai principi contabili nazionali (documento n. 11).
15 Cfr.: M.T.BIANCHI, L'informazione finanziaria nel bilancio d'esercizio, Roma, 1999.
16 E' appena il caso di osservare che, già da molti anni, le principali società italiane, quotate e non, presentano, generalmente come allegato nella relazione sulla gestione, un prospetto di rendiconto finanziario.
17 Le attività e passività vengono classificate in base al ciclo dell'azienda e non alla liquidità. Quindi, la qualificazione di corrente e non corrente è da intendersi rispetto al ciclo aziendale e non riferita a criteri cronologici.
18 Articolo 2426, punto 8 bis, come evidenziato nei precedenti paragrafi.
Il significato economico - aziendale del bilancio secondo gli Ias
Formazione del bilancio nella tradizione economico aziendale e civilistica. Formazione del bilancio secondo gli Ias. Conseguenze dell'introduzione degli Ias nel nostro impianto di bilancio
