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Attualità

Il silenzio della P.A. dopo le modifiche alla legge 241/90 - 2

L'inerzia della P.A., i suoi effetti dopo il 1990 e la tutela del soggetto interessato a seguito della riforma del processo amministrativo. Le modifiche apportate dalle leggi 15 e 80 del 2005

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L'inerzia della P.A., i suoi effetti dopo il 1990 e la tutela del soggetto interessato a seguito della riforma del processo amministrativo
Il legislatore ha preferito, a una disciplina generale sull'inerzia provvedimentale, una normativa tassativa e specifica di caso in caso. Si precisa, però, all'articolo 2 della legge 241/90, che l'Amministrazione deve comunque provvedere all'istanza presentata dall'interessato, prevedendo che il termine per provvedere possa essere indicato da una legge(11), dal regolamento che ciascuna Amministrazione può adottare oppure, in via residuale e in assenza di una specifica previsione di legge o di regolamento, prevedendo il termine generale di 90 giorni per la formazione del silenzio inadempimento.

Per quanto concerne la tutela del soggetto interessato, solo nel 2000 viene introdotto un processo speciale sul silenzio, contenuto nell'articolo 21-bis della "legge Tar" n. 1034/1971, introdotto dalla legge 205/2000. La riforma del rito del silenzio è in linea con i principi scaturenti nelle recenti direttive legislative: negoziabilità, compartecipazione del potere ed effettività della tutela giurisdizionale(12).
La legge 205/2000 persegue principalmente tre obiettivi: l'acceleramento dei processi, la semplificazione e deflazione dei procedimenti, il recepimento a livello legislativo dei principi elaborati dalla giurisprudenza, per l'insopprimibile necessità di rendere effettivo il collegamento tra diritto sostanziale e processo, tra situazione giuridica di tipo pretensivo e la tutela giurisdizionale di annullamento, al fine di realizzare la completa attuazione degli articoli 24, 97 e 113 della Costituzione. Per la prima volta il legislatore introduce un giudizio speciale sul silenzio(13): questo prevede che, proposto il ricorso avverso il silenzio nei termini ordinari di 60 giorni dalla sua formazione, il presidente del Tribunale non fissa l'udienza per il merito ma la camera di consiglio, ove viene decisa la controversia con sentenza che deve essere emanata entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Tale sentenza, se dichiara l'illegittimità dell'inerzia, obbliga la P.A. a provvedere entro 30 giorni, trascorsi i quali senza che l'Amministrazione abbia provveduto, il Tribunale nomina il Commissario ad acta, il quale si insedierà e darà all'Amministrazione altri 30 giorni per provvedere, dopodichè, in caso di perdurare dell'inerzia, provvederà egli stesso(14).
Si è così disciplinata la fase successiva alla formazione del silenzio, ma, per la fase precedente alla sua formazione, i giudici amministrativi continuavano ad applicare la citata disciplina dell'articolo 25 del Testo unico degli impiegati civili dello Stato del 1957.

L'intervento di modifica alla legge 241/90 effettuato dalla legge 15/2005
Con la legge n. 15 dell'11 febbraio 2005(15), entrata in vigore l'8 marzo successivo, è stata prevista la disciplina sostanziale del silenzio inadempimento, ormai inteso come inadempimento in senso atecnico, dato che tale silenzio è divenuto di tipo significativo e generalizzato a seguito dell'intervenuta qualificazione legislativa dello stesso.
Il comma 4-bis dell'articolo 2, infatti, stabilisce che "(...) decorsi i termini per la conclusione del procedimento il ricorso avverso il silenzio può esser proposto ai sensi dell'art. 21 bis della l. 1034/1971", quindi l'interessato può adire direttamente il giudice amministrativo senza bisogno della diffida e messa in mora dell'Amministrazione inadempiente di cui all'articolo 25 del Testo unico degli impiegati civili dello Stato del 1957(16). Nell'aggiungere alla possibilità di esperire il ricorso l'espressione "fintanto che perdura il silenzio", il legislatore qualifica già il silenzio come inadempimento, dandogli una connotazione di illegittimità che lo rende opponibile in giudizio, ma, al contempo, ne circoscrive la possibilità di ricorso entro i limiti del perdurare dell'inerzia, con la conseguenza che l'eventuale atto tardivamente emanato, seppur tardivo è legittimo. I riflessi di natura processuale sono che se il provvedimento tardivo interviene durante il giudizio, questo verrà tecnicamente dichiarato improcedibile; il ricorso verrà invece dichiarato inammissibile se il provvedimento tardivo viene emanato nelle more del giudizio, quindi tra la notifica del ricorso e il suo deposito.
In particolare, i riflessi processuali recano in sé il significato forte che con il provvedimento tardivo l'interessato ha acquisito il bene che gli spettava, è soddisfatto anche se il provvedimento tardivo gli è sfavorevole, perché il suo interesse da far valere in questo tipo di giudizio è che la P.A. provveda, non che provveda favorevolmente.

L'ulteriore intervento di modifica alla legge 241/90 effettuato dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e i nuovi profili di tutela del soggetto interessato in caso di inerzia della P.A. e di provvedimento tardivamente emanato
Il nuovo comma 5 dell'articolo 2 della legge 241/90, disciplinando in senso ampliativo un istituto già conosciuto dal nostro ordinamento giuridico, prevede un silenzio assenso generalizzato. L'articolo 6-ter della legge 80/2005 ha mutato i termini della questione e ha sancito espressamente che il silenzio della PA equivale a provvedimento di accoglimento della domanda, estendendo così la generalizzazione del silenzio assenso a tutti i procedimenti a istanza di parte Ciò anche ai fini dell'applicabilità delle nuove norme sull'autotutela introdotte dal capo IV bis della legge 15/2005.

La generalizzazione del silenzio assenso, tuttavia, non coinvolge tutta la casistica provvedimentale. In particolare, secondo la disciplina del nuovo articolo 20 della legge 241/90, il silenzio assenso non si applica:

  1. ai casi in cui la legge qualifica tassativamente il silenzio come rigetto dell'istanza
  2. ai casi in cui la legge abbia già previsto un silenzio significativo con effetto sfavorevole all'interessato
  3. ai casi in cui la legge abbia previsto un'istanza in materie particolarmente delicate quali quelle elencate al comma 4 dell'articolo 20 della stessa legge 241/90 (ambiente, difesa e sicurezza nazionale, pubblica incolumità, immigrazione e salute)
  4. ai casi in cui la normativa europea richiede espressamente l'adozione di un provvedimento formale
  5. agli atti e procedimenti specificamente individuati da uno o più emanandi decreti del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro della Funzione pubblica, di concerto con i ministri competenti
  6. al procedimento speciale della Dichiarazione d'inizio attività.

In tema di Dia, in particolare, il Tar Liguria, nella sentenza n. 113 del 2003, ha ritenuto che "(...) al silenzio tenuto dall'amministrazione in relazione ad una denuncia di inizio di attività non può essere attribuito il valore né di un tacito atto di assenso, né di un implicito provvedimento positivo di controllo a rilevanza esterna, ma piuttosto di un mero comportamento rapportabile, sul piano degli effetti legali tipici, ad un'attività di verifica conclusasi positivamente senza intervenire sul processo di produzione della posizione soggettiva del denunciante (...). Il comportamento silente della P.A. in relazione ad una denuncia di inizio di attività non è giuridicamente qualificabile come "inadempimento" e, come tale, non è impugnabile da parte di un terzo con il rito speciale di cui all'art. 21 bis della L. n. 1034 del 1971".
Pertanto, allo stato normativo attuale, residua la figura del silenzio inadempimento solo quando si versi in ipotesi nelle quali non si possa applicare l'istituto della Dia di cui all'articolo 19 della legge 241/90, o non possa trovare applicazione il silenzio assenso generalizzato perché ci si trova in uno dei casi dell'articolo 20 della legge 241/90.

Premesso che il giudice amministrativo ha una triplice giurisdizione - di legittimità, di merito ed esclusiva - la legge 14 maggio 2005, n. 80, aggiunge all'articolo 2 della legge 241/90 la previsione che "(...) il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza". Dopo le riflessioni della storica sentenza della Cassazione, Sezioni unite, n. 500/1999 in tema di risarcibilità degli interessi legittimi e alla luce dell'entrata in vigore dell'articolo 7 della legge 205/2000 - che ha attribuito al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva in materia di risarcimento del danno per le lesioni provocate alla posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo - è ormai pacifico che il giudice amministrativo può risarcire il danno da lesione dell'interesse legittimo solo allorquando sia stato precedentemente annullato un provvedimento della P.A. (trattasi della atecnicamente chiamata "pregiudiziale annullatoria")(17).
Tuttavia, quando non c'è alcun provvedimento da poter preventivamente annullare e quindi non si versi nelle ipotesi di interesse legittimo oppositivo, bensì in quelle di interesse legittimo di tipo pretensivo perché l'interessato non ha ottenuto alcuna risposta alla propria istanza e quindi non può opporre un provvedimento che non c'è, sulla base della normativa anteriore al 2005 egli non potrebbe chiedere il risarcimento del danno per l'illecito subito(18).

La modifica intervenuta con la legge 80/2005, che ha aggiunto all'articolo 2 della legge 241/90 la previsione secondo la quale "(...) il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza", reca embrionalmente in sé la possibilità che, se in sede di giudizio l'inerzia della P.A. viene dichiarata illegittima, si avrebbe una sentenza equivalente a un annullamento del provvedimento, superandosi così gli ostacoli della predetta "pregiudiziale annullatoria" in tema di riconoscimento e risarcibilità del danno da ritardo. Si tratta di una novità particolarmente significativa se si considera che il prevalente orientamento giurisprudenziale riteneva che il ricorso di cui all'articolo 21-bis della legge n. 1034/1971 avverso il silenzio avesse il solo scopo di obbligare l'amministrazione ad adempiere il suo obbligo di intervento, una volta che esso fosse stato accertato dal giudice amministrativo; non avrebbe avuto, quest'ultimo, il potere di estendere il proprio sindacato sulla fondatezza della pretesa sostanziale fatta valere dal ricorrente.

Prima della legge 80/2005, infatti, in caso di ricorso avverso il silenzio, la cognizione del giudice era limitata all'accertamento dell'illegittimità dell'inerzia dell'Amministrazione e non si estendeva all'esame della fondatezza della pretesa sostanziale del privato. Era una sentenza di mero accertamento, ove il compito del giudice era esclusivamente quello di accertare se il silenzio della P.A. fosse o non fosse illegittimo e in caso di accoglimento del ricorso, di ordinare alla P.A. di provvedere sull'istanza avanzata dal soggetto privato nominando, nell'eventualità di ulteriore inerzia, un commissario ad acta. Il giudice, pertanto, non si sostituiva alla P.A. in nessuna fase del giudizio, ma accertava l'illegittimità o meno del silenzio.
Ora, invece, con la previsione secondo la quale "(...) il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza", si consente al potere giudiziario di entrare nell'hortus conclusus dell'attività discrezionale della P.A., poiché il giudice amministrativo ha oramai il potere discrezionale di pronunciarsi o meno anche nel merito della questione.

In una delle prime applicazioni giurisprudenziali della novella legislativa, si afferma che questa innovazione pone rimedio alla lentezza defatigante che il procedimento avverso il silenzio assume nella ricostruzione della giurisprudenza prevalente: in seguito all'ordine giudiziale di provvedere, emesso all'esito del procedimento, infatti, la P.A. potrebbe adottare un provvedimento negativo che il privato avrebbe l'onere di impugnare in un separato giudizio(19). Attraverso la nuova norma, invece, si permette al privato di evitare la duplicazione di giudizi, consentendo al giudice amministrativo di statuire già nel giudizio avverso il silenzio non solo sull'illegittimità dell'inerzia amministrativa ma anche sul contenuto sostanziale della controversia.

Nonostante la novella legislativa e le prime conformi applicazioni giurisprudenziali di essa, la materia resta comunque particolarmente "mobile" e in continua evoluzione. Ciò è confermato anche dal fatto che, poco dopo l'entrata in vigore della legge n. 15/2005, il legislatore ha avvertito la necessità di colmare l'insufficienza di alcune soluzioni adottate, apportando ulteriori modifiche e integrazioni alla legge 241/1990 e utilizzando perfino lo strumento del decreto legge - n. 35/2005 convertito, con modifiche, nella legge n. 80/2005 - sia in relazione all'istituto della "denuncia" di inizio attività, che cambia denominazione e disciplina divenendo "dichiarazione di inizio attività"; sia in relazione all'inerzia della P.A. e alla conclusione del procedimento, per il quale sono previsti precisi termini, con conseguente possibilità di impugnare il silenzio e di ottenere, in sede giurisdizionale, l'accertamento della fondatezza dell'istanza; sia, infine, in ordine all'istituto del silenzio assenso, da ritenersi ormai, fatte salve le eccezioni indicate, la conclusione naturale nei procedimenti a istanza di parte per l'emanazione di provvedimenti amministrativi.
Alla legge 241/90, ancor più a seguito delle recenti novelle legislative, si deve l'introduzione di principi di notevole rilevanza culturale, civile e democratica, nonché di valenza giuridico-amministrativa, perché finalmente configura il rapporto tra la Pubblica Amministrazione e cittadino su un piano di parità dialettica e di reciprocità di situazioni giuridiche, di diritti e di doveri, di possibilità di intervento, di obblighi e di responsabilità.


2 - fine. La prima puntata è stata pubblicata mercoledì 4 gennaio


NOTE:
11) La stessa legge 241/90, ad esempio, prevede per il procedimento speciale di accesso agli atti amministrativi il termine di 30 giorni.

12) In tal senso, alcuni autori evidenziano la specialità del diritto amministrativo, inteso alla maniera kelseniana: non come estraneità all'ordinamento giuridico, ma come riconducibilità a regole in parte diverse da quelle del diritto privato proprio in ragione della sua specialità.

13) Un modello similare esisteva solo nei trattati Ceca e Cee.

14) Sul punto, si evidenzia che, attraverso la disposizione dell'articolo 21-bis, fa ingresso nel processo amministrativo a favore del privato l'azione di condanna intentata nei confronti della P.A., al fine di ottenere un provvedimento.
La possibilità di condannare la P.A. a un facere specifico è una assoluta novità nel nostro ordinamento.

15) La legge 11 febbraio 2005, n. 15, è l'esito di un travagliato iter legislativo che ha visto l'approvazione del disegno di legge n. 3890-B dopo quattro anni dalla prima proposta di un disegno di modifica della legge 7 agosto 1990, n. 241, presentata dal deputato Prof. Vincenzo Cerulli Irelli. Il lungo iter di approvazione del disegno di legge ha dato vita a un vivace dibattito in dottrina circa le rilevanti novità che esso avrebbe apportato alla disciplina procedimentale dell'attività amministrativa, in parte trasfuse nel testo entrato in vigore che si pone come recepimento di orientamenti maturati nella giurisprudenza amministrativa.

16) In questo senso, da ultimo, Tar Lazio, Roma, sezione I bis, 18 gennaio 2005, n. 384.

17) In tal senso, anche l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 29 marzo 2003.

18) Sul punto, si è registrata una spaccatura tra diversi orientamenti dei Tribunali amministrativi regionali, facendo anche emergere il principio di applicabilità all'azione della P.A. dei parametri civilistici della buona fede.

19) Una delle prime applicazioni giurisprudenziali della norma contenuta nell'articolo 3, comma 6-bis, decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito in legge 14 maggio 2005, n. 80, secondo la quale, nel giudizio sul cosiddetto silenzio - rifiuto (o inadempimento) dell'amministrazione di cui all'articolo 21-bis della legge n. 1034/1971, "il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza" si ha nella sentenza del Tar Veneto, sezione I, 2 agosto 2005, n. 3062.

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