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Dal mondo

Australia: online i dati di 1.500
tra multinazionali e gruppi esteri

Pubblicato dall'Amministrazione fiscale uno studio che lascia uno spazio piuttosto ristretto alle interpretazioni

ATO_direzione generale
Stretta antievasione, controlli mirati, varo di norme sulla trasparenza e potenziamento dei poteri sull’uso di dati e profili fiscali da parte dall’Amministrazione finanziaria. Risultato, dal 2011 ad oggi ogni anno, in media, più di 2 mld di ricavi contabilizzati dai grandi gruppi multinazionali sono stati controllati, verificati e, lo scorso mese, resi pubblici. La visione delle tabelle e dei grafici elaborati dall’Agenzia delle Entrate australiana lascia uno spazio ristretto alle interpretazioni. Crisi economica o no, il quadro d’insieme lasciato alla visione pubblica, e al libero giudizio, di milioni di contribuenti australiani è piuttosto univoco: l’economia australiana è una meravigliosa terra da profitto per le 1.500 entità estere oggetto dello studio condotto dal fisco, mentre sul versante dell’erario risulta essere un affare pessimo visto che le entrate fiscali destinate ad essere redistribuite tra milioni di cittadini, soprattutto in termini di servizi, paiono magre.
 
“Pagare zero-tasse non significa evadere il fisco”, parola del fisco australiano – Il numero che più di altri ha scosso l’opinione pubblica dei contribuenti australiani riguarda le 579 multinazionali che, pur operando in Australia ed esibendo ricavi floridi, al termine della giostra contabile hanno chiuso il 2013/14 con una spesa destinata al fisco pari a zero. In pratica, il 38% delle entità scrutinate dall’Agenzia delle Entrate è risultato scarsamente propenso al versamento dell’imposta sui profitti. E questo a fronte di miliardi di ricavi iscritti a bilancio. Tutta evasione, o elusione? I responsabili del Rapporto frenano. In realtà, possono essere diversi i motivi e le ragioni che possono consentire l’azzeramento dell’imposta sui profitti. E ne sono elencati alcuni, i più attinenti: innanzitutto, il 22% delle multinazionali parte del campione, quindi 346, hanno presentato perdite sostanziose, tanto da presentare bilanci in rosso. A seguire, ben 120 multinazionali non ha fatto altro che utilizzare le perdite accumulate nell’anno passato in modo da compensare eventuali imponibili. Per ultimo, 113 entità straniere han fatto ricorso all’utilizzo di svariati crediti d’imposta, agevolazioni e bonus ad hoc per azzerare il conto dovuto al fisco. D’altra parte, l’Australia ha storicamente offerto un regime fiscale di favore proprio diretto ad attirare i grandi gruppi con il duplice obiettivo di far cassa e allo stesso tempo creare maggiori opportunità di lavoro. E anche questo è noto. Qualcosa però sembra essere cambiato. In pratica, anche come evidenziato dagli ultimi sondaggi, gli australiani sembrano oramai orientati a non concedere più sconti, in particolare alle grandi multinazionali. Un moto d’orgoglio? Chissà. Comunque, il cambiamento è ben visibile ed ha nelle Entrate una sorta di guida dato che lo stesso numero 1 dell’Amministrazione, Chris Jordan, si è espresso in questi termini di recente sull’elusione internazionale in cui eccellono i grandi gruppi “Continueremo a sfidare chi mette in pratica le tattiche elusive più aggressive in modo da rendere palese che siamo risoluti a far sì che anche le grandi multinazionali paghino quanto loro richiesto, come ogni cittadino”.
 
Fortuna che qualche impresa paga – Ad ogni modo, sono 960 le grandi aziende estere con ricavi australiani che oltrepassano l’asticella dei 100 mln di dollari l’anno ad aver versato, come dovuto, l’imposta sui profitti. In pratica, il 62%. Anche se, è corretto ricordare che, pur pagando, molte delle imprese e dei gruppi monitorati hanno spesso lasciato all’erario somme piuttosto modeste, soprattutto se misurate in proporzione ai ricavi e all’imponibile indicato dall’Agenzia delle Entrate.
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