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Attualità

Unico 2016, ancora poche ore
per rimediare all’omissione

La mancata presentazione della dichiarazione entro la scadenza ordinaria del 30 settembre può essere regolarizzata fino al 29 dicembre. Vale anche per i modelli Irap e Iva

29 dicembre
I tempi stringono per i contribuenti e gli intermediari che non hanno ancora provveduto all’adempimento dichiarativo per i redditi, l’Irap e l’Iva relativi all’anno d’imposta 2015. Scadono domani i 90 giorni entro i quali è possibile regolarizzare la violazione usufruendo, grazie al ravvedimento operoso, della riduzione a un decimo della sanzione minima.
Sono interessati all’appuntamento coloro che hanno “saltato” la data del 30 settembre, compresi gli eredi di persone decedute nel 2015 o entro il 31 maggio scorso, per presentare il modello di dichiarazione dei redditi Unico, quello Irap o quello Iva, eventualmente anche versando il dovuto.
Chiamati in causa sono anche gli intermediari abilitati alla trasmissione telematica, come Caf e professionisti, che non hanno inviato tempestivamente le dichiarazioni “prese in carico”, sia quelle compilate dai contribuenti sia quelle predisposte da loro stessi.

Quanto costa ravvedersi
Fino a domani, dunque, si può rimediare all’omessa presentazione delle dichiarazioni (redditi, Iva e Irap) “scadute” lo scorso 30 settembre, trasmettendo telematicamente i relativi modelli compilati.

Ricorrendo all’istituto del ravvedimento operoso (articolo 13, comma 1, lettera c, Dlgs 472/1997), il contribuente può sanare l’irregolarità versando un decimo della misura minima della sanzione - da 250 a 1.000 euro - prevista per questo tipo di violazione. In altre parole, per ogni dichiarazione tardiva, vanno versati, tramite F24 (codice tributo “8911”), 25 euro, indicando nella delega di pagamento, come “anno di riferimento”, quello in cui è stata commessa la violazione (2016).
In tale circostanza, infatti, come chiarito dalla recente circolare 42/E del 12 ottobre 2016, non rileva la nuova sanzione introdotta dal Dlgs 158/2015, compresa tra 150 e 500 euro, per l’ipotesi in cui la dichiarazione è inviata entro il termine di quella relativa al periodo d’imposta successivo e, comunque, prima che inizi qualunque attività amministrativa di accertamento di cui il contribuente abbia avuto formale conoscenza; tale fattispecie, si legge nel documento, riguarda esclusivamente le dichiarazioni “omesse”, cioè presentate oltre 90 giorni dalla scadenza del termine e non è ravvedibile.

Se poi dalla dichiarazione tardiva emerge imposta a debito, non assolta alle scadenze ordinarie, è possibile ravvedersi anche per quella omissione. In tal caso, oltre al tributo principale, sono dovuti gli interessi legali (pari, attualmente, allo 0,2% annuo), calcolati con maturazione giornaliera dalla scadenza del pagamento e fino a quando si effettua il versamento, e la sanzione del 30%, ridotta in misura diversificata a seconda del tempo intercorso tra la commissione della violazione e la sua regolarizzazione. Relativamente agli interessi, è il caso di ricordare che il tasso da applicare è quello vigente nei diversi periodi, tenendo presente che, con il Dm 7 dicembre 2016, è stato ridotto dallo 0,2% (in vigore nel 2016) allo 0,1%, con decorrenza dal 1° gennaio 2017; nel 2015 era pari allo 0,5%, nel 2014 all’1%, negli anni 2013 e 2012 al 2,5 per cento.

È bene tenere a mente che l’accesso al ravvedimento, dopo le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2015, non è possibile soltanto a seguito della notifica di un atto di liquidazione o di accertamento, comprese le comunicazioni da controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni.

Per gli intermediari incaricati, invece, la regolarizzazione dell’inadempimento costa di più: devono versare, con il codice tributo “8924”, 51 euro. Questo perché nei loro confronti, in caso di omessa o tardiva trasmissione delle dichiarazioni, è prevista l’applicazione di una sanzione amministrativa che va 516 a 5.164 euro.
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