La pressione fiscale nelle economie avanzate è rimasta stabile nel 2018, assestandosi allo stesso livello del 2017. È il tratto di sintesi con cui l’Ocse ha presentato le Revenue Statistics 2019, l’edizione di quest’anno del report annuale dedicato all’analisi del rapporto tra entrate tributarie e Pil (la pressione fiscale, appunto) dei Paesi membri dell’organizzazione di Parigi. Nel 2018, il rapporto tra il gettito incassato dagli Stati e il prodotto interno lordo dell’area Ocse è stato infatti del 34,3%, a fronte del 34,2% del 2017.
La pressione fiscale Paese per Paese
Tra i 34 Paesi di cui viene fornito il dato del 2018 (mancano Australia e Giappone), la pressione fiscale più alta è quella della Francia (46,1%), mentre quella più bassa è del Messico (16,1%). L’Italia è al settimo posto (42,1%), dopo Francia, Danimarca, Belgio, Svezia, Finlandia e Austria. Prevalgono i Paesi con una pressione fiscale in crescita: 19 Paesi su 34 hanno infatti visto un aumento del rapporto entrate/Pil nel 2018 rispetto all’anno precedente, anche se la variazione più significativa è stata il calo del gettito rispetto al Prodotto interno lordo riscontrato dagli Stati Uniti, in cui la pressione fiscale è passata dal 26,8% del 2017 al 24,3% del 2018, -2,5 punti percentuali, frutto diretto dei tagli alla corporate tax e all’imposta sui redditi delle persone fisiche introdotti con la riforma Tax cuts and jobs act del 2017.
Come si compone normalmente il gettito fiscale
Il report distingue inoltre le diverse componenti del gettito fiscale dei singoli Paesi, prendendo a riferimento il 2017, ovvero l’anno più recente di cui sono disponibili i dati di tutti i 36 Stati membri dell’Organizzazione di Parigi. Dal punto di vista della struttura del gettito fiscale, nell’area Ocse si distinguono tre gruppi di Paesi: metà degli Stati, 18 su 36 tra cui l’Italia, si colloca nel gruppo che vede la prevalenza delle imposte sui redditi sugli altri tributi. Altri 11 Paesi, tra cui Francia, Spagna, Germania, Paesi Bassi e Giappone, acquisiscono le maggiori entrate dai contributi previdenziali e sociali, mentre un ristretto gruppo di 6 Paesi (Cile, Turchia, Lituania, Ungheria, Estonia, Portogallo e Grecia) vede la prevalenza delle imposte sui consumi.
Nel mondo, le modalità di tassazione possono variare anche in misura consistente: tra le differenze che il report mette in rilievo c’è l’enorme divario, per esempio, tra Paesi in cui il peso delle imposte sui redditi personali è particolarmente basso, come il Cile (9,7%), e Paesi in cui questa tipologia di gettito è preminente, come l’Australia (40,3%) o la Danimarca (52,9%). Analoga considerazione per l’imposta sul reddito delle società, che a livello globale si attesta al 9,3% delle entrate totali. Il range del suo peso nei singoli Paesi varia da quello del Cile, che in questo caso è tra i Paesi con un maggior gettito relativo (21,1%) insieme al Messico (21,8%), e quello di Paesi come l’Estonia, l’Italia e la Slovenia, in cui la quota di gettito generata dalla corporate tax è quattro volte relativamente inferiore, vale a dire sotto il 5%.
Attenzione alle imposte ambientali
Il report dedica un focus al gettito generato dalle imposte “verdi”: nel 2017 le cosiddette ERTR (Environmentally related tax revenues) si sono mediamente attestate sul 6,9% del gettito fiscale incassato in area Ocse. I Paesi in cui le green tax incidono proporzionalmente di più sono Slovenia e Turchia (12,5%), mentre gli Stati Uniti sono il Paese con la più bassa contribuzione delle tasse ambientali in relazione al totale delle imposte incassate, appena il 2,8%.
Area Ocse, pressione fiscale stabile
secondo le Tax Revenue Statistics
Pubblicato a inizio dicembre il report annuale che misura il rapporto tra entrate tributarie e Pil nei Paesi aderenti all’Organizzazione di Parigi
