
Le questioni pregiudiziali
La High Court of Justice (England and Wales) Queen’s Bench Division (Administrative Court) ha invitato il Supremo organo di giustizia comunitaria a chiarire il significato del termine "spedito" di cui agli articoli 28 bis- n. 3 e 28 quater- parte A lett. a) della sesta direttiva Cee, nonché in quali condizioni le cessioni di beni sono da considerarsi esenti da Iva. Il giudice britannico ha inoltre chiesto delucidazioni in merito alla possibilità di recuperare l’Iva relativamente a operazioni intracomunitarie inizialmente giudicate regolari e soltanto successivamente, per cause non ascrivibili al cedente, constatate come fraudolenti e se e in quale misura in tale questione può avere rilevanza probatoria la dichiarazione relativa all’acquisto intracomunitario presentata dall’acquirente alle autorità fiscali competenti.
Il diritto comunitario
L’articolo 28 bis n. 3 della sesta direttiva Cee precisa che "è considerato acquisto intracomunitario di un bene l’acquisizione del potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto del bene". Ai sensi del disposto dettato dall’art. 28 quater- parte A lett a) della citata direttiva si prevede che "… gli Stati membri esentano: a) le cessioni di beni ai sensi dell’articolo 5, spediti o trasportati, dal venditore o dall’acquirente o per loro conto, fuori dal territorio di cui all’articolo 3 ma all’interno della Comunità, effettuate per un altro soggetto passivo o per un ente che non è soggetto passivo, che agisce in quanto tale in uno Stato membro diverso dallo Stato di partenza della spedizione o del trasporto dei beni".
La normativa inglese
In sintesi il combinato disposto dall’articolo 30 n. 8 del "Value Added Tax Act 1994" e dall’articolo 134 del "Value Added Tax Act Regulations 1995" conviene nel considerare esenti ai fini Iva le cessioni intracomunitarie nei casi in cui i Commissioner dispongano di sufficienti prove che tali beni lascino il Regno Unito e siano materialmente trasferiti in un altro Stato membro nonché che gli stessi prodotti siano acquistati da un soggetto passivo in un altro Stato membro. A corollario delle disposizioni citate, la circolare n. 703 aggiunge alle condizioni per poter beneficiare dell’aliquota zero sulle cessioni intracomunitarie l’indicazione nelle fatture di vendita del numero di identificazione Iva intracomunitario e che, nel termine di tre mesi dalla cessione, il cedente ottenga validi documenti commerciali che attestino l’avvenuta uscita della merce dal territorio britannico.
La sentenza della Corte
La Corte di Giustizia dell' Unione europea con la sentenza del 27 settembre 2007 relativa alla causa C-409/04 ha fornito un notevole contributo chiarificatore alla disciplina relativa alle operazioni intracomunitarie. La Corte ha innanzitutto ribadito la necessità di qualificare una cessione o un acquisto intracomunitario in base a elementi oggettivi, come l’esistenza di un movimento fisico dei beni, concludendo che gli articoli 28 bis n. 3 e 28 quater parte A lett.a) della sesta direttiva Cee in considerazione del significato attribuito al termine "spedito" devono essere interpretati nel senso che "l’acquisto intracomunitario di un bene viene effettuato e l’esenzione della cessione intracomunitaria diviene applicabile soltanto quando il potere di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e quando il fornitore prova che tale bene è stato spedito o trasportato in un altro Stato membro e che, in seguito a tale spedizione o trasporto, esso ha lasciato fisicamente il territorio dello Stato membro di cessione". A giudizio della Corte, pertanto, affinché una operazione di cessione di beni fra operatori di due Stati membri sia qualificabile come cessione intracomunitaria e, quindi, possa beneficiare del regime di esenzione Iva è necessario che: a) il bene commercializzato rientri nella disponibilità materiale dell’acquirente; b) lasci fisicamente il territorio dello Stato di provenienza; c) il cedente provi all’autorità fiscale, con mezzi adeguati, tale trasferimento. In merito alle altre questioni, infine, la Corte ha precisato la non punibilità del fornitore in buona fede e ignaro di espedienti fraudolenti posti in essere da propri partner commerciali ai danni dell’Erario in merito all’assolvimento dell’Iva relativa a operazioni commerciali fra Stati membri e per le quali la stessa parte aveva a tempo debito, provato, con mezzi già ritenuti a suo tempo meritevoli dall’autorità competente, la non assoggettabilità all’imposta in trattazione. La Corte ha inoltre ribadito che la dichiarazione relativa alle operazioni intracomunitarie esibita dall’acquirente all’Autorità tributaria "può costituire una prova supplementare diretta a dimostrare che i beni hanno effettivamente lasciato il territorio dello Stato membro di cessione, ma non costituisce una prova determinante ai fini dell’esenzione dall’Iva di una cessione intracomunitaria".