Le dichiarazioni di volontà
non possono essere emendate
Per contestare l'atto, va fornita la prova della rilevanza dell’errore, con riguardo ai requisiti della sua essenzialità e riconoscibilità obiettiva da parte del Fisco
Tuttavia, ciò vale solo sul presupposto, costantemente richiamato in giurisprudenza (Cass. SS.UU. nn. 15063 e 17394 del 2002), che la dichiarazione dei redditi non ha di per sé natura di atto negoziale e dispositivo, ma integra una dichiarazione di scienza, o di giudizio, come tale modificabile in ragione dell’acquisizione di nuovi elementi di conoscenza, o di valutazione (Cass. n. 3001 del 2015).
Al suddetto principio fa, quindi, eccezione l’ipotesi in cui il legislatore abbia subordinato la concessione di un beneficio fiscale a una precisa manifestazione di volontà (od opzione) del contribuente, anche se da compiersi all’interno della stessa dichiarazione, mediante la compilazione di un modulo predisposto dall’erario (o altrimenti), poichè, a questi effetti, quella specifica parte della dichiarazione assume il diverso valore di atto negoziale, irretrattabile anche in caso di errore, salvo che il contribuente dimostri che questo fosse conosciuto o conoscibile dall’amministrazione (ex multis, Cass. n. 13454 del 2015).
Esulano, infatti, dalla disciplina generale gli errori parimenti commessi nella dichiarazione fiscale, ma relativi alla indicazione di dati riferibili a manifestazioni di volontà negoziale (Cass. n. 7294 del 2012). Ciò vale per la facoltà di opzione (ex art. 102 T.U.I.R.) di utilizzare le perdite di esercizio verificatesi negli anni pregressi - portandole in diminuzione del reddito prodotto nell’anno oggetto della dichiarazione - ovvero di non utilizzare dette perdite, riportandole in diminuzione dal reddito nei periodi di imposta successivi. Vale anche per l’applicazione dell’aliquota ridotta sugli utili d’impresa prodotti dai maggiori investimenti, ai sensi del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 466, artt. 1 e 3 (Cass. n. 1427 del 2013), nonchè nella procedura di rideterminazione del valore di acquisto di partecipazioni prevista dalla L. n. 448 del 2001, art. 5 in tema di plusvalenze e minusvalenze D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 81,comma 1, lett. c) e c-bis) (Cass. n. 3410 del 2015).
In simili ipotesi, il contribuente che intenda contestare l’atto impositivo per far valere l’errore commesso, è onerato - secondo la disciplina generale dei vizi della volontà di cui all’art. 1427 cod. civ. e ss., applicabile ex art. 1324 c.c. agli atti unilaterali inter vivos a contenuto patrimoniale, in quanto compatibile - di fornire la prova della rilevanza dell’errore, con riguardo ai requisiti della sua essenzialità ed obiettiva riconoscibilità da parte dell’amministrazione finanziaria.
Sentenza n. 3286 del 19 febbraio 2016 (udienza 14 aprile 2015)
Cassazione civile, sezione V - Pres. Bielli Stefano - Est. Vella Paola - Pm Velardi Maurizio
Emendabilità della dichiarazione – Non emendabilità delle dichiarazioni di volontà – Opzione tra rimborso, riporto o compensazione del credito