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Attualità

Un’accisa “mobile” contro le variazioni del petrolio

Introdotto con la legge finanziaria 2008 un particolare meccanismo per calmierare il caro-benzina

Il riferimento è all’articolo 1, commi da 290 a 294. La norma riprende la proposta del cosiddetto "terzo pacchetto" delle liberalizzazioni. Il provvedimento reso necessario dopo aver rilevato che nei Paesi Bassi, Portogallo e Italia il prezzo del carburante è tra i più elevati del resto d'Europa. Il legislatore italiano, per compensare le maggiori entrate dell’Iva che derivano dalle variazioni del prezzo internazionale, espresso in euro, del petrolio greggio, con l’articolo 1, commi da 290 a 294 ha introdotto, con la legge finanziaria per l’anno 2008, un particolare meccanismo volto a calmierare il caro-benzina.

Bersani-ter e rilevazione del Mise
La norma in esame riprende una proposta contenuta nella cd. "terzo pacchetto" delle liberalizzazioni che portano il nome del ministro Bersani. Un provvedimento volto a revisionare le accise, in effetti, si era reso necessario nel luglio 2007, quando dall’ultima rilevazione eseguita dal ministero dello Sviluppo economico si era potuto constatare che in Europa il prezzo più basso della benzina, si poteva trovare in Grecia e in Spagna mentre quello più elevato nei Paesi Bassi, Portogallo e Italia. Prezzi europei a confronto e limite comunitario In particolare, il prezzo in euro della benzina verde (tasse comprese) per litro variava, in quella data, da 1.374 euro dell’Olanda a 1.040 euro della Grecia. Il secondo peggior piazzamento veniva attribuito al Portogallo (1.363 euro) mentre l’Italia si posizionava al terzo posto con 1.349 euro (seguivano la Germania, 1.341 euro, il Belgio, 1.319 euro, la Francia, 1.288 euro, l’Irlanda, 1.175, l’Austria, 1.164 e la Spagna con 1.071 euro a litro). La classifica peggiorava per l’Italia quando il confronto si proiettava sul versante gasolio. In quel caso, infatti, il Belpaese si posizionava al primo posto tra gli Stati europei con prezzo al consumo più elevato alla stazione di servizio (1.173 euro). Prezzo, questo, che (salito a 1.292 euro a dicembre 2007), a ben vedere, si compone di un costo pari a 0,653 al netto degli oneri fiscali più 0,639 euro di tasse (e cioè di 0,424 di accise e 0,215 di Iva). Tenuto conto che le imposte sul carburante a livello europeo non possono essere inferiori alla quota di 0,359 euro ne consegue che il prezzo del gasolio potrebbe (teoricamente) essere messo in vendita a 1.012 euro a litro e questo rispettando la normativa comunitaria che impone una soglia minima di tassazione.

Le quadruplici tasse
Nel corso degli anni, il meccanismo incrociato di accise più Iva, in effetti, ha comportato un incremento notevole della tassazione sui carburanti. La somma di queste imposte, tuttavia, pur non posizionandosi ai vertici del panorama europeo, è aumentata progressivamente divenendo un modo silenzioso di prelievo fiscale "mimetizzato" (e adottato dai diversi Governi) con differenti motivazioni. A tal riguardo, giova ricordare l’adozione delle accise "storiche" quali la guerra di Abissinia del 1935, la crisi di Suez del 1956, il disastro del Vajont del 1963, l’alluvione di Firenze del 1966, il terremoto del Belice del 1968, il terremoto del Friuli del 1976, il terremoto dell’Irpinia del 1980, la missione in Libano del 1983, la missione in Bosnia del 1996, il contributo in favore del rinnovo contrattuale degli autoferrotranviari del 2004 e quello per l’acquisto di autobus ecologici del 2005. Cessata l’imposizione di scopo, però, la rendita di tali imposte, nel corso degli anni, si è "traslocata" sulla fiscalità generale garantendo un’entrata certa e consistente (l’accisa, infatti, rappresenta la terza imposta, dopo l’Irpef e l’Iva, per importanza di gettito). Se alle accise, poi, si sommano l’imposta di fabbricazione (definita per decreto ministeriale) e l’Iva del 20 per cento (sul prezzo e sull’accisa) si giunge alla molteplice tassazione (che costituisce un "anomalo fenomeno" di doppia imposizione fiscale).

L’accisa
L’accisa è un’imposta indiretta che si applica sulla produzione o sui consumi di determinati beni (per tali ragioni è indicata, anche, con le denominazioni di imposta di fabbricazione o di consumo ovvero come sovrimposta di confine o di consumo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lett. b) del decreto legslativo n. 504 del 26 ottobre 1995 e successive modificazioni). Tale imposta colpisce determinati prodotti industriali (gli olii minerali, tra cui la benzina, la birra, gli spiriti e i fiammiferi) nel momento in cui escono dal loro ciclo produttivo. Generalmente si cumula con l’Iva anche se a differenza di quest’ultima, che incide sul valore, grava sulla quantità dei beni prodotti. L’Iva, inoltre, viene espressa in misura percentuale del valore prodotto mentre l’accisa si esprime in termine di aliquote (alquanto elevate) rapportate all’unità di misura del prodotto. L’accisa, infine, pagata dai produttori o dagli importatori, si trasferisce al consumatore finale mediante l’aumento del prezzo di vendita del prodotto, per mezzo della traslazione economica.

L’armonizzazione comunitaria
Con l’abbattimento delle barriere fiscali tra gli Stati della Comunità europea e la conseguente attuazione del mercato unico l’imposizione fiscale indiretta si è evoluta in modo decisivo con l’introduzione del nuovo regime delle accise (e di quello dell’Iva) intracomunitaria. In particolare, l’esigenza di omogeneizzazione comunitaria è stata rappresentata dalla necessità di eliminare le formalità e i controlli applicati per questi tributi alle frontiere nonché per consentire la tassazione di prodotti importati e la detassazione di quelli esportati. Le disposizioni generali contenute nella direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992 (e successive modificazioni), relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione e ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, tuttavia, dà la facoltà agli Stati membri di mantenere o introdurre altre accise applicate a livello nazionale a condizione che esse non comportino negli scambi intracomunitari formalità o procedure che rendano necessarie le frontiere o che possano provocare distorsioni nei traffici e della concorrenza.

Il calmieratore: articolo 1 commi 290-294
Tanto premesso, per tutelare il cittadino consumatore, con la finanziaria 2008, è stato previsto nel nostro ordinamento, un meccanismo volto a sterilizzare e, conseguentemente, diminuire le aliquote delle accise sui prodotti energetici usati come carburanti per auto e combustibili per riscaldamento per compensare le maggiori entrate dell’Iva derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale, espresso in euro, del petrolio greggio. Questo abbattimento potrà adottarsi mediante la determinazione di un apposito decreto interministeriale che avrà (tra l’altro) la funzione di assicurare il rispetto della normativa comunitaria in materia dei livelli minimi delle accise. Per giungere all’emanazione del provvedimento, tuttavia, il prezzo del greggio dovrà aumentare di oltre il 2 per cento rispetto al valore definito nel Dpef, oggi fissato a 71 dollari al barile (ne consegue che il prezzo del barile dovrà salire oltre la soglia di 72,42 dollari). Per applicare l’accisa mobile, infine, occorrerà un’altra condizione necessaria e cioè che nel bimestre precedente la quotazione internazionale del greggio non sia diminuita di pari percentuale (e cioè del 2 per cento) e quindi non scenda sotto i 69,58 dollari.

Coscienza ecologica
Se il provvedimento in esame ha ottenuto il plauso da parte di tutte le forze politiche, tuttavia, occorre rappresentare l’opinione di chi ha sollevato alcune critiche a tale meccanismo regolatore lamentando un rischio di carattere (più che altro) socio-ambientale. La sterilizzazione dell’aumento dell’imposta dell’accisa, infatti, secondo alcuni autori, potrebbe paradossalmente ritorcersi contro gli utenti/abitanti del pianeta terra. Non ricordare a quest’ultimi che il petrolio rappresenta una risorsa esauribile (il cui prezzo, aumentando la domanda e diminuendo l’offerta, è destinato necessariamente a crescere) comporterebbe un effetto perverso ed illusorio tale da indurre i consumatori stessi ad eccedere smoderatamente nell’utilizzo del carburante, impiegando (visto il prezzo calmierato) eccessivamente il greggio e smaterializzando gli effetti negativi che potrebbero ripercuotersi sull’ambiente. Al riguardo una soluzione praticabile potrebbe concretizzarsi nell’impiego di fonti energetiche alternative.
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