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Attualità

Sui finanziamenti a medio-lungo termine, attenti alle clausole

Niente imposta sostitutiva nel caso in cui la facoltà di estinzione prima del decorso di diciotto mesi e un giorno sia espressa nel contratto

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Inapplicabilità dell’imposta sostitutiva (articolo 15, Dpr n. 601/73) sui finanziamenti a medio-lungo termine, quelli aventi, cioè, una durata superiore ai diciotto mesi, nel caso in cui i relativi contratti contengano clausole che consentano al soggetto finanziato di recedere anticipatamente dal rapporto negoziale, senza che sia decorso almeno il periodo minimo dei diciotto mesi e un giorno. Nel qual caso andrà applicata l’imposta ordinaria (consistente nel pagamento dell’imposta di registro, di bollo, ipotecaria e catastale e della tassa sulle concessioni governative). E’ quanto precisato dall’Agenzia del territorio, con la circolare n. 6/T del 5 dicembre 2006, che fa chiarezza sul tema dopo una serie di interventi giurisprudenziali e di prassi apparentemente contrastanti.

Estinzione anticipata da parte dell’istituto di credito
Sull’argomento, negli anni precedenti, sono già stati forniti alcuni chiarimenti; soprattutto, sono state esaminate quelle clausole che assegnano all’istituto di credito la facoltà di recedere anticipatamente dal rapporto negoziale, negando l’applicabilità della norma agevolativa nel caso in cui allo stesso sia attribuita “la cosiddetta facoltà di recesso ad nutum, cioè non correlata ad ipotesi di inadempienze contrattuali o di obblighi pattiziamente assunti”.

L’anticipata risoluzione, rimessa al mero arbitrio dell’istituto mutuante, senza condizione alcuna, è tale da determinare l’incompatibilità con il regime agevolato di cui all’articolo 15 del Dpr n. 601/73, in quanto la facoltà di recesso ad nutum impedisce al vincolo negoziale di sorgere ab origine in modo stabile; diversamente, le clausole che consentono agli istituti di credito l’esercizio della facoltà di recesso anticipato dal contratto, ma soltanto in relazione a circostanze di fatto pattiziamente predeterminate e obiettivamente riscontrabili a tutela del credito, “sembrano assicurare al rapporto contrattuale un grado di stabilità sufficiente a garantirne una durata potenziale conforme a quella minima stabilita” (circolare n. 8/T del 24/9/2002).

Estinzione anticipata da parte del soggetto finanziato
La finalità della circolare, prendendo spunto anche da univoci indirizzi giurisprudenziali, è quello di dipanare l’intreccio di posizioni assunte in precedenza, apparentemente conflittuali tra loro.
I precedenti interventi interpretativi sul tema avevano preso in considerazione aspetti legati a vicende o eventi successivi al rapporto, cioè aspetti legati all’evolversi dello stesso al di fuori delle clausole contrattuali, tali da non costituire ipotesi di decadenza dal regime agevolativo.

E’ il caso, ad esempio, della richiesta di cancellazione ipotecaria presentata a seguito dell’estinzione anticipata del rapporto di finanziamento, tale da non determinare il venir meno delle condizioni fissate dall’articolo 15, in quanto ciò che rileva ai fini dell’applicabilità dell’agevolazione è il documento negoziale allegato dai contraenti e l’assenza di clausole che consentano il recesso anticipata (prima dei diciotto mesi e un giorno). In altre parole, non sussiste alcun problema se il finanziamento viene estinto anticipatamente, l’importante è che la facoltà di recesso non sia espressa sul contratto: diversamente, laddove tale facoltà fosse inserita, sarebbe un contratto che non potrebbe essere definito a medio-lungo termine, rendendo inapplicabile l’agevolazione in esame.

Dunque, ciò che assume rilievo è che la durata del rapporto di finanziamento, risultante dal contratto, sia superiore a quella minima prevista dalla legge, a nulla rilevando “…possibili vicende o eventi successivi al rapporto, né l’evolversi dello stesso al di fuori e al di là delle clausole contrattuali”, in assenza, ripetiamo, di clausole contenenti la facoltà assegnata a uno dei due contraenti di recedere liberamente, senza alcuna condizione (a tal proposito, vale la pena di consultare la sentenza n. 11165 del 26 maggio 2005 della Corte di cassazione che ha equiparato, ai fini dell’inapplicabilità del particolare regime tributario, previsto dall’articolo 15, Dpr n. 601/73, le clausole che prevedono il recesso ad nutum dell’istituto finanziatore con quelle che riconoscono espressamente al soggetto finanziato la facoltà di estinguere anticipatamente l’operazione prima del decorso della durata minima, stabilita dalla stessa norma; afferma, infatti, la sentenza che “l’estinzione del debito prima che sia decorsa la durata minima stabilita dalla norma, atteso che tale pattuizione, al pari della clausola di recesso unilaterale e senza preavviso da parte dell’istituto di credito, viene a privare l’operazione della necessaria caratteristica temporale richiesta dalla disposizione agevolatrice”). Per l’applicazione dell’imposta sostitutiva, pertanto, devono essere prese in considerazione solo le risultanze documentali e non il rapporto che ne segue e le vicende successive alla stipulazione, come affermato anche dalla Corte di cassazione (sezione I, sentenza n. 11240 del 28 dicembre 1994).

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