Oltre 5 miliardi di dollari all’anno, questa la cifra sottratta all’economia australiana dalle cosiddette attività “phoenix”. Si tratta di pratiche illecite attraverso cui le aziende vengono chiuse deliberatamente per non pagare i propri debiti (tasse, contributi e stipendi dei dipendenti, somme dovute ai fornitori o ad altri creditori) e risorgono, come una fenice, sotto forma di nuova società. Per contrastare questo fenomeno è attiva dal novembre del 2014 la Phoenix task force, un team di lavoro costituito da rappresentanti di 30 istituzioni, tra cui l’Ato (Australian Taxation Office).
Numeri e tendenze di un fenomeno
Più di tremila controlli per oltre 1 miliardo di imposte dovute e circa 450 milioni di dollari recuperati. Questi i numeri dell’attività che la task force porta avanti da quasi quattro anni. Secondo i dati più recenti, dal primo luglio 2017 al 31 marzo 2018 il lavoro del team ha portato a 7 condanne penali e 263 accertamenti, ottenendo 240 milioni di dollari di debiti tributari e 115 milioni di liquidità già recuperati e rientrati nelle casse dell’Erario.
Grazie all’utilizzo di programmi avanzati di gestione e incrocio dei dati, i soggetti che entrano nel mirino della task force vengono classificati in tre categorie: alto, medio e basso rischio. Nella prima categoria rientrano quelle imprese sottoposte ad accertamento e, in caso di attività illecite, anche a procedimento penale. I soggetti che presentano un medio rischio vengono incoraggiati a ravvedersi e a trovare una mediazione con le Amministrazioni. I soggetti a basso rischio, invece, rientrano in un programma di assistenza attraverso il quale le Amministrazioni, tra cui l’Ato, forniscono consigli e soluzioni a eventuali criticità.
I settori maggiormente coinvolti dalle attività “phoenix” sono quelli delle costruzioni e, in alcune regioni, anche dell’agricoltura, dell’estrazione mineraria e dei trasporti. Aumenta sempre di più, inoltre, il numero degli intermediari (commerciasti, consulenti, etc.) che promuovono queste pratiche illegali, consigliandole alle imprese clienti.
Il Report della PricewaterhouseCoopers
Recentemente tre delle Amministrazioni che patrocinano la task force (Australian Taxation Office, Australian Securities e Investments Commission e Fair Work Ombudsman) hanno commissionato alla PricewaterhouseCoopers uno studio su queste pratiche illegali: “The Economic Impacts of Potential Illegal Phoenix Activity”. Il report della società di consulenza evidenzia come sono più di un milione le imprese che hanno interrotto la propria attività dal 2012 al 2016 e più di 36mila risultano insolventi e sottoposte ad amministrazione controllata. Molti di questi casi sicuramente rientrano nelle cosiddette attività “phoenix”.
Lo studio, inoltre, mette nero su bianco l’impatto che questo tipo di attività fraudolenta ha sull’economia del Paese. Il costo per le imprese derivante dai crediti non pagati si attesta tra 1.162 milioni e 3.171 milioni di dollari; per i dipendenti il danno causato da stipendi e contributi non corrisposti si attesta tra i 31 e 298 milioni di dollari; le perdite per lo Stato rappresentate dalle imposte non versate e dai costi di compliance è di 1. 660 milioni di dollari.
Le iniziative del Governo
Recentemente, il ministro delle Entrate e delle Finanze, Kelly O'Dwyer, ha dichiarato ufficialmente come questa attività fraudolenta si traduca in una forma di concorrenza sleale che “colpisce tutti i cittadini australiani che lavorano duramente e le imprese oneste”.
Per questo motivo il suo ministero ha messo a punto due nuovi servizi a disposizione dei contribuenti: una linea telefonica e un sito appositamente dedicati a cui chiunque può rivolgersi per segnalare, nel caso avesse dei sospetti, queste pratiche illegali.
Australia: la Phoenix task force
in prima linea contro le frodi
Più di tremila controlli e 450 milioni di dollari recuperati. Questi i numeri dell’attività del gruppo di lavoro
