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Avviso ai litiganti

Pagamenti in contanti sospetti.
Legittimo il ricorso all’induttivo

Se il giudice riconosce agli elementi forniti dall’ufficio i caratteri di gravità, precisione e concordanza, va al contribuente l’onere della prova contraria

SINTESI: In tema di accertamento tributario la legge - DPR n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, (cfr. anche sull’IVA DPR n. 633 del 1972, art. 54) - dispone che l’inesistenza di passività o le false indicazioni possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove certe. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma solo per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi dell’art. 2727 c.c. e ss., e art. 2697 c.c., comma 2, (Sez. 5^, Sentenza n. 9784 del 23/04/2010).

Ordinanza n. 15583 del 14 luglio 2011 (udienza del 22 giugno 2011)
Corte di cassazione, sezione tributaria – Pres. Parmeggiani, Rel. Cirillo
Accertamento induttivo – Operazioni inesistenti – Pagamenti in contanti – Presunzioni qualificate
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