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Dal mondo

Africa: incentivi e meno tasse
è la soluzione targata Ocse

Una “ricetta” con tre ingredienti di base per immaginare il futuro economico nell’era della globalizzazione

Migliorare la tax compliance, introdurre incentivi fiscali e diminuire le imposte sull’attività d’impresa. Questa la “ricetta” suggerita dall’Ocse nell’African Economic Outlook 2017, pubblicato nei giorni scorsi, e presentato ufficialmente durante il cinquantaduesimo incontro annuale dell’African Development Bank Group’s.
 
In calo la crescita economica
Segno negativo nel 2016 per la crescita, che è passata dal 3,4% del 2015 al 2,2%. Nonostante la leggera flessione, l’economia africana è però quella che si sviluppa più velocemente al mondo, dopo quella del continente asiatico. A trainare l’economia sono soprattutto i Paesi dell’Est e del Nord. L’Africa, inoltre, vanta un settore imprenditoriale abbastanza dinamico, con il numero più alto, nell’area Ocse, di adulti impegnati nella creazione di nuove aziende e il report dedica ampio spazio all’analisi delle imprese africane e della sfida dell’industrializzazione.
 
Priorità: contrasto all’evasione e al sommerso
Le entrate tributarie rimangono la risorsa più importante per l’economia nazionale degli Stati africani, insieme agli investimenti stranieri e ai programmi internazionali di assistenza allo sviluppo. Già nel 2015 l’Addis Abeba Action Agenda, approvata durante la terza conferenza delle Nazioni Unite sulla Finanza per lo Sviluppo, aveva fissato come priorità l’aumento delle entrate tributarie e un numero sempre più consistente di Stati sta mettendo in campo azioni per incrementare i gettiti fiscali nazionali, attraverso l’aumento della tassazione e il rafforzamento della lotta all’evasione. Nel dettaglio, l’Ocse evidenzia una differenza marcata tra i Paesi più ricchi e gli altri. I primi hanno avuto una flessione delle entrate che, ad esempio, tra il 2012 e il 2015 sono diminuite del più 50% in Algeria, del quasi 60% in Angola e del 55% in Gabon. Al contrario, gli Stati più poveri negli stessi anni hanno subito un’impennata media del 9, 6%, determinata dall’aumento sia delle imposte dirette che indirette.
 
Anche in Africa il sommerso la fa da padrone
Lo studio Ocse mette in risalto, inoltre, il livello ancora altissimo dell’economia sommersa, che spazia dal 28% del Pil in Sud Africa al 62% del Pil in Nigeria, Tanzania e Zimbawe. Un recente studio dell’African Development Bank condotto in Etiopia ha mostrato come una delle cause dell’alta evasione fiscale sia la scarsa propensione a pagare le tasse e ha evidenziato come sia necessario aumentare le imposte nel settore bancario, finanziario e turistico, ampliando così la base imponibile nazionale. L’Africa, inoltre, presenta un’imposta marginale sul reddito delle società abbastanza elevata, pari al 29%, contro una media globale del 23%. La ricetta suggerita dall’Ocse per contrastare il sommerso è quella di introdurre incentivi fiscali e di ridurre sia i costi di compliance, sia la tassazione sul reddito d’impresa. In questo modo si innescherebbe un circolo virtuoso, perché aumenterebbe il numero delle imprese regolari, di conseguenza il reddito globale soggetto a tassazione e, quindi, anche il gettito fiscale nazionale degli Stati africani.
 
Il continente africano sotto i riflettori Ocse
Il report dell’Ocse sarà presto seguito nel 2017 dalla seconda edizione del Revenue Statistics in Africa, pubblicato per la prima volta nell’aprile dello scorso anno con la collaborazione dell’Unione Africana e dell’African Tax administration. Lo studio, che contiene una serie di dati sull’economia e i regimi tributari del continente africano, si è rivelato uno strumento di supporto importante per le politiche fiscali ed economiche. Ha rappresentato, infatti, la base teorica per l’elaborazione del primo Piano decennale (2014-2023) di sviluppo dell’Africa Union’s Agenda 2063, che ha tra i propri obiettivi anche quello di sviluppare un coordinamento sempre più stringente delle politiche fiscali tra i Paesi africani.
 
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