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Attualità

Società di comodo, disciplina inapplicabile per le collegate estere

Già la determinazione del reddito ai sensi dell’articolo 168 del Testo unico avviene in via presuntiva con criteri diversi da quelli previsti ordinariamente

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Al reddito della holding tratto da collegate estere in paradisi fiscali e determinato ex articolo 168 del Tuir non si applica la normativa sulle società non operative (articolo 30, comma 4-bis, legge 724/1994). Questa, infatti, richiede un raffronto tra il reddito d’impresa determinato in via ordinaria e quello minimo presunto che, nella fattispecie, non è possibile.
Diversamente, la disciplina è compatibile con quella delle cfc (articolo 167 del Tuir), dal momento che il reddito dell’impresa controllata sita nel Paese black list imputato alla holding residente è determinato secondo le regole ordinarie previste dal Tuir per il reddito d’impresa.
Questo, in estrema sintesi, i principi espressi dall’agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 331/E del 16 novembre.

Il caso esaminato riguardava una società italiana che detiene esclusivamente una partecipazione di collegamento al capitale e agli utili in una società estera localizzata in Liberia, Stato a regime fiscale privilegiato rientrante nella black list di cui al Dm 429/2001.
La società interessata aveva proposto due interpelli: l’uno ai sensi dell’articolo 37-bis del Dpr 600/1973, per la disapplicazione della norma antielusiva contenuta nell'articolo 30, comma 4-bis della legge 724/1994; l’altro ai sensi dell’articolo 5 del Dm 268/2006, sulle società collegate estere di cui all’articolo 168 del Tuir.

La parte più interessante della risoluzione riguarda il rapporto che deve esistere tra la disciplina delle società non operative e le normative “speciali” previste dagli articoli 167 e 168 del Tuir, riguardanti - rispettivamente - le società controllate e collegate estere site in Paesi o territori inclusi nella black list di cui al Dm 429/2001.
In particolare, l’Agenzia ha affermato che, se il reddito dell’impresa collegata estera sita in un Paese rientrante nella black list è determinato ai sensi dell’articolo 168 del Tuir, le disposizioni di cui all’articolo 30 della legge 724/1994 sulle società non operative non si applicano per due ragioni.

La prima è che la normativa sulle società non operative postula un raffronto tra il reddito d’impresa determinato in via ordinaria e quello minimo presunto, calcolato ai sensi dell’articolo 30, comma 3, della legge 724/1994, che nella fattispecie non è possibile.
In effetti, l’articolo 168 del Tuir stabilisce che il reddito della collegata estera, poi imputato per trasparenza al soggetto partecipante fiscalmente residente in Italia, debba consistere nell’importo più elevato tra l’utile ante-imposte risultante dal bilancio redatto dalla partecipata estera (anche in assenza di un obbligo di legge) e un reddito determinato induttivamente applicando taluni coefficienti a determinati beni della partecipata medesima.
In entrambi i casi, l’utile della partecipata è cosa del tutto diversa da quello che scaturisce dalla determinazione effettuata in base alle regole generali del Tuir sul reddito d’impresa.
Viceversa, le disposizioni di cui all’articolo 30 della legge 724/1994 si applicano alle imprese che non superano il test di operatività di cui al comma 1 del medesimo articolo, che è effettuato avendo riguardo a componenti del reddito d’impresa determinate seguendo le regole generali del Tuir.
Solo il mancato superamento di tale test comporta l’obbligo di dichiarare un reddito almeno pari a quello minimo presunto e determinato ai sensi dell’articolo 30 (resta salva, ovviamente, la possibilità di richiedere la disapplicazione dell’articolo 30 con istanza di interpello ai sensi dell’articolo 37-bis, comma 8, del Dpr 600/1973, se si verifichino oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi).

La seconda ragione dell’incompatibilità tra il reddito determinato in base all’articolo 168 del Tuir e la normativa di cui all’articolo 30 della legge 724/1994 risiede nel fatto che la loro applicazione congiunta porta a conseguenze che configgono con la loro ratio.
A tal proposito, l’agenzia delle Entrate ha rilevato che se - per ipotesi - il reddito calcolato ai sensi dell’articolo 168 del Tuir fosse inferiore a quello minimo di cui all’articolo 30, comma 3, della legge 724/1994, occorrerebbe rideterminare, in aumento e in via presuntiva, un reddito già presunto e reputato congruo ai sensi di una disciplina speciale.

Diverso è invece il rapporto che intercorre le norme sulle società non operative e l’articolo 167, comma 1, del Tuir relativo alle cfc.
Il reddito dell’impresa controllata sita nel Paese black list imputato alla holding residente è determinato, salve le peculiarità di cui al comma 6 dell’articolo 167 e all’articolo 2 del Dm 429/2001, secondo le regole ordinarie previste dal Tuir per il reddito d’impresa.
Pertanto, in tal caso, le due normative sono compatibili e nulla osta a un raffronto tra detto reddito e quello minimo presunto ai sensi del citato articolo 30 ai fini del test di operatività.

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