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Attualità

La stabile organizzazione nell'ambito dell'imposizione diretta (2)

La definizione domestica ante riforma

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2. La definizione domestica di stabile organizzazione ante riforma
Nella preesistente mancanza di una definizione domestica generale di stabile organizzazione l'operatore giuridico italiano doveva fare riferimento a definizioni normative con portata soggettiva limitata.
Fino a oggi, l'Italia ha stipulato 69 trattati con 75 Stati di tutto il mondo. Si tratta, tuttavia, di testi che, pur redatti sulla base del modello di convenzione Ocse, presentano, sia tra loro che rispetto al modello di riferimento, elementi di differenza.
Rimandando successivamente l'illustrazione delle principali differenze, che sarà funzionale all'individuazione di un concreto ambito di operatività per la clausola di preferenza dell'articolo 169 del Tuir, in questa sede possono essere svolte alcune considerazioni generali in ordine alle ragioni che sono alla base delle sopra enunciate differenze.
A tal proposito, se alcune di queste sono frutto di specifici accordi formatisi nell'ambito delle trattative convenzionali, per molte la ratio va ricercata nella presenza di ulteriori modelli di riferimento utilizzati dai negoziatori. Occorre fare riferimento, in particolar modo, al modello convenzione Onu, che è stato tenuto presente nella fase di redazione di molti trattati, soprattutto con Paesi in via di sviluppo.

Nel 1979 il Consiglio economico e sociale delle Nazioni unite predispose un modello di convenzione contro le doppie imposizioni. La finalità perseguita, riconosciuta dallo stesso Consiglio economico e sociale dell'Ocse, era quella di incentivare la stipula di tali convenzioni tra i paesi industrializzati e i Paesi in via di sviluppo, apportando alcuni adattamenti al modello Ocse.

La scelta di fondo che ispira il modello Onu è quella di trovare un giusto punto di equilibrio tra due esigenze: incentivare il regime di tassazione spettante allo Stato di produzione del reddito, al fine di incrementare le entrate fiscali dello stesso Stato, generalmente in via di sviluppo, senza con ciò annullare gli incentivi all'investimento nello stesso Stato. Questa esigenza produce dirette ricadute sulla nozione di stabile organizzazione, che viene ad assumere una portata più ampia.
In estrema sintesi, dalle varie convenzioni stipulate dall'Italia si ricava una nozione di stabile organizzazione che si differenzia dal modello di convenzione per profili attinenti alle due forme di manifestazione sopra indicate. In particolare, la stabile organizzazione materiale di fonte convenzionale si caratterizza per differenze riscontrabili nell'elencazione positiva e negativa dei paragrafi 2 e 4 dell'articolo 5, per la fissazione di limiti temporali minimi della stabile organizzazione da cantiere che vanno dai tre mesi ai tre anni, a fronte del termine annuale del modello Ocse, e per la inclusione di attività preparatorie e di supervisione. Quanto, invece, alla stabile organizzazione personale viene fornita generalmente una nozione più ampia di agente dipendente, attraverso la non menzione di tutte quelle attività preparatorie e ausiliarie che siano diverse dall'approvvigionamento di beni per conto dell'impresa estera.
A fronte della mancanza di una definizione normativa della stabile organizzazione di portata generale, la prassi ministeriale prima e la giurisprudenza poi hanno fatto esplicito riferimento ai criteri interpretativi enucleabili dal modello di convenzione Ocse.

A tal proposito, la circolare del ministero delle Finanze - Imposte Dirette del 30/4/1977, n. 7/1496, nella parte dedicata ai chiarimenti in merito, tra l'altro, all'individuazione del domicilio fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non residenti nello Stato afferma che "in mancanza di una definizione legislativa, occorre fare riferimento all'unica fonte disponibile in materia emergente dagli accordi internazionali per l'eliminazione della doppia imposizione. A tal riguardo e' interessante accennare alla definizione che della stabile organizzazione fornisce il modello di Convenzione adottato dall'OCSE (art. 5) cui si ispirano le corrispondenti clausole degli accordi stipulati dall'Italia".
Il medesimo orientamento si è formato in seno alla giurisprudenza, dove, abbandonata l'originaria tesi della assimilazione della nozione fiscale di stabile organizzazione a quella civilistica di sede secondaria ex articolo 2508 e seguenti del codice civile, si è affermata una definizione che ricalca l'impostazione del modello Ocse. In particolare, la Cassazione, sentenza del 19/9/1990, n. 958, identifica la stabile organizzazione ogni qual volta "una situazione di fatto ... denoti il fine degli stessi soggetti di esercitare nello Stato attività imprenditoriali e siano caratterizzate, oltre che dal collegamento non occasionale con luoghi del territorio nazionale e persone qui operanti, dall'effettivo impiego di beni ed attività lavorative, coordinati per la produzione e/o lo scambio di beni e servizi, e da un'effettiva, anche se limitata, autonomia negoziale".

A tal proposito, occorre evidenziare, anche per il richiamo operato nell'articolo 162 del Tuir, che a medesimi risultati si è giunti con riferimento alla nozione di stabile organizzazione rilevante ai fini Irap.

In relazione al disposto dell'articolo 12 del Dlgs 446/97, il dibattito, più che al richiamo del modello Ocse per definire la nozione di stabile organizzazione, aveva avuto a oggetto la configurabilità di una soggettività passiva più ampia (sia sotto il profilo della tassazione di redditi prodotti in Italia da soggetti esteri sia sotto il profilo della concessione di un credito d'imposta per l'attività svolta all'estero da soggetti residenti) rispetto al settore dell'imposizione diretta. In particolare, l'articolo 12, nei commi 1 e 2, affianca alla nozione di stabile organizzazione, il riferimento alla "base fissa o ufficio". Sul punto, all'Amministrazione finanziaria, superando il precedente orientamento espresso nella circolare del ministero delle Finanze - dipartimento delle Entrate - direzione centrale Affari giuridici e Contenzioso tributario del 4/6/1998, n. 141/E, con la circolare del ministero delle Finanze - dipartimento delle Entrate - direzione centrale Affari giuridici e Contenzioso tributario - Servizio III del 16/7/1998, n. 188/E, ha affermato che presupposto impositivo a carico di soggetti non residenti si verifica solo in presenza di una stabile organizzazione, individuata allora sulla base dei criteri desumibili dal modello di convenzione Ocse e dalle singole convenzioni.

Per completezza di esposizione, occorre dar conto del settore dell'imposizione indiretta, nella quale la nozione di stabile organizzazione è rinvenibile in vari articoli del Dpr 633/1972. A tal proposito, la giurisprudenza oggi prevalente (sul punto, Cassazione, sentenza del 7/03/2002 n. 3368, sentenza del 25/07/2002 n. 10925, sentenza del 11/03/2003 n. 3570) è decisamente orientata nell'affermare la diversità delle due nozioni, in quanto nel campo dell'Iva "la nozione di stabile organizzazione deve essere sottoposta ad interpretazione adeguatrice alla luce di quella prevista dall'art. 9 n. 1 della VI direttiva (il riferimento è alla Dir. del 17/05/1977 n. 77/388/CE, ndr): ne deriva inoltre che nel campo dell'applicazione dell'IVA non è utilizzabile la nozione di stabile organizzazione personale, prevista dall'art. 5 paragrafo 5 del Modello OCSE" (citazione tratta dalla motivazione della sentenza della Cassazione n. 10925 del 25/07/2002). Pertanto, seguendo questo orientamento, la definizione di stabile organizzazione ai fini Iva deve essere rintracciata nella "sede di attività stabile" e nella interpretazione di essa fornita nelle pronunce della Corte di giustizia delle Comunità europee.

Questa diversità trova riscontro nel testo dell'articolo 162 del Tuir, che espressamente estende l'ambito di operatività della nozione codificata al solo settore delle imposte dirette e dell'Irap.
Peraltro, l'incidenza del diritto comunitario su quello interno tocca anche il settore dell'imposizione diretta, in considerazione dell'affermazione che il potere esclusivo degli Stati nazionali in materia in imposizione diretta (fondato sull'articolo 93 del trattato Ce) non può essere esercitato in violazione di altri principi comunitari, quali il divieto di discriminazioni, anche in campo fiscale, basati sulla cittadinanza o in violazione delle libertà che costituiscono i pilastri dell'Unione, quali la libertà di stabilimento.

A fronte di questa potenzialità, non sono riscontrabili a oggi degli elementi di differenza sotto il profilo della definizione della stabile organizzazione sia sul piano delle fonti derivate che di quello giurisprudenziale. In particolare, è rinvenibile l'utilizzo della nozione di stabile organizzazione nella direttiva n. 90/434/Ce relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo e agli scambi di azioni tra società di Stati membri, e nelle più recenti direttive 2003/49/Ce in materia di regime fiscale comune applicabile ai pagamenti di interessi e canoni tra consociate di Stati membri diversi e 2003/123/Ce, contenente modifiche alla direttiva 90/435/Ce sul regime fiscale applicabile alle società madri e figlie. Nelle due ultime direttive citate, inoltre, viene esplicitata una definizione della stabile organizzazione, che, pur caratterizzandosi per fare esclusivo riferimento alla stabile organizzazione materiale, non propone sostanziali elementi di novità rispetto a quella rinvenibile nel modello Ocse.

Nelle due direttive, in particolare all'articolo 3, lettera c, della direttiva 2003/49/Ce e all'articolo 1, n. 2, della direttiva 2003/123/Ce, viene sancito che per stabile organizzazione si intende "una sede fissa di affari situata in uno stato membro, attraverso la quale una società di un altro Stato membro esercita in tutto o in parte la sua attività".

Parimenti non sono riscontrabili a oggi sostanziali elementi di novità nelle varie pronunce che, in via incidentale, hanno affrontato la nozione di stabile organizzazione ai fini dell'imposizione diretta. In particolare, a mezzo dell'affermazione dei principi generali di non discriminazione e di libertà di stabilimento, è stata affermata la contrarietà dal diritto comunitario di posizioni interne o pattizie volte a riservare alla stabile organizzazione un trattamento fiscale deteriore rispetto a quello riservato agli organismi collettivi residenti.

2 - continua. La terza puntata sarà pubblicata su FISCOoggi di lunedì 27 dicembre

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