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Attualità

La tassa “piatta”, strategia economica o scelta politica?

Leggendo attentamente l’articolo 53 della Costituzione, l’idea di una flat tax sarebbe costituzionalmente legittima ma…

La norma contenuta nella Legge Fondamentale si limita semplicemente a dichiarare che il sistema tributario deve avere nel suo complesso un carattere progressivo. Ne consegue che, per rendere compatibile il dettato costituzionale con l’idea di una tassa piatta, sarebbero opportune alcune correzioni. Il fenomeno della globalizzazione ha sviluppato un acceso dibattito, in Italia come nel resto dei Paesi europei, sulla nozione di progressività tributaria; concetto quest’ultimo consistente in una imposizione più che proporzionale e cioè maggiore man mano che cresce la ricchezza considerata imponibile. Ad esempio se Tizio ha un reddito doppio rispetto a quello realizzato da Caio con il sistema progressivo non sarà tenuto a pagare un’ imposta pari a due volte tanto quanto quella pagata da quest’ultimo ma dovrà versare nelle casse dello Stato un "pò" di più. Quel poco in più caratterizza giustappunto un sistema tributario come progressivo. Più in generale, tale criterio risponde all’esigenza di attuare nel nostro ordinamento il principio di solidarietà sancito dall’articolo 2 della nostra Carta fondamentale nonché il principio di uguaglianza (sostanziale) di cui all’articolo 3. In dettaglio, il criterio della progressività può essere raggiunto mediante quattro differenti modalità: col sistema della progressività per detrazioni, per classi, continua e per scaglioni.

L’ordinamento italiano
Nel nostro ordinamento, per l’imposta sui redditi, ad esempio, al criterio in esame è stata data attuazione con la modalità per scaglioni. In questo modo la ricchezza tassabile di un contribuente è ripartita in raggruppamenti a scalare a ciascuno dei quali corrisponde un’aliquota diversa che aumenta al crescere dell’imponibile (pertanto, ai redditi fino a 15mila euro si applica l’aliquota del 23 per cento; a quelli da 15.0001 euro a 28mila euro si applica per la parte fino alle prime 15mila euro l’aliquota del 23 per cento mentre per la parte restante quella del 27 per cento; ai redditi da 28.001 euro a 55mila euro si applica l’aliquota del 23 per cento per le prime 15mila euro, per le seconde quella del 27 per cento e per la parte restante il 38 per cento; ai redditi da 55.001 euro e fino a 75mila euro si applica, per la parte eccedente, l’aliquota del 41 per cento mentre ai redditi con importo superiore a 75.001 euro si attribuisce la quarta aliquota del 43 per cento; giova, preliminarmente osservare, tuttavia, che a tale calcolo si deve tener conto di una soglia di esenzione fiscale, denominata no tax area, per determinate categorie di lavoratori).                









Lo Statuto Albertino
Sotto questo profilo risulta particolarmente chiara l’evoluzione storica che l’articolo 53 della (nostra) Carta ha compiuto rispetto all’articolo 25 dello Statuto della Monarchia di Savoia del 1848 (cd. Statuto Albertino), vigente, come noto, fino alla Costituzione della Repubblicana italiana del 1948, secondo cui, con un richiamo implicito ma univoco al principio di proporzionalità, la contribuzione ai carichi dello Stato doveva avvenire in proporzione ai propri averi.

Le proposte italiane sulla tassa piatta
Già avanzata da Antonio Martino nel corso della scorsa legislatura, è recentemente riemersa, in occasione della convention dei giovani di Confindustria a Capri, da parte di Daniele Capezzone, (già) Presidente della Commissione Attività produttive dalla Camera dei Deputati, l’idea di introdurre nel nostro ordinamento tributario una tassa piatta, e cioè un’imposta sui redditi (delle persone) strutturata con una sola aliquota (del 20 per cento). Obiettivo principale della proposta è ridurre, nell’arco di un quinquennio, la pressione fiscale per far emergere quella parte di economia elusa e/o evasa e, parallelamente, attrarre, sulla scia di quanto stanno attuando i (neo) Paesi che hanno aderito all’Unione europea, maggiori capitali esteri.

La sentenza della Corte Costituzionale
Tanto premesso, ci si chiede se la proposta in esame possa essere considerata più o meno legittima con riferimento al quadro giuridico costituzionale interno. Da qui la necessità di eseguire una attenta analisi della norma costituzionale. Intanto, si può agevolmente osservare che il testo letterale del secondo comma dell’articolo 53 della Legge Fondamentale sancisce il principio secondo cui non "un determinato tributo" deve essere improntato a criteri di progressività, ma, anzi, che a tale criterio è improntato il sistema tributario statale nel suo complesso. Si può osservare, altresì, che il citato comma prescrive non che il sistema tributario è improntato a "un criterio progressivo" ma che lo stesso deve essere improntato a criteri (al plurale!) non specifici di progressività. Da tale analisi si può agevolmente evincere che il principio su cui ruota l’intero sistema tributario italiano non vieta che nell’ordinamento possano esistere anche alcuni tributi ispirati a metodi diversi da quello progressivo, e cioè a criteri proporzionali o ad aliquote fisse (tenuto conto che il sistema progressivo del sistema fiscale è, comunque, garantito dalla progressività dell’imposta diretta sulle persone fisiche).

Le opportune correzioni
In questi termini, d’altro canto, si è più volte pronunciata anche la stessa Corte Costituzionale confermando che l’articolo 53 della Costituzione non vieta affatto che i singoli tributi siano ispirati a criteri diversi da quello della progressività ma si limita a dichiarare che il sistema tributario deve avere nel suo complesso un carattere progressivo. E invero, nella molteplicità e varietà di imposte attraverso cui viene ripartito fra i cittadini il carico tributario, non tutti i tributi si prestano, dal punto di vista tecnico, all’adattamento al principio della progressività, che, inteso nel senso dell’aumento dell’aliquota col crescere del reddito, presuppone un rapporto diretto fra imposizione e reddito individuale di ogni contribuente. Pertanto, il principio della progressività è applicabile alle imposte personali ma può non riguardare tutte le altre imposte (sentenza n. 128 del 1966). Ne consegue che, per rendere costituzionalmente compatibile il dettato sancito dall’articolo 53 con l’idea di una tassa piatta, sarebbero necessarie alcune correzioni non potendo non poggiare il nostro sistema su un’Irpef progressiva, tenuto conto che le altre imposte vigenti (tra le quali indichiamo l’Ires, l’Iva, l’Irap, etc.) risultano essenzialmente strutturate su un criterio proporzionale (se non regressivo).

Gli interventi
Una soluzione per far fronte a quanto richiesto dal Costituente, quindi, potrebbe riguardare, ad esempio, un sistema tributario improntato non tanto ad un criterio di progressività basato sul sistema di aliquote percentuali crescenti quanto ad una flat tax combinata ad un meccanismo di deduzioni e detrazioni progressive. Si potrebbe (rectius: dovrebbe) quindi spostare l’attenzione del concetto di progressività piuttosto che sul dato delle aliquote sul fronte delle esenzioni, delle deduzioni, delle detrazioni o su altri sistemi fiscalmente equivalenti in modo tale da garantire, in ogni caso, l’azione redistributiva dell’Irpef (essenziale per la coesione sociale). È fuor di dubbio, infatti, che l’introduzione di una no tax area, di un coordinato sistema di deduzioni e/o detrazioni fiscali ovvero di altri accorgimenti (fiscalmente) equipollenti renderebbe progressiva anche un’imposta con un solo scaglione o con una sola aliquota. Le perdite, in termine di entrate fiscali che l’erario potrebbe, presumibilmente, subire, poi, potrebbero essere compensate, ad esempio, con un (energico) taglio della spesa pubblica superflua.

I vantaggi della flat tax
Gli indubbi vantaggi addotti al sistema della tassa piatta (tra i quali emerge una maggiore semplificazione nella determinazione del quantum debeatur, la immediata percettibilità del meccanismo, la riduzione dei costi di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria) deve, tuttavia, fare i conti con quelle che sarebbero le probabili conseguenze negative (e cioè con il plausibile aumento delle altre imposte nonché con una diminuzione dei servizi pubblici sociali ritenuti essenziali).

Uno sguardo ai confini europei…
Dopo 14 anni, da quando l’Estonia ha introdotto nel proprio ordinamento la flat tax con aliquota al 26 per cento, il numero dei Paesi che, (per esigenze fiscali, necessità elettorali, contingenze economiche), ha deciso di adottare tale sistema tributario è, probabilmente destinato ad aumentare. Dal 1° gennaio 2008 così, accanto alla Lituania (che fu la seconda nazione a introdurre la tassa piatta anch’essa nel 1994 ma con aliquota percentuale pari al 33 per cento), alla Lettonia (25 per cento), alla Slovacchia (19 per cento) e alla Romania (16 per cento), sarà introdotto tale criterio impositivo anche nell’ordinamento fiscale Bulgaro e della Repubblica Ceca (rispettivamente con aliquote uniche del 10 e del 15 per cento).

… ed extracomunitari
La disciplina fiscale degli Stati extracomunitari che hanno adottato la flat tax hanno in comune (oltre che il medesimo sistema basato su un unico tasso) la loro origine storico/politica socialista. Così la Federazione Russa ha introdotto una flat tax dal 2001 con un’aliquota fiscale del 13 per cento (tanto come l’Ucraina), mentre la misura percentuale dell’imposta della Repubblica di Serbia si attesta al 14 per cento e quella della Georgia si posiziona al 12 per cento. A ben vedere, la ragione principale che ha indotto i vari governi cd. ex comunisti a adottare l’aliquota unica è di ordine burocratico (trattandosi di Paesi privi di un moderno sistema impositivo nonchè sforniti di una specifica esperienza amministrativa/organizzativa in materia).

Semplicità nei territori "instabili"
Le motivazioni di una maggiore semplificazione gestionale del prelievo fiscale sono, altresì, le (uniche) motivazioni che hanno indotto l’Amministrazione americana ad introdurre nel territorio dell’Iraq una flat tax nella misura del 15 per cento, mentre l’Amministrazione ad interim delle Nazioni Unite ha adottato in Kosovo due aliquote (rispettivamente del 10 e del 20 per cento) sui salari ed un’aliquota unica del 20 per cento sui guadagni e del 15 per cento a titolo di imposta sul valore aggiunto. Giova rappresentare, però, che in questi contesti (politicamente poco stabili) l’attività di accertamento e di riscossione delle imposte non sono procedure per nulla agevoli e prioritarie (dove, tra l’altro, occorre confrontarsi con la scarsa disponibilità della popolazione a versare nelle casse dell’Erario quanto dovuto).

Le conclusioni
Il sistema di progressività, in origine, fu sviluppato come corollario del principio della utilità marginale. In seguito, nella seconda metà dell’800 tale principio fu studiato come strumento fondamentale di redistribuzione della ricchezza. Ed è proprio in questi termini che è stata teorizzata dagli economisti la considerazione secondo la quale l’imposizione progressiva rappresenta uno strumento di pianificazione volto a ristabilire nel mercato l’equilibrio alterato da processi inflazionistici ma anche il modo per finanziare le spese sociali di una nazione. Ed è, forse, proprio per queste ragioni che i (vecchi) Paesi europei (nonostante il fascino che la tassa piatta sia in grado di suscitare sotto il profilo economico/fiscale e su quello politico) hanno introdotto e mantenuto la propria struttura fiscale basata sul sistema a scaglioni e ad aliquote progressive. Le iniziative poste in essere dai Paesi dell’est Europa, tuttavia, non sembrano destinate all’isolamento, tant’è che il dibattito sull’opportunità di introdurre tale rivoluzione fiscale potrebbe estendersi anche a quei Paesi fiscalmente più maturi e conservatori. C’è, tuttavia, da osservare che di rivoluzione si potrebbe parlare solo nel caso di introduzione di una flat tax pura, di una imposta unica, a tasso unico, che andrebbe a sostituire tutte le altre imposte (eliminando ogni forma di deduzione/detrazione/esenzione fiscale). Nel caso di flat tax "corretta" diversamente, si verrebbe a determinare un sistema (del tutto) analogo a quello attualmente previsto col metodo progressivo a scaglioni. In ultima analisi, poi, se si esamina l’evoluzione storica dell’imposizione fiscale si riesce facilmente a notare come tutte le imposte personali sul reddito si siano (gradualmente) trasformate in imposte con pochi scaglioni ed aliquote massime che raramente superano la soglia del 50 per cento. Come dire che i sistemi tributari si sono già (nel tempo) progressivamente "appiattiti".


Fonti
- contrappunti.info
- brunoleoni.it
- bulgaria-italia.com
- nens.it
URL: https://www.fiscooggi.it/rubrica/attualita/articolo/tassa-piatta-strategia-economica-o-scelta-politica