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Attualità

Vendita successiva alla revocatoria fallimentare: la fattura è compito del curatore

Il documento sarà emesso in nome e per conto del soggetto che ha subìto l'azione

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Con la risoluzione n. 68/E del 30 marzo, l'Agenzia delle entrate ha chiarito la disciplina fiscale da applicare alla vendita all'incanto di beni immobili ricompresi nell'ambito di una procedura concorsuale, a seguito del vittorioso esperimento dell'azione revocatoria da parte del curatore fallimentare.

Il caso prospettato nasce, in particolare, dall'istanza presentata dal curatore fallimentare di una società avente a oggetto la costruzione e la vendita di beni immobili a uso abitativo, dichiarata fallita nel 1998, che, nel corso dell'anno precedente, aveva venduto ad altra società la proprietà di un fabbricato di cui facevano parte due appartamenti di civile abitazione, non abitabili per interruzione dei lavori ma iscritti in catasto con attribuzione di rendita. Proposta, durante la procedura fallimentare, l'azione revocatoria, ai sensi dell'articolo 67 della legge fallimentare, in relazione alla vendita dell'immobile, con sentenza del febbraio 2005 veniva revocata la vendita.
Conseguentemente la curatela, dovendo procedere alla vendita all'incanto dell'immobile, ai sensi dell'articolo 108 della legge fallimentare, ha chiesto all'Agenzia delle entrate di conoscere quale fosse il corretto trattamento fiscale dell'operazione di vendita all'incanto e, in particolare, se la stessa fosse da assoggettare a imposta sul valore aggiunto (in tal caso, indicando il soggetto tenuto all'emissione della fattura) ovvero a imposta di registro.

La difficoltà interpretativa emerge sotto un duplice profilo, posto che, da un lato, si tratta di immobili a uso abitativo mai finiti di costruire e, dunque, al momento della vendita, non abitabili; dall'altro, la società originariamente acquirente i predetti fabbricati (verso cui è stata esperita l'azione revocatoria fallimentare e che non risulta aver successivamente ceduto la proprietà degli stessi) aveva ormai cessato la propria attività, risultando cancellata dal Registro delle imprese.
L'Amministrazione fiscale, pertanto, ha dovuto risolvere, in via pregiudiziale, la questione relativa all'individuazione del soggetto tenuto all'adempimento degli obblighi fiscali connessi alla vendita all'incanto - anche alla luce degli effetti tipicamente non restitutori connessi all'accoglimento dell'azione revocatoria - e, in un secondo momento, quella relativa all'inquadramento fiscale dell'operazione di vendita.

Sotto il primo profilo, occorre chiarire che l'azione revocatoria fallimentare, per constante giurisprudenza, produce gli stessi effetti dell'azione revocatoria ordinaria, perché l'atto revocato risulta inopponibile alla massa dei creditori e il curatore potrà aggredire in via esecutiva i beni oggetto della revocatoria. Colui che, per effetto della revoca, ha restituito quanto aveva ricevuto e ha quindi, a sua volta, diritto alla restituzione di quanto pagato al fallito a titolo di corrispettivo, è ammesso al passivo fallimentare per il suo corrispondente credito, che è considerato concorsuale e non di massa.
Il vittorioso esperimento di un'azione revocatoria fallimentare, pertanto, non è idoneo a determinare alcun effetto restitutorio rispetto al patrimonio del disponente (poi fallito), né alcun effetto direttamente traslativo in favore dei creditori, comportando soltanto la declaratoria di inefficacia (relativa) dell'atto rispetto al creditore che agisce in giudizio, e rendendo, conseguentemente, il bene trasferito assoggettabile ad azioni esecutive, senza in alcun modo caducare, ad ogni altro effetto, l'avvenuta alienazione in capo all'acquirente (Cassazione, sezione I, 11 settembre1997, n. 8962).
Pertanto, pur rimando la società acquirente soggetto proprietario degli immobili in questione, tuttavia, la stessa non potrà opporre il proprio acquisto alla massa concorsuale, con la conseguenza che il suo diritto si risolve, in sostanza, nel diritto a partecipare come creditore concorsuale, per un importo pari al valore del diritto oggetto della revocatoria.

Nonostante l'efficacia meramente relativa dell'azione revocatoria esperita dalla curatela fallimentare, peraltro, il soggetto tenuto all'adempimento degli obblighi fiscali connessi alla vendita dell'immobile è da individuare non già nella società proprietaria dell'immobile - che, peraltro, ha cessato la propria attività e risulta cancellata dal Registro delle imprese(1) - ma nel curatore fallimentare, il quale si sostituisce a ogni effetto al soggetto d'imposta in relazione alle operazioni relative a beni il cui possesso sia stato trasferito all'ufficio fallimentare a seguito della dichiarazione di fallimento, ovvero, come nel caso di specie, a seguito di azione revocatoria.

Una volta individuato il soggetto tenuto agli adempimenti fiscali, è stato sciolto il quesito relativo al corretto inquadramento fiscale della fattispecie, ricondotta nell'alveo delle operazioni imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
La questione assume particolare attualità alla luce delle recenti modifiche apportate, alla disciplina dell'imposizione indiretta gravante sul settore immobiliare, dall'articolo 35, commi da 8 a 10-sexies, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223(2), che ha introdotto un generalizzato regime di esenzione dall'imposta sul valore aggiunto per i trasferimenti di tutte le tipologie di fabbricati, sia pure con qualche eccezione. Tra queste, quella avente a oggetto i fabbricati a uso abitativo (come quelli ceduti mediante vendita all'incanto), quando siano ceduti dall'impresa costruttrice o dall'impresa che ha eseguito sul fabbricato, anche tramite imprese appaltatrici, interventi di ristrutturazione, entro 4 anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento di ristrutturazione.

Il problema dell'applicabilità della disposizione ora richiamata al caso in esame - in cui gli immobili a uso abitativo erano stati ceduti dall'impresa costruttrice prima che fossero conclusi i lavori di costruzione - è stato risolto alla luce dei principi espressi nella recente circolare del 1 marzo 2007 n. 12, relativa al trattamento fiscale da applicare alla cessione di un fabbricato non ultimato.
In quella occasione è stato chiarito che l'articolo 10, nn 8-bis) e 8-ter), del Dpr n. 633/1972, nell'individuare il regime Iva applicabile alla cessione di fabbricati, non ricomprende anche i fabbricati "non ultimati"(3).
Pertanto, la cessione di un fabbricato effettuata da un soggetto passivo d'imposta in un momento anteriore alla data di ultimazione del medesimo è esclusa dall'ambito applicativo dei richiamati nn. 8-bis) e 8-ter) dell'articolo 10 del Dpr n. 633 del 1972, trattandosi di bene ancora nel circuito produttivo, la cui cessione deve essere in ogni caso assoggettata a Iva, fermi restando le eventuali agevolazioni spettanti in base alla legge(4).

Ciò premesso, data la qualificazione dell'operazione posta in essere dalla curatela fallimentare come operazione imponibile ai fini Iva, e poiché il curatore risulta, per le ragioni anzidette, il soggetto tenuto all'osservanza degli obblighi fiscali del soggetto fallito, lo stesso, per la cessione dell'immobile in esame, è tenuto a emettere fattura, ai sensi dell'articolo 21 del Dpr n. 633/1972 (cfr circolare n. 6 del 17/1/1974).
La fattura dovrà, nel caso di specie, essere emessa dalla curatela in nome e per conto del soggetto attualmente proprietario dell'immobile (che, come sopra detto, è la società acquirente che ha subìto l'azione revocatoria). La stessa curatela provvederà, poi, a versare l'Iva incassata all'Amministrazione finanziaria e a consegnare/spedire copia della fattura medesima al liquidatore della predetta società o, in mancanza, ai suoi soci, dandone comunicazione al competente ufficio dell'Agenzia delle entrate.

NOTE:
1) La circostanza che la società acquirente abbia cessato la propria attività con la cancellazione dal Registro delle imprese, peraltro, non ne determina l'estinzione finché non sia compiuta l'effettiva liquidazione di tutti i rapporti giuridici pendenti. Tale assunto è confortato da una costante giurisprudenza; fra le altre si richiama la sentenza della Cassazione civile, sezione lavoro, del 1° luglio 2000, n. 8842, secondo cui "L'atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese ha funzione di pubblicità, e non ne determina l'estinzione, ove non siano ancora esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa (...)".

2) Convertito, con modificazioni, con legge 4 agosto 2006, n. 248.

3) Diversamente, peraltro, da quanto espressamente previsto in altri ambiti normativi (come, ad esempio, il n. 21) della tabella A, parte II, allegata al Dpr n. 633/1972 e il n. 127-undecies) della tabella A, parte III, allegata al medesimo Dpr 633/72).

4) Si tratta, in particolare, dell'ipotesi in cui la cessione abbia a oggetto un fabbricato "non ultimato" per il quale sussistano i requisiti "prima casa", per il quale rimane ferma l'applicazione dell'aliquota ridotta di cui al n. 21) della tabella A, parte II, allegata al Dpr n. 633/1972, nonché l'applicazione dell'aliquota agevolata di cui al n. 127-undecies) della tabella A, parte III, allegata al medesimo Dpr.

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