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Attualità

In Turchia le imposte societarie trovano spazio... in codice

Il nuovo codice tributario turco contempla l’introduzione di una disciplina in materia di transfer price e controlled foreign companies

L’aspetto peculiare è rappresentato dalla riduzione dell’imposta sui redditi societari e da una maggiore possibilità di beneficiare del credito per le imposte pagate all’estero. Molte di queste novità entreranno in vigore con effetto retroattivo dal 1° gennaio 2006. Dal 1° gennaio 2006 sia l’aliquota della tassazione dei redditi societari che il prelievo a titolo di acconto passa drasticamente dal 30 al 20 per cento. Tuttavia dal 23 luglio di quest’anno è previsto un aumento della ritenuta alla fonte applicata sulla distribuzione di dividendi a soggetti non residenti che passa dal 10 al 15 per cento. La stessa aliquota si applica anche nel caso del rimpatrio di utili dalla stabile organizzazione alla propria casa madre estera. Nessuna ritenuta è invece applicata in occasione delle distribuzioni fatte tra società residenti in Turchia. Restano comunque salve le disposizioni di maggior favore contenute nei trattati contro le doppie imposizioni. La Convenzione tra l’Italia e la Turchia prevede una ritenuta massima del 15 per cento. E’ prevista l’esenzione integrale sui dividendi percepiti da società estere se sono rispettate, tra le altre, le seguenti condizioni: la società estera è una società di capitali; la partecipante turca detiene una quota del 10 per cento da almeno un anno; gli utili della società figli sono stati tassati con una aliquota di almeno il 15 per cento.

La tassazione delle plusvalenze

Dal 1° gennaio 2006 le società holding internazionali turche non sono tassate sulle plusvalenze derivanti dall’alienazione di società estere purchè detenute per almeno due anni. Per essere considerata una holding internazionale è richiesto che almeno il 75 per cento dei beni iscritti all’attivo sia costituito da partecipazioni in società estere detenute per almeno un anno. Le società figlie devono essere controllate almeno almeno per il 10 per cento e si deve trattare di società di capitali.

La disciplina Cfc

La disciplina sulle Cfc comporta la tassazione per trasparenza delle imprese estere residenti in paradisi fiscali controllate almeno per il 50 per cento e nel caso in cui l’impresa estera sconti un’imposizione inferiore al 10 per cento ed almeno il 25 per cento del reddito imponibile sia costituito dal c.d. Passive income ossia da dividendi, interessi, affitti o capital gain. Al fine di trascurare ipotesi marginali, è previsto che la disciplina trovi applicazione solamente se i ricavi della società figlia superano le 100 mila lire turche. Un rapido confronto con la disciplina italiana pone in evidenza come mentre la norma italiana individua analiticamente i Paesi black list con il decreto ministeriale del 21 novembre 2001, la normativa turca prevede l’utilizzo del criterio del livello di tassazione.

La disciplina sul
transfer pricing
La nuova disciplina sul transfer price che, come abbiamo già osservato, entrerà in vigore dal 2007, prevede l’applicazione del prezzo di libera concorrenza nel caso in cui sia posta in essere una transazione tra parti correlate residente e non residente. La norma assimila ai dividendi i profitti non evidenziati nelle predette transazioni e li assoggetta alle imposte sui redditi oltre alla ritenuta sui dividendi in uscita. Si noti, sotto questo profilo, la diversità rispetto alla disciplina italiana contenuta nell’articolo 110 comma 7 che pur riprendendo a tassazione il profito non dichiarato, non lo assimila alla distribuzione di dividendi. Sussiste una particolare libertà in relazione in relazione ai metodi di transfer pricing utilizzabili, tuttavia è richiesto che i contribuenti predispongano una adeguata documentazione di supporto. E’ anche prevista la possibilità di un interpello preventivo finalizzato a concordare il metodo che verrà utilizzato per un periodo massimo di tre anni (advance price agreements).

Ulteriori misure di contrasto ai paradisi fiscali

Le transazioni con soggetti ubicati in territori che non consentono un adeguato scambio di informazioni saranno trattate come se fossero avvenute tra parti correlate. I contribuenti saranno quindi obbligati a determinare il valore normale anche se la transazione è avvenuta tra estranei. Inoltre, è prevista una ritenuta alla fonte del 30 per cento che si risolve generalmente in un costo secco visto che il paradiso fiscale, non prevedendo di norma alcuna tassazione, non potrà concedere un credito a fronte delle imposte pagate all’estero. Parimenti la ritenuta non potrà essere evitata in forza di qualche convenzione contro le doppie imposizioni visto che i Paesi a fiscalità ordinaria evitano di stipulare trattati con i Paesi offshore. Sono comunque previsti casi in cui la ritenuta può essere omessa. Anche qui emerge la differenza rispetto alla disciplina italiana contenuta nell’articolo 110 commi 10, 11 e 12 del Tuir che prevedono la generale indeducibilità di questa tipologia di costi, salvo che il contribuente non dimostri che la controparte svolge una effettiva attività economica o che la transazione ha avuto concreta esecuzione.
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