E' giunta all'esame della Corte costituzionale la legittimità dell'articolo 2, comma 2, del Dlgs 546/1992, nella parte in cui devolve alle Commissioni tributarie la competenza a decidere le controversie relative alla debenza del canone per lo smaltimento dei rifiuti urbani.
Tale norma, pur avendo una valenza meramente processuale e non essendo formalmente compresa né richiamata nei decreti legislativi che hanno introdotto e innovato la tariffa (22/1997 e 152/2006), risulta essere la vera chiave di volta per capire la natura giuridica della Tariffa in questione e i suoi risvolti operativi(1). Infatti, al di là delle pronunce ondivaghe delle varie Commissioni tributarie provinciali e regionali, la Suprema corte ha più volte fondato il suo convincimento proprio sulla base di tale articolo e su una sua interpretazione costituzionalmente orientata(2).
Da rilevare come nel corso dell'anno 2008 la Corte costituzionale (sentenze 64 e 130) abbia invece "sconfessato" questo tipo di interpretazione dato dalla Suprema corte, giungendo a riconoscere l'illegittimità costituzionale della norma in altre due sue parti, ovvero quella in cui erano devolute alle Commissioni tributarie le controversie relative al canone per l'occupazione di spazi e aree pubbliche (Cosap) e alle sanzioni comunque irrogate da uffici finanziari anche laddove queste conseguano alla violazione di disposizioni non tributarie.
Il principio invocato dalla Corte è quello secondo cui "non è sufficiente, al fine di negare lo snaturamento della materia attribuita alla giurisdizione tributaria, affermare che le controversie relative ad alcuni particolari canoni, pur non avendo natura tributaria, sono legittimamente attribuite alla cognizione delle commissioni tributarie per la sola ragione che il fatto generatore delle suddette prestazioni patrimoniali è simile al presupposto che, in passato, avevano avuto alcuni tributi…Al contrario, come già rilevato, il difetto della natura tributaria della controversia fa necessariamente venir meno il fondamento costituzionale della giurisdizione del giudice tributario, con la conseguenza che l'attribuzione a tale giudice della cognizione della suddetta controversia si risolve inevitabilmente nella creazione, costituzionalmente vietata, di un "nuovo" giudice speciale".
Ed è proprio sulla scia di questa giurisprudenza costituzionale che sia la Commissione tributaria provinciale di Prato sia la Ctr Toscana, con ordinanze, rispettivamente, del 7 novembre 2008 e dell'8 luglio dello stesso anno, hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 2, Dlgs 546/1992, per ritenuto difetto di giurisdizione dell'adita Commissione tributaria sul presupposto della natura non tributaria della controversia a quo, per effetto della sostituzione del vecchio canone con la tariffa per la gestione dei rifiuti.
Essendo, quindi, stata investita della questione, la Corte costituzionale dovrà esprimersi sulla natura giuridica della Tariffa in oggetto e, conseguentemente, sulla legittimità della norma. Va da sé che qualora questa risultasse costituzionalmente legittima, allora alla Tariffa va riconosciuta natura tributaria; se, al contrario, sulla norma si abbattesse la scure della Corte, allora vorrebbe dire che siamo di fronte a una vera e propria tariffa.
Mettere un punto fermo su questa controversia sarebbe molto importante perché essa non rappresenta soltanto una mera disquisizione teorica che interessa soltanto gli operatori del diritto, ma ha un riflesso concreto e diretto nei confronti di tutti gli utenti che si trovano a vedersi maggiorata la tariffa del 10% per l'applicazione dell'Iva, nel momento in cui si debba ritenere che questa tariffa sia veramente tale e non un'entrata di carattere tributario.
Inoltre, non devono essere dimenticati anche tanti altri aspetti apparentemente secondari quali, ad esempio, la riscossione coattiva mediante ruolo al posto della semplice ingiunzione di pagamento (come avviene per tutti gli altri gestori dei servizi pubblici che applicano tariffe), nonché il diverso rito processuale previsto per adire il giudice ordinario piuttosto che la Commissione tributaria (si pensi soprattutto ai termini per presentare il ricorso).
L'emananda sentenza della Consulta porrà, quindi, la parola fine a questa lunga diatriba che ha visto e vede tuttora decisioni di giudici completamente difformi tra di loro.
Da segnalare, in conclusione, che qualunque nuovo ricorso giurisdizionale intentato in materia di Tia dovrebbe essere sospeso in attesa della decisione definitiva della Corte costituzionale sulla legittimità dell'attribuzione della giurisdizione alle Commissioni tributarie.
NOTE:
1) Per ulteriori approfondimenti si rinvia a "Tia, tassa o prezzo? Il ballo di "Corte" non è ancora finito" di Matteo Vagli, in Fiscooggi.
2) A titolo esemplificativo si può citare Cassazione civile, sezioni unite, ordinanza 7931/2008, secondo cui "Rientrano nel sistema fiscale anche quelle entrate pubbliche che si possono, con termine moderno, denominare "tasse di scopo" che cioè mirano a fronteggiare una spesa di interesse generale ripartendone l'onere sulle categorie sociali che da questa spesa traggono vantaggio, o che comunque determinano l'esigenza per la "mano pubblica" di provvedere. Esempi in proposito sono costituiti dai contributi consortili, dalla Tassa per lo Smaltimento dei rifiuti solidi Urbani (ora Tariffa Igiene Ambientale), dal canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue (che risponde al principio "chi inquina paga") [ … ] questa proposizione consente di individuare la massima estensione della giurisdizione tributaria compatibile con il testo costituzionale e con il divieto di istituire giurisdizioni speciali".
Sulla tariffa d'igiene ambientale parola finalmente alla Consulta
Al vaglio della Corte costituzionale la natura giuridica della Tia. Rilevanti le conseguenze della pronuncia
