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Attualità

Tonnage tax e controlli doganali nel mirino della Ue

La Commissione europea ha adottato questa settimana una serie di iniziative che riguardano Danimarca e Stati Uniti

Una indagine conoscitiva è stata avviata in merito alla proposta presentata dalla Danimarca di modificare la normativa sulla tassa di tonnellaggio. La Commissione è intervenuta anche in relazione all’annuncio da parte degli Stati Uniti di introdurre il controllo su tutti i cargo container in partenza dall’area Ue e là diretti. La Commissione europea ha adottato in questa settimana una serie di iniziative ad ampio respiro che investono molteplici settori, dall’agricoltura ai trasporti, dalla concorrenza agli aiuti di Stato nonché la libera circolazione dei capitali, in relazione alla quale l’Italia è stata destinataria di un richiamo formale per quanto concerne la legislazione interna, in materia di servizi finanziari,all’apparenza eccessivamente protezionistica.

La tonnage tax in Danimarca
Per quanto concerne il settore che maggiormente ci interessa, la fiscalità e l’Unione doganale, si rileva che la Commissione ha avviato un’indagine conoscitiva in relazione alla proposta presentata dal regno di Danimarca di modificare la legislazione interna in materia di Tonnage Tax. Si rammenta che tale imposta è basata su un meccanismo forfetario legato al "tonnellaggio" della flotta in esercizio. La sua ratio risiede nell’opportunità di preservare la competitività delle imprese di navigazione, soprattutto in risposta alla persistente crisi del settore che si registra in parecchi Paesi dell’area Ue.

I precedenti in materia
Il primo Paese a introdurla (per motivi storico-economici facilmente intuibili) è stata la Grecia nel 1938 seguita, dopo un notevole lasso di tempo, dagli altri Paesi comunitari. La prima è stata l’Olanda nel 1996, seguita dalla Norvegia, Germania, Regno Unito, Irlanda,  Spagna, Finlandia e la Svezia. Nel 2003 si sono uniti al gruppo anche il Belgio e la Francia. In Italia l’introduzione della tonnage tax vide la luce soltanto con il disegno di legge delega n. 80 del 2003 per la riforma del sistema fiscale statale, in cui si sottolineava, in particolare, come l’istituzione di un meccanismo di imposizione forfetaria, relativamente all’attività di trasporto marittimo, avrebbe consentito di uniformare il carico tributario su tale settore con quello esistente nei principali Paesi europei, per favorirne la competitività.

Le finalità della normativa in Italia
Secondo le intenzioni del legislatore italiano (che ha introdotto significativi elementi di novità rispetto alle parallele legislazioni degli altri Stati europei) "la tonnage tax si presenta come regime fiscale forfetario parametrato al tonnellaggio ed all’anzianità delle navi, alternativo al regime fiscale ordinario, con lo scopo di consentire la riduzione delle asimmetrie fiscali esistenti tra la flotta italiana e quelle europee. Essa conferisce maggiore certezza del livello impositivo, semplificando gli adempimenti fiscali e producendo effetti positivi sull’occupazione e sugli obiettivi di tutela ambientale".

Incentivi fiscali e flagging out

La Commissione europea ha sempre guardato con favore agli incentivi fiscali adottati dai Paesi dell’Unione europea per risollevare le sorti dell’industria marittima. Difatti l’assenza di competitività aveva determinato nel lungo periodo una vera e propria fuga degli armatori dai "registri navali" nazionali verso Paesi terzi che praticavano politiche più contenute sotto il profilo dei costi e degli adempimenti. Era il fenomeno del cd. flagging out, per cui gli armatori occidentali preferivano indirizzarsi nei Paesi con parametri di tassazione più flessibili. Il fenomeno, purtroppo, non tende a cessare: sono ancora molte le flotte di area europea che preferiscono registrarsi sotto la bandiera ombra di altri Paesi che attuano una politica di immatricolazione più aperta e concedono vantaggi concreti, sì da far perdere "appealing" alla registrazione negli stati Ue.

La proposta della Commissione
Di fronte a tale scenario la risposta comunitaria è consistita nell’ampia promozione dei trasporti marittimi, garantendo la libertà di accesso ai mercati di tutto il mondo di una nave immatricolata, preferibilmente, nell’area europea. Come già detto in precedenza la Commissione ha appoggiato l’adozione di misure fiscali incentivanti del settore pur adottando, in materia di aiuti di stato, alcune linee cardine con cui si precisano quali regimi di aiuto possano essere concessi a sostegno dell’industria marittima nazionale, senza sconfinare, però, in pratiche discriminatorie o lesive della concorrenza in ambito comunitario.

La Danimarca nel mirino
Sotto questo profilo deve essere valutata la procedura conoscitiva avviata dalla Commissione contro la Danimarca che, nell’intento di alleggerire il carico di adempimenti nel settore di riferimento, intenderebbe non richiedere più alle compagnie marittime che beneficiano del regime della tonnage tax di inviare alle autorità finanziarie i consueti rapporti informativi riguardanti le operazioni commerciali intercorse con le filiali estere.

I controlli doganali negli Usa
Si segnala, altresì, (questa volta in ambito doganale) un intervento del Commissario Ue alla fiscalità, Làszlo Kovàcs, in merito all’annuncio da parte delle autorità statunitensi di introdurre, per finalità di sicurezza interna, l’obbligo di procedere a un controllo puntuale di tutti i carichi (cd. cargo container) in partenza dell’area comunitaria e diretti verso gli Usa. Kòvàcs ha precisato che, pur se sono legittime le preoccupazioni delle autorità americane, tuttavia le misure che esse intendono adottare potrebbero avere un effetto quasi "paralizzante" dei traffici commerciali. Il Commissario rileva che già in passato si era posto il problema di procedere a un controllo dei carichi in partenza per gli Usa da operare, però, non in modo indiscriminato e indistinto ma attraverso alcune priorità messe a punto dai rispettivi sistemi di intelligence. Qualsiasi misura può essere adottata, prosegue il Commissario, ma prima occorre misurarne l’impatto e chiedersi se, fatta la dovuta comparazione tra il fine auspicato e le probabili conseguenze, tale misura sia davvero la migliore possibile. Il giustificato timore di Kovàcs è che l’inasprimento dei controlli, estesi quindi a tappeto, possa compromettere gli equilibri esistenti e risolversi soltanto in un contenzioso che costerebbe, ad entrambe le parti, una notevole perdita di tempo e danaro.
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