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Attualità

Stop alle donazioni simulate

Le cessioni di immobili avvenute entro i cinque anni producono plusvalenze imponibili

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Nel campo delle cessioni immobiliari è frequente l'utilizzo, da parte dei contribuenti più "smaliziati", di strategie intese a ridurre o annullare l'onere tributario attraverso comportamenti formalmente corretti.
In particolare, taluni fenomeni "sospetti" hanno riguardato le cessioni di beni immobili (fabbricati e terreni) "plusvalenti", le quali - limitatamente alle ipotesi del trasferimento di beni ricevuti per effetto di donazioni e successioni - erano escluse da imposizione anche se avvenute nell'arco temporale dei cinque anni dall'acquisizione.

Tale normativa di favore (riferita alle persone fisiche non agenti nell'attività d'impresa e agli altri soggetti potenziali titolari di redditi diversi) consentiva di porre in essere delle donazioni simulate (a familiari o prestanome), allo scopo di eliminare il presupposto impositivo sulle plusvalenze.
L'articolo 37, commi 38 e 39, del decreto legge 4/7/2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4./8/2006, n. 248, è intervenuto modificando sul punto la normativa previgente (articolo 67, comma 1, lettera b), Dpr 917/1986), sicché - allo stato - anche le cessioni in parola seguono le regole previste per quelle "ordinarie", con la precisazione che, per esse, il termine quinquennale entro il quale la cessione è produttiva di plusvalenze decorre non dalla data di acquisizione da parte del donatario, bensì dalla data di acquisto da parte del donante.

Pertanto:

  • il presupposto impositivo ricadrà in ogni caso sul donatario
  • la plusvalenza dovrà determinarsi con riferimento non al "costo fiscale" del bene indicato nell'atto di donazione, bensì a quello di costruzione o acquisto sostenuto dal donante
  • per il termine di cinque anni, la data dell'acquisto o della costruzione del bene è quella valevole per il donante.

Ciò significa che, di fatto, la donazione è resa "trasparente", e la successiva cessione tassata non in capo al donante (come nelle ipotesi - più avanti esaminate - fondate sull'interposizione fittizia), bensì in capo al donatario. Con ciò, risulta chiaramente "depotenziato" l'appeal elusivo (o evasivo) dell'operazione.



Donazione ed elusione
Lo schema che le nuove norme intendono precludere, come risulterà chiaro più avanti, potrebbe prevedere, da parte dei contraenti, un accordo simulatorio, inteso a "trasformare" la cessione onerosa in donazione, per renderla intassabile.
Si consideri, infatti, che, se non acquisiti per successione o donazione, e non adibiti a "prima casa", gli immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni danno luogo, in caso di cessione a titolo oneroso, a plusvalenze nell'ambito dei redditi diversi.
Era quindi sufficiente che il padre stipulasse un formale atto di donazione dell'immobile nei confronti del figlio, e che a porre in essere la cessione fosse quest'ultimo, per escludere alla radice qualsiasi possibilità di imposizione (naturalmente, rimanendo nel contesto delle cessioni effettuate da persone fisiche non agenti nell'esercizio di attività d'impresa).
La nuova formulazione dell'articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, lascia in verità "scoperta" l'ipotesi della successione mortis causa, ma è evidente che in tale ipotesi non potrebbero ricorrere le finalità elusive sopra indicate (è infatti impossibile ipotizzare una successione a causa di morte preordinata all'ottenimento di un vantaggio fiscale!)(1).

Cessione dell'immobile con pagamento a un terzo - ipotesi di interposizione elusiva
La cessione immobiliare "plusvalente" potrebbe essere "camuffata" attraverso un negozio contenente una clausola a favore di un terzo, per effetto della quale il pagamento potrebbe essere effettuato nei confronti di quest'ultimo, e non del cedente.
Si tratta, com'è evidente, di una fattispecie alquanto ambigua, perché potrebbe difettarvi la causa, oppure tale causa potrebbe essere ricondotta a una donazione non formalizzata attraverso un atto esplicito.





Assenza di causa
Se B paga C (terzo), anziché A, in assenza di causa, si configura una donazione (non formale) di A nei confronti di C: A rinuncia infatti al corrispettivo della cessione a favore di C.
A stretto rigore di norma, in tale ipotesi, non vi sono "corrispettivi percepiti" in capo ad A, e - pertanto - non sembrerebbero sussistere i presupposti per la tassazione.
Nell'ipotesi sopra prospettata, ci si potrebbe chiedere se in capo ad A emerga, alla luce delle norme vigenti, una plusvalenza imponibile: si tenga conto che, formalmente, non avviene alcuna donazione, ma solamente uno splitting del pagamento, che da diretto diviene indiretto.
B, infatti, paga C anziché A, poiché in tal modo C è soddisfatto, quale creditore, attraverso la compensazione posta in essere con A (in modo del tutto legittimo sotto il profilo civilistico).

Donazione "implicita"
Determinati comportamenti, osservati presso i contribuenti, giungono a livelli di "malizia fiscale" più avanzati, non limitandosi a "giocare" sul titolo (oneroso o liberale) del negozio (ovvero sulla provenienza dell'immobile da un precedente atto a titolo gratuito), ma operando, invece, su forme alternative di estinzione dell'obbligazione, nelle quali è "intorbidito" il rapporto tra i soggetti dell'obbligazione medesima, o - meglio - i suoi profili tributari.
Occorre infatti considerare che, a norma dell'articolo 68, comma. 1, del Tuir, le plusvalenze immobiliari realizzate da persone fisiche al di fuori dell'esercizio d'impresa "sono costituite dalla differenza tra i corrispettivi percepiti nel periodo di imposta e il prezzo di acquisto o il costo di costruzione del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo".

Nel caso in cui il corrispettivo della cessione non venga pagato al cedente, bensì a un terzo soggetto, come si atteggia l'obbligazione tributaria?
L'eventuale plusvalenza, insomma, è realizzata dal cedente (che, formalmente, non percepisce nulla), ovvero dal terzo beneficiario?

Nelle ipotesi qui tratteggiate, a parere di chi scrive:

  • se è posta in essere l'estinzione di un'obbligazione tra cedente e terzo mediante compensazione del preesistente credito, l'obbligazione è comunque soddisfatta, e quindi i "corrispettivi percepiti" dovrebbero potersi ravvisare nel quantum del credito stesso(2)
  • se, invece, non esiste alcuna obbligazione preesistente, dovrebbe ravvisarsi nel negozio una donazione "informale", anche se "larvata" da un contratto a favore di terzo, tipologia negoziale nella quale il terzo stesso non figura come parte vera e propria. Possono allora attivarsi tutte le necessarie attività di controllo, fondate su presunzioni gravi, precise e concordanti (rammentando che, certamente, il Fisco può appurare se il terzo sia l'effettivo beneficiario del corrispettivo, ovvero si tratti di un soggetto interposto, nel qual caso dovrebbe potersi azionare l'articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973, e anche che le false dichiarazioni inserite nel rogito notarile rendono applicabile la sanzione penale di cui all'articolo 483, c.p., per il delitto di falso in atto pubblico(3)).

Utilizzo elusivo della donazione "formale"
Accanto alle ipotesi sopra descritte, nelle quali la donazione viene in luce come schema "incidentale", eventualmente contestabile dall'Amministrazione, la cessione a titolo gratuito poteva anche essere adottata in maniera formale, ma al solo scopo di ricadere nella previsione di non imponibilità di cui al previgente articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir.
Nell'un caso, si tratta di "far scomparire" il corrispettivo, e quindi di aggirare l'articolo 68, comma 1, del Tuir; nell'altro, si tratta invece di piegare a fini sostanzialmente elusivi l'inciso sopra richiamato, che escludeva da imposizione, accanto alle cessioni di immobili derivanti da successioni, anche quelle di immobili precedentemente "donati" al cedente.

Interposizione soggettiva
Ai sensi dell'articolo 37, comma 3, del Dpr 600/1973, in sede di rettifica o di accertamento d'ufficio, "sono imputati al contribuente i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti quando sia dimostrato, anche sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che egli ne è l' effettivo possessore per interposta persona".
Nel caso esaminato, i "redditi" sono riconducibili alla plusvalenza generata dalla cessione dell'immobile, che non è stata tassata perché fittiziamente imputata a C, ma in realtà "incassata" da A.

Quale significato deve darsi, però, alla locuzione "i redditi di cui appaiono titolari altri soggetti"? Se essi sono ricondotti al momento dichiarativo, e quindi alla dichiarazione della plusvalenza da parte dell'interposto anziché dell'interponente, il contesto normativo anteriore alla "manovra" d'estate non prevedeva, per le donazioni formali, alcuna plusvalenza, e - pertanto - alcuna "interposizione" nel senso voluto dall'articolo 37, comma 3.
Per quanto attiene, invece, alle operazioni sopra descritte - nelle quali A cede a B, ma il relativo corrispettivo è incassato da C - la plusvalenza emergerebbe "fittiziamente" in capo a C, ma dovrebbe risultare imputabile (in presenza dell'idoneo impianto probatorio utilizzabile in sede di accertamento) ad A.

Può essere osservato, però, che la norma sull'interposizione colpisce la "titolarità" del reddito, mentre qui si discute piuttosto di qualificare la corretta posizione di parte contrattuale: il reddito, infatti (ovvero la plusvalenza), nemmeno sussisterebbe, dato che non vi sarebbe una materiale percezione di proventi da parte del cedente.
Tale osservazione non è certamente vera, a parere di chi scrive, se tra le parti vi era una preesistente obbligazione, estinta per compensazione nell'ambito della cessione "trilaterale".

Tipologie di interposizione
Con riferimento all'articolo 1414, c.c., le due categorie dell'interposizione vengono così individuate:

  • nell'interposizione reale di persona, si ha "un particolare rapporto tra interponente e interposto che riveste di regola il carattere del mandato senza rappresentanza e si verifica allorquando un soggetto (l'interposto), d'intesa con un altro soggetto (l'interponente), contratta in nome proprio con un terzo soggetto e diventa titolare effettivo degli obblighi derivanti dal contratto, con l'obbligo, nascente dal rapporto interno con l'interponente, di ritrasferire i diritti in tal modo acquistati"
  • l'interposizione fittizia prevede invece "un accordo simulatorio intercorrente fra tre soggetti - il contraente effettivo o interponente, il contraente fittizio o interposto e l'altro contraente - per effetto del quale la stipulazione del negozio con la persona interposta è soltanto apparente, poiché nella realtà il vero contraente è la persona che non figura nel negozio, nei cui confronti l'altro contraente intende assumere tutti i diritti e gli obblighi contrattuali"(4).

Al di là della regolamentazione formale e apparente del negozio, la normativa civilistica è intesa a far prevalere la reale volontà delle parti, oppure - se la simulazione è stata posta in essere allo scopo di eludere obblighi o divieti posti dall'ordinamento - la volontà della legge(5).
Non si tratta più di tutelare l'affidamento del terzo, ma di rintracciare il reddito - dichiarato o non dichiarato, comunque risultante da prove in possesso dell'Amministrazione - in capo al soggetto che ne ha l'effettivo possesso, e non la semplice titolarità privatistica(6).
Ciò che è salvaguardato dalla norma tributaria è quindi l'interesse erariale alla riscossione dell'imposta, alla luce del quale la norma rivela il proprio carattere procedimentale: a essa bisogna attenersi, in quanto costituisce in capo all'ufficio fiscale una facoltà di imputare il reddito al reale possessore anche sulla base di presunzioni dotate dei requisiti civilistici di gravità, precisione e concordanza, e senza ulteriori vincoli.

Elusione e interposizione
Come rilevato su questa stessa testata(7), l'utilizzo, in sede di controllo, della norma antielusiva "a vocazione generale" di cui all'articolo 37-bis del Dpr 600/1973 confliggerebbe con il carattere fittizio di una donazione che sarebbe tale solo sulla carta (perché seguita dalla retrocessione del corrispettivo della successiva cessione in capo al donante fittizio).
L'articolo 37-bis dà infatti per assodata la validità dell'atto posto in essere, anche se ne blocca - nel contesto di una successione di eventi "artificiosa" e preordinata al mero ottenimento di un vantaggio tributario - i conseguenti effetti fiscali.

È generalmente esclusa, per l'articolo 37, comma 3, Dpr 600/1973, la rapportabilità agli schemi civilistici fondati sulla distinzione tra realtà ed apparenza, mentre sono ritenute invece prevalenti la natura procedimentale della norma e la preoccupazione, tipicamente tributaria, di rinvenire in capo al titolare reale il presupposto oggettivo del "possesso" del reddito.
Più che antielusiva, la norma in esame è "anti-evasione", poiché finalizzata al reperimento del reddito in capo a un soggetto che non ne dichiara il possesso.

In apparenza, sembrerebbe necessaria la presenza di una dichiarazione presentata dall'interposto, nella quale quest'ultimo abbia "manifestato" al Fisco il possesso del reddito in realtà attribuibile all'interponente, ma neanche questo è vero in ogni caso: la norma parla, infatti, solamente di redditi dei quali appaiono titolari altri soggetti.
Potrebbe infatti presentarsi il caso di un reddito la cui dichiarazione è omessa sia dal soggetto interponente che da quello interposto, ma che tuttavia risulta da atti, documenti o altri dati in possesso degli uffici.
In tale contesto, è lecito ritenere che la norma possa esplicare tutti i propri effetti nei confronti del fittizio donante, consentendo all'Amministrazione di imputare allo stesso, sulla base di un "impianto istruttorio" presuntivo, la plusvalenza non dichiarata perché "azzerata" attraverso l'interposizione del donatario fittizio.

Se, pertanto, la donazione è "tolta di mezzo", la successione di atti giuridici posta in essere, pur rimanendo intoccata ai fini civilistici, è - di fatto - fiscalmente "riqualificata" alla stregua di una cessione semplice, e il quantum imponibile è determinato secondo le prescrizioni dell'articolo 68, comma 2, del Testo unico (ovvero confrontando il "costo fiscale" del bene in capo al donante fittizio con il corrispettivo generato dalla cessione onerosa, formalmente posta in essere dal donatario fittizio).

Aree edificabili
Lo stesso articolo 67, comma 1, lettera b), del Tuir, riconduce ai redditi diversi le plusvalenze realizzate (da persone fisiche che non agiscono nell'esercizio dell'attività d'impresa, ovvero da enti non commerciali) a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.

A tale proposito, dev'essere precisato che la nozione di "edificabilità" del terreno, quale è attualmente accolta nel contesto normativo tributario, sortisce da una querelle pluriennale, fondata sulla complessità dell'iter procedimentale amministrativo necessario a consentire l'edificazione.
Si erano dunque formati due opposti filoni giurisprudenziali, non sanati neppure dalle Sezioni unite della Suprema corte, secondo i quali il terreno poteva dirsi edificabile, rispettivamente:

  • a seguito della semplice adozione dello strumento urbanistico (ovvero del piano regolatore generale) da parte dell'ente locale
  • a seguito della formale approvazione dello stesso da parte della Regione.

La controversia è stata risolta attraverso una norma interpretativa, recata dall'articolo 36, comma 2, del decreto legge 223/2006, ai sensi della quale la locuzione "area fabbricabile" - da assumere ai fini dell'Iva, dell'imposta di registro, delle imposte sui redditi e dell'Ici - è riportata a quella contenuta nell'articolo 11-quaterdecies, comma 16, del decreto legge 30/9/2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2/12/2005, n. 248 (il cui ambito applicativo era riservato alla sola Ici). Secondo tale precisazione del legislatore, l'area può essere considerata "fiscalmente" fabbricabile se essa è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, a prescindere dall'approvazione della Regione o dall'adozione di specifici strumenti attuativi (come, ad esempio, i piani particolareggiati).

Ritornando alla tematica delle donazioni "elusive", è stato rilevato che - data la suscettibilità, per tali cespiti, a incrementare di molto il proprio valore originario, e dunque i possibili effetti impositivi sfavorevoli - anche per i terreni edificabili è stata spesso adottata dai contribuenti la "tattica" della donazione simulata e della successiva rivendita.
In tale ipotesi, poteva farsi riferimento alla previgente formulazione dell'articolo 68, comma 2, del Tuir, in base alla quale "per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione si assume come prezzo d'acquisto il valore dichiarato nelle relative denunce ed atti registrati, od in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente, nonché dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili e di successione".

Come è facile vedere, ciò significava che:

  • la donazione (simulata) da A a B non generava plusvalenze per espressa previsione normativa (articolo 67, comma 1, lettera b, Tuir)
  • la successiva cessione dell'area, a un prezzo pari a quello dichiarato nell'atto di donazione, non generava plusvalenze perché non vi era alcuna discrasia tra il costo fiscalmente riconosciuto dell'area e, per l'appunto, il prezzo di cessione.

L'intervento del decreto legge 223/2006, sopra illustrato, ha comportato lo scardinamento di tale meccanismo elusivo, dato che ora la cessione del terreno rileva fiscalmente anche se avvenuta a titolo gratuito(8).

Circolare 28/E del 2006
Secondo le precisazioni ufficiali fornite dall'Agenzia delle entrate, con la circolare 4/8/2006, n. 28/E (par. 61)(9), la norma introdotta è finalizzata a evitare le manovre elusive, congegnate in modo che il proprietario dell'immobile, che non aveva ancora maturato i cinque anni dall'acquisto (o dalla costruzione), donava l'immobile a un terzo, il quale poi, successivamente, procedeva alla vendita.
Pertanto, "per effetto della modifica apportata all'art. 67 (...), è stato uniformato il trattamento fiscale previsto nel caso di cessioni di immobili acquistati a titolo oneroso a quello stabilito nell'ipotesi in cui l'acquisizione è avvenuta per donazione".

Per quanto concerne le condizioni per l'imponibilità, l'articolo 37, comma 38, lettera b), del decreto, prevede la tassazione della plusvalenza conseguita a seguito della cessione a titolo oneroso di immobili acquisiti per donazione, se non sono decorsi cinque anni dalla data di acquisto dell'immobile da parte del donante alla data della cessione.
La circolare chiarisce altresì che l'efficacia innovativa di tale previsione normativa fa sì che essa risulti applicabile alle sole cessioni effettuate a partire dalla data di entrata in vigore del decreto, e che - secondo quanto stabilito dal successivo comma 39 dell'articolo 37, che sul punto modifica l'articolo 68 del Testo unico, nel caso della cessione di immobili provenienti da donazioni entro cinque anni a decorrere dalla data di acquisto da parte del donante, la plusvalenza è determinata confrontando il corrispettivo della cessione e il costo di costruzione o di acquisto sostenuto dal donante.

Considerazioni di sintesi
Indubbiamente, il legislatore della "manovra" ha colto nel segno impedendo l'utilizzo artificioso della donazione sia per annullare il presupposto impositivo, sia per azzerare la plusvalenza.
Nel mutato contesto normativo, non sarà dunque più necessario adottare strategie di contrasto a tali fenomeni fondate sull'interposizione soggettiva, perché - semplicemente - i redditi "aggredibili" dal Fisco non sono più quelli "di cui appaiono titolari altri soggetti" (ovvero l'interposto, nel "teorema" dell'articolo 37, comma 3, sopra richiamato), bensì quelli che si assumono ex lege realizzati dal donatario.

Si tratta di una soluzione "forte", che - evidentemente - è intesa a "coprire" normativamente dei comportamenti altrimenti difficili da censurare in sede di controllo: le motivazioni degli accertamenti sono infatti sempre sottoposte al sindacato dei giudici di merito e di legittimità, i quali potrebbero anche richiedere - accanto alle presunzioni - una costruzione probatoria più solida(10).
L'intervento è quindi senz'altro opportuno, dato che la "lotta all'evasione" (la quale costituisce il filo conduttore principale della "manovra" d'estate) dev'essere condotta non solamente attraverso nuovi strumenti istruttori, ma anche colpendo le "scappatoie" che, permanendo, potrebbero svuotare di significato gli stessi sforzi dell'Amministrazione.


NOTE:
1) Secondo la norma innovata, costituiscono redditi diversi "le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari, nonché, in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. In caso di cessione a titolo oneroso di immobili ricevuti per donazione, il predetto periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante".

2) La compensazione configura un modo di estinzione dell'obbligazione a carattere satisfattorio, dato che in essa il creditore resta soddisfatto nel proprio diritto ottenendo l'estinzione del debito.
Non dovrebbe quindi rilevare la materiale percezione del corrispettivo della cessione, bensì l'ingresso dello stesso nella giuridica disponibilità del cedente, dato che la "percezione" può includere anche le ipotesi di estinzione dall'obbligazione in forme diverse dall'adempimento, come la compensazione (art. 1241 e ss., c.c.) e la confusione (art. 1253 e ss., c.c.).

3) Cfr. C. Santoriello, "Compravendita di immobile e false dichiarazioni inserite nel rogito notarile", Il Fisco n. 46 - 12.12.2005, pp. 1-7255 e ss.

4) Cfr. Cass., Sez. I Civ., 22/6/1974, n. 1891.

5) Cfr. Cass., Sez. III Civ., 11/11/1975, n. 3806.

6) Cfr. NUSSI, "L'imputazione del reddito tra soggetto interposto ed effettivo possessore: profili procedimentali", "Rassegna Tributaria" n. 3/1998, pagg. 733 e s.s.

7) Cfr. A. Karabatsos, "Donazione di beni immobili - ipotesi di evasione e di elusione", cit.

8) Si vedano sul punto gli interessanti contributi di A. Karabatsos, "Donazione di beni immobili - ipotesi di evasione e di elusione", FISCOoggi, 17/11/2004, nel quale è posta in luce la problematica dell'applicabilità, in sede di accertamento, dell'articolo 37, comma 3, Dpr 600/1973, e di B. Rocco - A. Viola, "Edificabile, ma sempre fertile per l'elusione", FISCOoggi, 16/6/2006, che tratta delle donazioni fittizie di aree edificabili rendendo conto di taluni alterni orientamenti della giurisprudenza di merito (Ctp di Udine e di Pordenone), secondo i quali, rispettivamente, il carattere fittizio della donazione può essere dimostrato solo attraverso le evidenze dei controlli bancari, ovvero (senza ricorrere ad azione di simulazione) semplicemente "riqualificando" il negozio come oneroso.

9) Le precisazioni fornite dall'Agenzia delle entrate sono sostanzialmente conformi alla ricostruzione effettuata nelle schede di lettura n. 17 del Servizio studi del Senato.

10) Si veda quanto evidenziato alla sup. nota 8.

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