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Attualità

Spese di pubblicità o di rappresentanza: necessario analizzare le singole voci

Parere n. 44 deliberato il 16 novembre 2005

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Tra le questioni che il legislatore dell'articolo 21 della legge n. 413/91 ha ritenuto di ascrivere alla competenza del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme, quella in materia di spese di pubblicità e di rappresentanza presenta un elevato contenuto di problematicità, dal momento che la qualificazione del contenuto di ciascuna delle due categorie, in assenza di una definizione normativa, è demandata alla prassi dell'Amministrazione finanziaria, alla giurisprudenza e, in particolar modo, alla giurisprudenza del Comitato medesimo, le cui pronunce, a fronte di una vasta casistica, continuano ad alimentare un ampio dibattito dottrinale.

Il problema ha la sua origine nella formulazione dell'articolo 108, comma 2, del Tuir, il quale recita: "Le spese di pubblicità e di propaganda sono deducibili nell'esercizio in cui sono state assunte o in quote costanti nell'esercizio stesso e nei quattro successivi. Le spese di rappresentanza sono ammesse in deduzione nella misura di un terzo del loro ammontare e sono deducibili per quote costanti nell'esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi. Si considerano spese di rappresentanza anche quelle sostenute per i beni distribuiti gratuitamente, anche se recano emblemi, denominazioni o altri riferimenti atti a distinguerli come prodotti dell'impresa, e i contributi erogati per l'organizzazione di convegni e simili. Le predette limitazioni non si applicano ove le spese di rappresentanza siano riferite a beni di cui al periodo precedente di valore unitario non eccedente euro 25,82".

Il legislatore domestico ha, dunque, enfaticamente enunciato due categorie di costi, la cui diversa qualificazione riposa su un duplice criterio di deducibilità. Nel tempo, una copiosa letteratura ha cercato di colmare la lacuna normativa, nel tentativo di isolare parametri di riferimento e caratteristiche che, con buon grado di certezza, potessero considerarsi rispondenti alle attese paradigmatiche del legislatore fiscale.
A fini esemplificativi, può essere utile richiamare, prima della descrizione della fattispecie, le interpretazioni più autorevoli che si sono contese il campo in materia che, in inciso, il contribuente mostra di conoscere abbastanza bene nell'esposizione della propria soluzione interpretativa.
Tra le numerose pronunce dell'Amministrazione finanziaria si possono antologizzare quelle che assumono, per l'originalità delle argomentazioni offerte, una funzione guida nella interpretazione della ratio legis. Ci si riferisce alle risoluzioni: 17/6/1992, n. 9; 17/9/1998, n. 148; 8/9/2000, n. 137; 2/10/2002, n. 316; 14/11/2002, n. 356.
In particolare, la risoluzione ministeriale n. 9/1992 possiede il merito di recare una prima precisazione sulla qualificazione in ragione della finalità alla quale è connesso il sostenimento dell'onere da parte del contribuente. Si afferma, infatti, che per spese di rappresentanza si intendono quelle sostenute dall'impresa per offrire al pubblico un'immagine positiva di se stessa e della propria attività in termini di floridezza ed efficienza.
A questa caratteristica si aggiunge quella della loro gratuità, vale a dire della mancanza di un corrispettivo o di una specifica controprestazione da parte dei destinatari, cioè di un obbligo di "dare" o "facere" a carico degli stessi, se non quello generico di porre all'attenzione del pubblico la prestazione finanziaria dell'impresa erogante.
Le spese di pubblicità, viceversa, sono connesse a un rapporto sinallagmatico, in base al quale le parti interessate fissano le clausole contrattuali in relazione agli scopi che esse intendono raggiungere.

Sulla medesima linea si colloca il ragionamento che ispira la risoluzione ministeriale n. 148/1998, nella quale si afferma che, mentre la spesa di pubblicità consente di portare a conoscenza "della generalità dei consumatori l'offerta del prodotto, stimolando la formazione e l'intensificazione della domanda", la spesa di rappresentanza serve a offrire al pubblico un'immagine positiva dell'impresa e della sua attività in termini di organizzazione ed efficienza.
Dalla tesi sostenuta consegue inerzialmente la conclusione che sia le spese di rappresentanza che quelle di pubblicità hanno entrambe un legame con la capacità dell'impresa di essere redditizia che, nel caso delle spese di rappresentanza, è indiretto e implicito, dal momento che l'obiettivo realmente perseguito non è diffondere notizie sulle caratteristiche dei prodotti, ma prioritariamente diffondere un'immagine positiva dell'azienda allo scopo di migliorare le condizioni competitive sul mercato di riferimento.
In buona sostanza, infatti, il sostenimento delle spese di rappresentanza trova giustificazione non tanto nell'intenzione di comunicare al pubblico le proprie strategie commerciali, quanto nella necessità migliorare le pubbliche relazioni, cercando di incrementare, anche se solo in maniera prospettica, i propri risultati reddituali.

Nel repertorio delle pronunce dell'Amministrazione va, inoltre, annoverata per la pertinenza della fattispecie con il caso oggetto dell'interpello che si commenta, la risoluzione n. 316/2002, con la quale è stato precisato che le spese sostenute nell'ambito di una manifestazione fieristica (offerta gratuita di un servizio bus navetta, intrattenimenti serali con cene a buffet e spettacoli circensi) devono essere considerate spese di pubblicità in quanto "hanno chiari scopi promozionali dell'azienda e della sua immagine" e sono finalizzate "all'intrattenimento dei potenziali clienti dell'azienda ed a stabilire un significativo contatto con la comunità".

I contenuti delle diverse pronunce dell'Amministrazione finanziaria corroborano una definizione assiomatica, che assurge a criterio di discrimine tra le due tipologie di spese anche nella parieristica del Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive: le spese di rappresentanza sono sostenute dall'impresa al fine di promuovere o consolidare il prestigio della propria immagine, non sono direttamente correlate al conseguimento di ricavi e si caratterizzano per la gratuità ossia per la mancanza di corrispettivo, non sussistendo un rapporto sinallagmatico che giustifichi una specifica controprestazione a carico dei destinatari.
Può sembrare apodittico affermare, tuttavia che tale definizione costituisce il principale parametro interpretativo, ma non esclusivo, della norma che va applicata, tenendo comunque sempre presente qual è concretamente lo scopo del costo aziendale e prescindendo da una discriminazione fondata sul momento realizzativo.
In tale ottica appare ragionevole sostenere, accedendo alla più recente dottrina, che, se il costo è essenzialmente sostenuto per promuovere l'immagine dell'impresa, esso costituisce spesa di rappresentanza, perché l'inerenza che esso manifesta appare dimessa rispetto a un costo abbinato con criterio diretto al processo produttivo e che non può escludersi la piena deducibilità relativamente a spese sostenute in funzione di una specifica strategia commerciale e dirette a promuovere il prestigio dell'impresa solo in via secondaria e subordinata.

E' evidente che quelle appena illustrate sono considerazioni che non possono tracimare dal ristretto ambito del caso specifico, non possono prescindere da una valutazione delle singole voci di costo nel caso in cui, come quello che viene analizzato, afferiscano una campagna pubblicitaria di ampia portata.
L'interpello viene, infatti, prospettato da una Srl che svolge attività di concessionario di autovetture, che si trova a organizzare spesso campagne pubblicitarie aventi a oggetto la presentazione dei nuovi prodotti per portare a conoscenza della generalità dei consumatori l'offerta nell'intento di stimolare e intensificare la domanda.
L'organizzazione delle suddette campagne pubblicitarie - riferisce l'istante - comporta il sostenimento di un insieme di costi che riguardano:

  1. locazione di sale o tensostrutture, atte a ospitare la manifestazione della presentazione dei nuovi prodotti
  2. documentazione pubblicitaria contenente dettagli specifici del prodotto lanciato e qualsiasi altra manifestazione relativa al prodotto e alla manifestazione di presentazione (manifesti, cartelloni, depliant, eccetera)
  3. decori della sala o tensostruttura, servizi di segreteria e di coordinamento
  4. servizi di parcheggio e di trasporto dei clienti e potenziali clienti alla presentazione del nuovo modello
  5. conferenza celebrativa d'inaugurazione e presentazione del nuovo modello
  6. accompagnamento musicale durante la presentazione del nuovo modello
  7. spese d'alloggio per i clienti
  8. banchetto per gli ospiti durante la presentazione
  9. omaggi e litografie di importo inferiore a 25,82 euro da distribuire agli ospiti durante la presentazione.

La campagna pubblicitaria presenta le seguenti caratteristiche:

  1. non è diretta a determinati soggetti, ma destinatario è un pubblico indeterminato
  2. non riveste carattere di eccezionalità, ma fa parte della gestione caratteristica dei concessionari di autoveicoli
  3. è finalizzata a determinare, mediante la presentazione dei prodotti e servizi offerti dall'impresa, un aumento dei ricavi acquisendo nuova clientela e incrementando i rapporti con la clientela già esistente.

La società chiede, dunque, se tutte le spese sopra dettagliatamente descritte possono essere considerate spese di pubblicità e propaganda, con la conseguenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 2, del Tuir, sono integralmente deducibili dal reddito nell'anno in cui sono state sostenute o, a scelta, in quote costanti nell'anno stesso e nei quattro successivi, oppure devono essere considerate spese di rappresentanza, con la conseguenza che, sempre ai sensi dell'articolo 108, comma 2, del Tuir, sono ammesse in deduzione nella misura di un terzo del loro ammontare e per quote costanti nell'esercizio in cui sono state sostenute e nei quattro successivi.

Nella finalità di condurre il Comitato verso una delibera conforme ai propri auspici, la società - si diceva - evoca la prassi amministrativa, la giurisprudenza e la dottrina concordi nel definire spese di rappresentanza quelle spese sostenute al fine di creare, mantenere e accrescere il prestigio della società e di migliorarne l'immagine.
Postulando, invece, che le spese di pubblicità sono quelle che possono determinare un incremento delle vendite attraverso l'acquisizione di nuovi clienti o il consolidamento della vecchia clientela, viene, nell'interpello, precisato che i costi elencati devono essere intesi come un complesso unico e integrato e che il loro sostenimento è finalizzato a far conoscere alla generalità dei consumatori i nuovi prodotti e servizi offerti al fine di stimolare la formazione e l'intensificazione della domanda.
Esisterebbe, sostiene infine la parte, nel caso di specie un rapporto diretto e concreto tra l'onere dei costi della campagna pubblicitaria e l'aspettativa di maggiori ricavi in quanto, per poter vendere il prodotto di nuova produzione, è necessario che lo stesso venga conosciuto da un pubblico il più ampio possibile.
Dal momento che, quindi, tutti i costi della campagna pubblicitaria sono conseguenti alla stipula di contratti sinallagmatici tra due parti, le quali assumono, una, l'obbligazione di pubblicizzare il prodotto e, l'altra, di corrispondere in denaro o in natura il compenso per la prestazione resa, la società istante conclude sostenendo che tutte le spese sopra elencate, poiché organizzate nell'ambito di un'unica manifestazione commerciale, come la presentazione di un nuovo prodotto, sono da considerarsi spese di pubblicità e propaganda e, come tali, integralmente deducibili dal reddito d'impresa.

Il parere del Comitato consultivo viene deliberato in conformità con l'orientamento consolidato che trae origine da un lontano parere (n. 13/1998) nel quale venne per la prima volta affermato che sono spese di rappresentanza quelle sostenute per ospitare clienti al fine di mostrare nuove linee di prodotto e in occasione di trattative di vendita.
Con successivi pareri, il Comitato introduce nuovi criteri di valutazione che consentono di uscire dalla sclerotizzazione interpretativa fondata sui criteri della corrispettività ovvero sulla gratuità delle prestazioni e assunte a criterio quasi esclusivo che uniforma la distinzione tra spese di pubblicità e spese di rappresentanza, per accogliere l'orientamento giurisprudenziale espresso nella sentenza della Cassazione n. 7803/2000, con la quale la Corte suprema ha ritenuto determinante l'esistenza di una relazione diretta tra i costi sostenuti nell'intento di determinare le vendite dipendente dal fatto che il servizio offerto era inserito in un contesto nel quale i beneficiari avevano posto in essere un comportamento sintomatico di un minimo interesse all'acquisto.
In quest'ottica, con parere n. 1/2001, il Comitato ha ritenuto che le spese di viaggio, vitto e alloggio dei clienti invitati a mostre e fiere per la presentazione, promozione e vendita di nuovi prodotti non costituiscono né spese di rappresentanza né di pubblicità, ma costi inerenti all'adozione di una particolare tecnica di vendita.

Diversamente, per un caso analogo (parere n. 4/2002), il Comitato ha qualificato tale tipologia di oneri (spese di vitto, alloggio, apprestamento di locali idonei a incontri collettivi in funzione dell'illustrazione degli specifici servizi resi) come spese di rappresentanza, nella convinzione che, sebbene inerenti all'attività svolta, non integrino propriamente un sistema specifico di collocamento dei servizi, ma tendono unicamente ad accreditare, favorendo i contatti con soggetti qualificati, un'immagine positiva dell'impresa al fine di acquistare la fiducia dei clienti.

Dello stesso avviso i pareri n. 11/2003, n. 1/2004 e, in particolare, il n. 13/2004, nei quali sono state classificate come spese di rappresentanza quelle relative all'organizzazione di un meeting (con spese di viaggio, vitto e alloggio), con la partecipazione dei clienti abituali e finalizzato al lancio di una nuova linea produttiva, in quanto, pur non essendo "sottacibile la finalizzazione alla realizzazione di fatti economici generatori di ricavi, i vantaggi reddituali ipotizzabili nella fattispecie sono indiretti e solo eventuali, dal momento che il sostenimento delle spese relative è volto a rendere nota e a migliorare l'immagine positiva dell'impresa in sé, sia in termini di floridezza che di efficienza prescindendo da altre pianificazioni in funzione dei benefici economici successivi".

Con parere n. 26/2004, poi, il Comitato, esaminando un caso simile a quello oggetto del presente interpello, ha ritenuto di qualificare come spese di rappresentanza quelle afferenti trasporto, pernottamento, coffee-break, cena, in quanto sostenute a titolo gratuito e rispondenti a esigenze di affermazione dell'immagine dell'azienda, e come spese di pubblicità quelle adottate con finalità promozionali del prodotto (allestimento stand espositivo, campioni di prodotto, eccetera).

Tale orientamento è stato di fatto confermato anche nelle ultime pronunce del Comitato; in particolare, con parere n. 8/2005, relativamente alle spese sostenute da una banca per celebrare il centenario della fondazione, è stata effettuata una distinzione tra quelle che possono essere considerate spese di pubblicità (quelle che pubblicizzano il nome della banca senza recare utilità a terzi), quali la locazione di tensostruttura atta a ospitare manifestazioni varie, conferenza, decori e allestimenti della stessa, manifesti pubblicitari, servizi parcheggio e bus navetta, quelle che possono essere considerate spese di rappresentanza (quelle che recano utilità a terzi), quali il banchetto al termine delle manifestazioni per clienti e soci, i concerti e le manifestazioni a carattere ricreativo e culturale, e quelle che sono relative a beni di valore inferiore a 25,82 euro, deducibili senza limiti (omaggi ai clienti).

Alla luce delle posizioni assunte dall'Amministrazione finanziaria con le risoluzioni citate e in coerenza con il proprio orientamento, il Comitato antielusivo, nella pronuncia in esame, ritiene che non possa essere effettuata una valutazione complessiva dei costi sostenuti per la campagna pubblicitaria effettuata per lanciare sul mercato un nuovo prodotto, in quanto gli stessi hanno natura diversa, ma vada fatta una distinzione, nell'ambito dei costi specificatamente elencati nell'istanza di interpello, fra quelli classificabili, per quanto è stato sopra esposto, tra le spese di pubblicità e quelli classificabili tra le spese di rappresentanza.
Mappando la propria giurisprudenza più recente (i pareri n. 1/2001, n. 4/2002, n. 11/2003, n. 1/2004, n. 8/2005), e anche alla luce della sentenza della Corte di cassazione 8 giugno 2000, n. 7803, il Comitato riafferma quanto detto in precedenza, considerando spese di pubblicità e propaganda quelle relative a:

  1. locazione di sale o tensostrutture, atte a ospitare la manifestazione della presentazione dei nuovi prodotti
  2. documentazione pubblicitaria contenente dettagli specifici del prodotto lanciato e altre informazioni sul prodotto e la manifestazione (manifesti, cartelloni, volantini, depliant, eccetera)
  3. decori della sala o tensostruttura, servizi di segreteria e di coordinamento e altre spese organizzative per la "giornata celebrativa"
  4. servizi di parcheggio e di trasporto dei clienti e potenziali clienti alla presentazione del nuovo modello
  5. conferenza celebrativa d'inaugurazione e presentazione del nuovo modello
  6. accompagnamento musicale della presentazione del nuovo modello.

Precisa, inoltre, che sono spese di rappresentanza quelle relative a:

  • spese d'alloggio per i clienti
  • banchetto per gli ospiti della presentazione.

Mentre, infine, qualifica come spese di importo inferiore a 25,82 euro, non soggette ai limiti di cui all'articolo 108, comma 2, del Tuir, omaggi e litografie da distribuire agli ospiti della presentazione.

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