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Avviso ai litiganti

Le presunzioni semplici valgono:
non servono le prove certe

Solo in un secondo momento il giudice tributario decide sulla dimostrazione contraria presentata dal contribuente

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SINTESI: In tema di accertamento tributario l’art. 39, comma 1, del DPR n. 600 del 1973 (ma analogamente anche l’art. 54 del DPR n. 633 del 1972, sull’IVA), dispone che l’inesistenza di passività o le false indicazioni possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, senza necessità che l’Ufficio fornisca prove certe. Pertanto, il giudice tributario di merito, investito della controversia sulla legittimità e fondatezza dell’atto impositivo, è tenuto a valutare, singolarmente e complessivamente, gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione, dando atto in motivazione dei risultati del proprio giudizio (impugnabile in cassazione non per il merito, ma solo per inadeguatezza o incongruità logica dei motivi che lo sorreggono) e solo in un secondo momento, qualora ritenga tali elementi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, deve dare ingresso alla valutazione della prova contraria offerta dal contribuente, che ne è onerato ai sensi dell’art. 2727 c.c. e ss., e art. 2697 c.c., comma 2.
 
Sentenza n. 17519 del 28 giugno 2019 (udienza 14 maggio 2019)
Cassazione civile, sezione V - Pres. Cirillo Ettore - Est. Saieva Giuseppe
Accertamento tributario ai sensi dell’art. 39, comma 1, del DPR n. 600 del 1973 - L’inesistenza di passività o le false indicazioni possono essere desunte anche sulla base di presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti – Non è necessario che l’ufficio fornisca prove certe – Il giudice è tenuto a valutare gli elementi presuntivi forniti dall’Amministrazione – Il contribuente è onerato della prova contraria

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