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Attualità

Stop alle liti sugli immobili storici

Si applica la tariffa d'estimo più bassa anche agli edifici destinati a uso diverso da quello abitativo

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L'Agenzia delle entrate chiude definitivamente la strada al contenzioso tributario sulla determinazione del reddito degli immobili di interesse storico e artistico. La circolare n. 2/E del 17 gennaio scorso, infatti, fuga gli ultimi dubbi posti al riguardo dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, nella sostanza, seppur implicitamente, dichiarando la cessata materia del contendere relativamente all'articolo 11 della legge 413 del 30 dicembre 1991.

La stesura letterale della norma, come è noto, non è stata certamente delle più precise, tanto da rivelarsi una delle disposizioni a maggior tasso di litigiosità dell'ordinamento tributario. Ne è seguito un ricchissimo filone di contenzioso, su cui recentemente si sono innestate due prese di posizione dall'elevato tenore interpretativo da parte dell'Agenzia. Oltre alla recentissima circolare 2/E/2006, infatti, merita particolare menzione la circolare 9/E del 14 marzo 2005, alla quale la prima si riallaccia peraltro in maniera espressa.

La norma
Ad originare i dubbi fu, come accennato, la forma letterale dell'articolo 11, comma 2, legge 413/1991 (la legge "collegata" alla Finanziaria per il 1992). Col lodevole obiettivo di incentivare la preservazione del patrimonio di interesse pubblico, la legge 413/1991 previde un supporto ai possessori di immobili di interesse storico e artistico (vincolati ai sensi della legge 1089/1939, poi sostituita dalla "legge Urbani", Dlgs 42/2004), che spesso hanno l'onere di sobbarcarsi ingenti spese di ordinaria e straordinaria manutenzione su tali immobili.
Il supporto in questione si riferisce alla previsione di attribuire ai predetti fabbricati la possibilità di determinare le imposte dirette sulla base della rendita catastale derivante dall'applicazione alla consistenza espressa in vani utili della minore fra le tariffe d'estimo relative ad abitazioni, esistenti nella stessa zona censuaria (in genere, quelle corrispondenti alla prima classe delle categorie A/11, A/6 o A/5), anziché quella propria (normalmente riferita alla categoria A/9 o A/8). Per gli immobili censiti nelle categorie del gruppo C, inoltre, le consistenze espresse in metri quadrati devono essere trasformate in vani utili, mediante l'utilizzo della superficie media dei vani medesimi (in questo senso, si veda la circolare 7 del 10 giugno 1993).
L'articolo 11, comma 2, in oggetto, al riguardo, stabiliva che il meccanismo di favore dovesse applicarsi "in ogni caso" a tutti gli edifici storici, senza alcuna distinzione fra quelli direttamente utilizzati o locati. Su questa distinzione si aprì un'annosa diatriba, ora destinata a concludersi in seguito ai due interventi dell'Agenzia che si sono menzionati sopra (circolare 9/E/2005 e circolare 2/E/2006).

I dubbi
Come accade sovente per le norme a contenuto agevolativo, anche l'applicazione pratica dell'articolo 11, comma 2, legge 413/1991, fu sin dall'inizio piuttosto travagliata. In particolare, la formulazione letterale della disposizione non aiutava a rendere inequivocabile la possibilità di estenderne i benefici in relazione a un serie di parametri.
Più precisamente, non emerse con chiarezza se la determinazione del reddito dei fabbricati soggetti a vincolo dovesse seguire le regole previste dall'articolo 11 citato indifferentemente se:
- il fabbricato avesse destinazione abitativa o meno
- il fabbricato fosse di proprietà di persona fisica o società
- il fabbricato fosse utilizzato direttamente dal proprietario o se fosse da questi locato.

In merito al primo aspetto, la giurisprudenza - e anche la prassi amministrativa - fu pressoché unanime nel riconoscere la spettanza del beneficio indipendentemente dall'utilizzo che del fabbricato venisse concretamente fatto.

Anche sul secondo passaggio, gli interrogativi che via via si verificarono vennero risolti dando il significato più "pieno" alla espressione "in ogni caso" contenuto nella norma, per cui non si registrarono grandi problemi nel rendere accessibile l'agevolazione anche a soggetti proprietari diversi dalle persone fisiche (ad esempio, società di capitali).

Riguardo al terzo livello, quello precisamente oggetto delle prese di posizione dell'Agenzia ripetutamente citate (circolare 9/E/2005 e circolare 2/E/2006), è il caso di spendere qualche parola in più.
In una prima fase, come ricorda l'Agenzia delle entrate nella circolare 2/E/2006, la Cassazione abbracciò una tesi restrittiva, finalizzata a non rendere applicabile l'agevolazione agli immobili non utilizzati direttamente dal proprietario ma locati.
Successivamente, questo orientamento venne rivisto, dopo che l'Agenzia si era già espressa con la circolare 9/E/2005, tanto da portare a investire l'Avvocatura dello Stato della questione. Tale organismo formulò il proprio parere con nota P140817 del 24 ottobre 2005, e di esso si dà conto nella circolare 2/E/2006.

La conclusione
Sulla linea tracciata dall'Avvocatura dello Stato, che a sua volta tiene conto dell'evolversi della Cassazione, l'Agenzia delle entrate dichiara superate le istruzioni in precedenza impartite - segnatamente quelle divulgate con la circolare 9/E/2005 - e afferma definitivamente che la norma di cui all'articolo 11, legge 413/1991, trova applicazione anche se l'immobile non viene utilizzato dal proprietario in quanto da questi concesso in locazione.
L'articolo 11 in oggetto, su questa falsariga, concerne un regime di determinazione del reddito dei fabbricati soggetti a vincolo storico o artistico che assume natura generale, applicabile sempre e comunque. L'espressione "in ogni caso" incautamente fatta propria dal legislatore, trova così definitivo inquadramento.

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